EDWARD BURTYNSKY Anthropocene - Fondazione MAST Tetrapods #1, Dongying, China 2016 photo(s) © Edward Burtynsky, courtesy Admira Photography, Milan / Nicholas Metivier Gallery, Toronto *

FOTO/INDUSTRIA- TECNOSFERA

La quarta edizione di Foto Industria – l’unica biennale internazionale dedicata alla fotografia dell’industria e del lavoro – quest’anno ha come tema la Tecnosfera – l’uomo e il costruire. La kermesse, dislocata in 10 luoghi del centro storico di Bologna ad eccezione dell’undicesimo che ha sede al MAST di via Speranza (ed ospita Anthropocene  sino al 5 gennaio),  è guidata dalla direzione artistica del critico e curatore Francesco Zanot. Ma andiamo con ordine: Tecnosfera è un concetto coniato nel 2013 da Peter Haff, professore di geologia ed ingegnere civile presso la Duke University della Carolina, ed indica lo strato artificiale presente intorno alla Terra (con un peso di 30miliardi di miliardi di tonnellate, geologicamente più giovane rispetto alle altre sfere), in rapidissima evoluzione nell’era dell’Anthropocene, costituito da ciò che l’uomo ha prodotto durante la sua permanenza sul pianeta: palazzi, centrali elettriche, strade, fabbriche, oggetti vari (dall’abbigliamento alla matita)… Il percorso itinerante attraverso le varie mostre (composto complessivamente da 450 fotografie, 16 proiezioni video ed un film), accompagna il visitatore tra scatti autoriali che ritraggono l’uomo al lavoro, o le trasformazioni di varia natura che questo, attraverso la sua attività ha apportato sulla terra. Verrebbe da dire, citando un capitolo di Post-human di Roberto Marchesini, una esplorazione che va ”Dal chopper al chip”, o quasi insomma: si passa dalle immagini inedite del’ 44 dell’ungherese André Kertész a casa Saraceni che ritraggono gli stabilimenti dell’American Viscose Corporation ed i pneumatici Firestone in Ohio, ai lavori del ’64 di Lisetta Carmi sul porto di Genova e sulle acciaierie dell’Italsider (in Santa Maria della Vita), sino alle Prospettive industriali, mostra che raggruppa le fotografie commissionate a Luigi Ghirri da Ferrari, Costa Crociere, Bulgari, Marazzi (Palazzo Bentivoglio). Ci sono poi le immagini dell’angolese Délio Jasse con focus sulla capitale africana Luanda dall’altissimo tasso demografico dove a costruire sono imprese cinesi ed internazionali che impediscono l’affermarsi di una cultura locale (Fondazione Del Monte Bologna e Ravenna), il progetto di Armin Linke che mette in luce lo sfruttamento che investe persino  i fondali marini (Biblioteca Universitaria),  gli scatti di Albert Renger Patzsch, (noto esponente della Nuova Oggettività tedesca ) in Pinacoteca Nazionale,  sul bacino della Rhur, uno dei paesaggi più industrializzati della Germania di allora, sede di acciaierie e miniere di carbone. Il museo Internazionale e Biblioteca della Musica ospita i lavori del giapponese Yosuke Bandai: si tratta di foto che immortalano strane sculture ricavate assemblando rifiuti; il Mambo invece nella Project Room proietta due video speculari: uno  del 1906 tratto dal film A trip down Market Street  in cui i Miles Brothers filmano una strada di San Francisco con una cinepresa posizionata sulla parte anteriore di un cable car proprio prima del terremoto, ed il recente video della filippina Stephanie Syjuco che riprende e ripercorre con Google Earth la medesima strada dalla stessa prospettiva ricostruendola con l’algoritmo di Google che cancella qualsiasi traccia umana, facendola apparire scenario di una catastrofe appena avvenuta (di qui il titolo Spectral City). L’artista belga David Claerbout filma l’Olympiastation, lo stadio di Berlino, che secondo il progetto di costruzione originario avrebbe dovuto resistere mille anni (per l’intero ciclo del Terzo Reich) e con un sofisticato programma ne svela il progressivo degrado sino alla sua sparizione (Palazzo Zambeccari); infine Palazzo Pepoli Campogrande ospita il progetto di  Matthieu Gafsou incentrato sul Transumanesimo «un movimento che si dà come obiettivo quello di migliorare le performance cognitive, psichiche e fisiche dell’uomo attraverso l’utilizzo della scienza e della tecnologia» qui troviamo foto che documentano questa corrente: pacemaker ,microchip,  metodi antiage e cibi sintetici. In tutti questi fotogrammi non c’è moralismo o giudizio; si tratta piuttosto di registrazioni che si pongono come testimonianza di quanto l’umano ha influito sul pianeta e di quanto ne sia stato strumento. Alcuni interrogativi certo, nascono spontanei. Soprattutto dinanzi alle immagini di Anthropocene (Burtynsky, Baichwal, De Pencier) che di primo acchito nella loro maestosità ed esplosione di colori non sembrano nemmeno registrare catastrofi ma astrazioni con il loro perverso appeal, eppure se lo sguardo vi si sofferma meno superficialmente si svelano nella loro atroce verità perché mostrano segni inequivocabili di disastri irreversibili. A questo proposito non possono non venire in mente le parole del filosofo Edgar Morin quando ci ricorda che l’uomo è sapiens, faber, ludens, mitologicus, economicus e demens e si auspica l’avvento di un nuovo umanesimo planetario in cui il pianeta terra sia visto come destino comune dell’umanità. E spera in una eco-sofia, ovvero in una nuova trasformazione globale che ci faccia uscire dall’egocentrismo e dal nostro microcosmo consapevoli di portare dentro di noi la storia dell’universo, e che pur rispettando le contraddizioni inevitabilmente insite nell’uomo, ci faccia muovere nell’ottica di un pensiero ecologico più ampio. D’altronde queste mostre sono anche concepite per risvegliare la consapevolezza, ed Isabella Seragnoli ci ricorda che “acquisire consapevolezza vuole dire mettere un piede nel futuro”.

IV BIENNALE DI FOTOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEL LAVORO

TECNOSFERA

Dal 24/10 al 24/11

Sedi varie

Fondazione MAST
via Speranza, 42 40133 Bologna

Martedì – domenica, 10-19*
*La sede espositiva MAMbo chiude alle 18.30

Ingresso gratuito Sito: https://www.fotoindustria.it/