Flavio Favelli “Progetto per fontana e altre figure”

Sta per concludersi la mostra di Flavio Favelli “Progetto per fontana e altre figure” presso la Galleria Francesca Minini, che ospita l’esposizione milanese dal 27 gennaio. Ubicata in una via privata della suggestiva “vecchia” Lambrate, la galleria dà spazio all’artista fiorentino e ci racconta il progetto che Favelli ha ideato per la sua casa nella campagna bolognese.

Flavio Favelli, laureato in Studi Orientali e, solo dopo entrato a contatto con il mondo delle arti visive, decide di mettersi in proprio e, tramite precise indicazioni, suggerisce all’architetto che si occupa del progetto della sua nuova casa in campagna di realizzare una grande fontana nel giardino. Da qui nasce l’opera posizionata al centro dello spazio espositivo: un’imponente “fontana” – progettata nel 2023 – fatta di una serie di casse d’acqua rosse e azzurre poste una sopra l’altra, una sorta di modello 1:1 della fontana tanto desiderata dall’artista toscano. Elemento tipico del giardino all’italiana, la fontana assume una doppia valenza simbolica: se da un lato esplica la volontà di Favelli di dare forma ad uno spazio privato modellato a proprio piacimento, le casse che la compongono rimandano all’acqua minerale quale simbolo di un’Italia post Seconda Guerra Mondiale in cui in percentuale si consuma più acqua che nella maggior parte degli altri paesi civilizzati. Casse Sant’Antonio, Igea, tutte degli anni ’60 e ’70 che Favelli recupera e che rimandano all’Italia del boom economico.

Dal centro alle pareti, la mostra propone una riflessione personale e aperta a diverse interpretazioni. Il cartello che indica la strada per Monterchi – luogo legato alla dimensione personale dell’artista e sede del museo che ospita la Madonna del Parto di Piero Della Francesca – è unito ad una vecchia insegna di gelati con i relativi prezzi (espressi in lire, a dimostrazione della ricerca di Favelli che parte da un’analisi approfondita degli anni del dopoguerra). E’ come se la mostra si proponesse come idea per un “Viaggio in Italia”, un grand tour che ha come tappe fondamentali luoghi e oggetti cari all’artista. La storia della sua famiglia si lega a quella italiana, francobolli di un’Italia totalitaria contrapposti a parti retrostanti di vecchi specchi sui quali Favelli permette a complesse reazioni chimiche del mastice e di altre colle di agire per modificarne la composizione.

Gli specchi sono stati staccati da Favelli dai mobili ai quali erano attaccati in origine, posizionati in modo da mostrarci solo il retro. Sembra che voglia comunicare che c’è un’altra storia oltre la superficie riflettente e sta all’osservatore immaginarla secondo quello che è il suo vissuto. Specchi appartenuti a chissà chi, chissà quando. Mettendoli al contrario, Favelli invita anche a “pensare al contrario”. Se l’artista è colui che fa il contrario e che non presenta la realtà in modo coerente, viene da chiedersi cosa si intenda per fare e pensare “al contrario”. Favelli risponde affermando che il ruolo dell’artista nell’arte pubblica è “Essere colui che ha il permesso di fare il contrario e lo fa”.

La mostra prosegue con “Serie Diplomatica”, collage composto da vassoietti dorati in plastica per pasticcini. Elementi cui Favelli conferisce una dignità rinnovata tramite il recupero e la composizione di opere incorniciate, che rimandano al momento conviviale della fine del pasto. Accanto, si trova invece una “scomposizione” della fine del pasto: carte dei cioccolatini e di sigarette danno vita ad una composizione quasi informale che, anche in questo caso, avvicina il pubblico alla dimensione familiare e intima che l’artista ha voluto esprimere attraverso questi collage. Favelli mantiene anche un legame forte con la sua terra, la sua Toscana – vedasi la sopracitata targa per Monterchi – che omaggia con elementi appartenenti ad un’epoca passata.

Si arriva quindi ad una stanza che ospita un ambiente caratterizzato dalla presenza di ponteggi tinteggiati di bianco e nero dall’artista, una pedana nera con la superficie dipinta di grigio e una serie di lampadari appoggiati ai ponteggi anziché al soffitto. Il gioco di interni-esterni è evidente e lo si nota grazie all’introduzione di elementi solitamente posizionati in spazi esterni – i ponteggi – all’interno di uno spazio ristretto, quasi claustrofobico, che però respira grazie ai lampadari che danno invece la sensazione di casa. Anche nel caso di questi oggetti, è Favelli che li recupera e li riassembla, inserendo elementi al neon che conferiscono colore ad un ambiente pressoché neutro. E anche qui si percepisce il rimando al pranzo, a una situazione conviviale che però è stata completamente destrutturata e ricostruita secondo quella che è la visione autobiografica di un artista fortemente evocativo. La pedana, che Favelli utilizza spesso per definire lo spazio dove si collocano le sue installazioni, è anch’essa frutta di un riuso e separa i visitatori dall’ultima opera presente in sala che è un altro specchio della serie “Estate” del 2021 di cui in precedenza. Il riciclo guida le ricomposizioni di Favelli che, nelle mostre in cui partecipa, riesce però a adattare la pittura e altre tecniche – vedasi il colore quasi argento con cui ritinteggia la pedana nera – agli ambienti e alle situazioni in cui va ad operare.

La mostra della galleria Francesca Minini si apre e si chiude con una coppia di tele in cui sono raffigurati due francobolli. La prima, posta all’inizio del percorso espositivo, riporta un francobollo con sopra stampati i profili di Mussolini e Hitler. I due dittatori si guardano, uno di fronte all’altro e, mentre in quegli anni si stava per andare incontro ad uno dei conflitti più sanguinosi della storia, il francobollo riporta la scritta “Visitate l’Italia”. La frase suona amaramente ironica e, allo stesso tempo, racconta un periodo storico da analizzare con cautela. L’opera è realizzata tramite un transfer e un gel: raccoglie il francobollo, lo scansiona in formato grande, lo ribalta e poi applica l’immagine che va a occupare la tela. L’altra tela a fine percorso riporta una scansione di un pezzo della collezione del nonno di Favelli.

Con la stessa tecnica di stampa su gel, l’artista utilizza il francobollo raffigurante Vittorio Emanuele II con un’aquila germanica stampata sopra il volto: in questo caso, l’immagine è propedeutica all’analisi storica di un periodo che l’artista racconta attraverso oggetti obsoleti, fuori commercio, piccoli ma tutt’altro che insignificanti. Di fronte a quest’ultima opera è stato posizionato un assemblaggio di pezzi di ceramiche – sopra un vassoio – che si ricollega al discorso della dimensione intima e familiare introdotto dai lampadari e dai vassoietti di pasticcini.

Flavio Favelli, nato a Firenze nel 1967, si è laureato nel 1993 all’Università di Bologna in Studi Orientali. Successivamente ha intrapreso la carriera da artista visuale, fino ad arrivare ad esporre alla Biennale di Venezia nel 2011 e nel 2013. Oggi vive e lavora a Bologna.

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