Dieci giovani pittori si cimentano con il tema dell’autoritratto. Sono i finalisti della prima edizione del Premio di pittura Fausto Pirandello, indetto dalla fondazione che porta il nome dell’artista romano. L’iniziativa del concorso si incardina in seno alla sorprendente mostra “Fausto Pirandello: gli autoritratti (1921-1972)”, curata da Manuel Carrera, prima retrospettiva interamente dedicata ai dipinti, alle incisioni e ai disegni nei quali il pittore ha scelto di ritrarre se stesso, allestita dal 25 luglio al 14 novembre 2021 presso il Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado, in provincia di Roma, mentre l’esposizione dei finalisti del concorso, che porta nella pinacoteca anticolana gli sguardi di artisti che mai prima d’ora avevano varcato la soglia di un’istituzione museale con le loro opere, viene ospitata a partire dal 16 ottobre. Sin dalla sua nascita nel 2011, la Fondazione Fausto Pirandello porta avanti due precise linee di azione: coltivare la memoria di uno dei rappresentati più significativi della pittura italiana del secolo breve, promuovendo lo studio e la conoscenza della sua arte, e sostenere i giovani artisti. Per questo l’iniziativa del premio e la mostra certamente sarebbero piaciute a Pierluigi Pirandello, figlio del pittore e nipote del premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello, il creatore della fondazione dedicata a suo padre, venuto a mancare nel 2018. Ora è Giovanna Carlino Pirandello, la moglie di Pierluigi, a farsi carico dell’eredità morale del pittore e a portare avanti il disegno progettuale dell’ente che porta il suo nome.
Vince la prima edizione Premio di pittura Fausto Pirandello l’artista Pasquale Gadaleta, nato nel 1988, originario di Ruvo di Puglia ma formatosi all’Accademia di Brera a Milano. L’opera premiata è un autoritratto del 2017, un dipinto di piccole dimensioni, olio e carboncino su carta abrasiva. Non costituisce un’eccezione nella produzione dell’artista pugliese, dal profilo visionario, multiforme e versatile, capace di spaziare dalla scultura alla pittura all’incisione con grande facilità, mettendo insieme memorie archeologiche e sperimentazioni materiche. Gadaleta usa spesso, infatti, la formula dell’autoritratto nella sua pittura, una pratica quasi quotidiana che alterna prove di forte realismo a visioni deformanti, con diversi gradi progressivi di messa a fuoco e definizione dell’immagine. Complice il blu del fondo, il dipinto vincitore porta con sé un sapore vagamente picassiano. In esso, la tavolozza gioca con pochi colori, come nell’esperienza di un sogno; l’incarnato si è fatto bianco e sono ombre blu e rosa a definire i volumi. La pennellata è evidente, veloce, corposa, data con tocchi precisi, rapidi e nervosi. Dalla figura sembra sprigionare una luminescenza interiore, nel notturno della pittura che si fa specchio e termometro del cuore. Tipica dell’artista è la scelta di un cappello, a volte estroso, con cui sceglie di rappresentarsi. Accanto a lui in mostra troviamo Michele Bellini (1990) con la sua scala di bruni che velano l’immagine di una nebulosità atmosferica, Francesco Campese (1986) che inserisce il suo ritratto come un piccolo cammeo all’interno di uno dei suoi paesaggi smisurati, Francesco Caristia (1994) che si ritrae a figura intera sdraiato sul letto con uno scorcio mantegnesco, Valerio Cavallaro (1988) che addensa un intrigante profilo controluce con rapida sintesi, Francesco Cherveddu (1999) che si pensa personaggio romantico tra il sacco da boxe e il cavalletto (aleggia nel suo lavoro un’eco pirandelliana, secondo Giovanna Carlino Pirandello, che accosta questo dipinto a un ritratto di Fausto in cui il giovane figlio Pierluigi aveva posato come modello). Antonio Crobu (1989) sceglie per sé un rosso di brace viva per una rappresentazione antinaturalistica di grande efficacia, Yilixiati Dilixiati (1992) si incastona in uno specchio crepato con il corpo sgocciolante, Guzi Huang (1996) si mostra nella sua nudità disarmante e primitiva e Dario Nanì (1993) tradisce ogni aspettativa con un mesmerico e sensualissimo nudo acefalo osservato, tra crudeltà e incanto giocoso, attraverso una lente di smeraldo simile a quella con cui Nerone assisteva agli spettacoli dei gladiatori o agli occhiali che Dorothy doveva inforcare per entrare nella città del Mago di Oz, nel racconto di Baum.
La vitalità dell’autoritratto contemporaneo rende omaggio alla grande lezione di Fausto Pirandello, artista la cui reale caratura all’interno delle vicende artistiche del Novecento è ancora tutta da rivalutare. La mostra-evento a lui dedicata raccoglie opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private. Con rigore scientifico, Manuel Carrera nel catalogo che accompagna l’esposizione mette ordine a una cronologia prima d’ora non priva di lacune e ambiguità, con un importante lavoro di scavo e un regesto puntuale di tutti gli autoritratti finora noti di Pirandello.
Si contano più di cento autoritratti realizzati dall’artista nel corso della sua carriera: un tema affrontato in maniera puntuale e ossessiva, dalla prima incisione del 1921, all’ultimo autoritratto noto, datato 1972 ovvero tre anni prima della sua morte, si affastella una grande mole di oli, carte, disegni, acquerelli e pastelli. Un vero e proprio diario intimo in cui, pagina dopo pagina, non solo si indaga la corporeità esposta al passaggio del tempo con tutto il suo carico di intensa espressività, dalla bellezza della gioventù alla crescente tristezza via via stratificatasi nel corso degli anni, ma si misura anche un travaglio interiore, l’altalena degli umori, la temperatura emotiva di una vita misurata nel suo farsi quotidiano e spiccio, senza enfasi o costruzioni retoriche. “Tra i temi affrontati da Fausto Pirandello – spiega Carrera – niente più dell’autoritratto ci permette di seguire da un lato gli sviluppi della sua ricerca, dall’altro lato la sua storia personale, raccontata totalmente a cuore aperto”. Il nucleo più cospicuo delle opere esposte risale agli anni più bui della seconda guerra mondiale, quando il pittore si era rifugiato ad Anticoli Corrado, il borgo caro dei giorni dell’infanzia diventato improvvisamente gabbia asfissiante. Nel percorso della mostra, il visitatore si trova a gettare uno sguardo oltre la soglia del tormento dell’artista e viene posto davanti alla maledizione di quella solitudine da lui cristallizzata in una poesia del 1942. Una grande lezione sul senso profondo della pittura, di quella pittura che fa a pugni giorno dopo giorno con la vita e con le sue asperità, leggendo in controluce il moto ondoso delle varie tendenze dell’arte del novecento con cui la ricerca di Pirandello si va via via confrontando, dal simbolismo di Sigmund Lipinsky ai valori tonali del periodo della Scuola romana, dalla scomposizione cubista del dopoguerra al ritorno negli anni della maturità alla descrizione di una realtà oggettiva ed esasperata.
Fausto Pirandello: gli autoritratti (1921-1972) e Prima edizione premio Fausto Pirandello – L’autoritratto
Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado
Dal 25 luglio al 14 novembre 2021
A cura di Manuel Carrera
Piazza Santa Vittoria, 2 – 00022 Anticoli Corrado (RM)