
Shilpa Gupta
GALLERIA CONTINUA accogliere nuovamente Shilpa Gupta nel suo spazio di San Gimignano. Considerata tra le artiste internazionali più significative della sua generazione, Gupta presenta una mostra che raccoglie una selezione varia e coinvolgente di opere, ciascuna radicata nella continua riflessione critica su temi quali la mobilità, il controllo e gli atti di resilienza. Tra queste, un’installazione inedita realizzata appositamente per la platea dell’ex cinema-teatro.
La mostra si apre con una grande opera ricamata che medita sui limiti imposti dai confini sanciti dallo stato. Questa riflessione si sviluppa in opere più piccole che costellano le pareti delle gallerie laterali dell’ex cinema-teatro. Utilizzando un filo delicato e sottile, Gupta reinterpreta i simboli dell’identità nazionale con forme stratificate ispirate alle bandiere, interrogandosi con discrezione sul ruolo dello stato nell’imporre ordine e uniformità in società modellate dalla fluidità culturale e dalla mutevolezza dell’appartenenza.


MAXXI L’Aquila, Fotografo: Claudio Cerasoli.
Questa indagine sui confini e le soglie liminali prosegue in Untitled (2020), dove una pietra di fiume raccolta in una zona di frontiera e una lampadina interagiscono in una danza delicata, quasi come in una conversazione. Quando una si solleva, l’altra si abbassa; nel momento in cui si avvicinano, la luce si accende brevemente illuminando la superficie grigia e brillante del sasso. Sebbene si sfiorino, non si toccano mai veramente; il loro scambio rimane fragile e precario, sottolineato dal rischio costante che la pietra possa colpire e rompere la lampadina.


dimensioni variabili, Courtesy: l’artista e GALLERIA CONTINUA, Fotografo: Sebastain Bach.
Le linee, tracciate o imposte, sono l’asse concettuale di Untitled (2023), parte di una serie in cui Gupta esplora come l’autorità tenti di definire confini, regolare la mobilità e reprimere. L’installazione cinetica impiega microfoni cablati e capovolti, riflettendo sulla censura e sulle verità silenziate, e ci invita a considerare come le strutture politiche possano evolversi in sistemi di controllo e repressione.
Una voce solitaria recita i nomi di 100 poeti di diverse epoche e provenienze, accompagnati dagli anni in cui furono detenuti o imprigionati dai rispettivi stati. “I poeti, come gli scrittori e gli artisti, sono sognatori che parlano degli incubi del mondo. Quest’opera parla della persistenza di convinzioni e sogni – ciò che ci rende ciò che siamo come individui”, afferma Gupta.
Un flusso frammentato e poetico di frasi evocative in costante trasformazione, questa è l’essenza di Sound on My Skin (2010–2025). L’opera impiega un classico display meccanico a palette, un tempo familiare negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie, per annunciare arrivi e partenze. Qui i pannelli generano invece una sequenza continua di parole, creando un testo poetico stratificato, in uno stato perpetuo di metamorfosi.


Interna3onal Airport, Montreal, 2007. Tavolo, oggetto, 161 x 65 x 114 cm, 63,5 x 25,5 x 45 in,
Courtesy: l’artista e GALLERIA CONTINUA, Fotografo: Jeanchristophe LeM.
Per Shilpa Gupta l’arte è rifugio e confronto, uno spazio in cui il sensoriale lascia spazio al concettuale e in cui gesti poetici indagano le impalcature delle nostre realtà. I violenti sconvolgimenti dell’inizio del XXI secolo hanno inaugurato un’epoca di regimi di sicurezza estesi. Gli aeroporti, un tempo luoghi di possibilità, sono divenuti luoghi di sospetto; rituali di sorveglianza che persistono nel presente. In There is No Explosive in This (2007), Gupta raggruppa una serie di oggetti di uso quotidiano ritenuti potenzialmente pericolosi e quindi confiscati, ciascuno avvolto con cura in un tessuto e disposto secondo una sintassi visiva uniforme. L’opera invita a riflettere sull’impatto psicologico e sociale di tali misure e su come esse abbiano alimentato un clima diffuso di ansia collettiva.
“A volte per caso, a volte deliberatamente, guardando la stessa struttura da una prospettiva diversa, è emersa una nuova narrazione”, racconta l’artista. “Potrebbe essere leggermente diversa o addirittura del tutto contraddittoria, costringendomi a riconsiderare e rielaborare ciò che pensavo di sapere e come lo sapevo. Questo processo può essere frustrante, gratificante e a volte persino destabilizzante. Forse è per questo che mi attraggono le relazioni che sembrano quasi distanti – dove i punti focali si spostano, e ci si muove insieme al pubblico, ruotando e girando all’unisono.”
Truth (2022–2025), l’installazione percorribile che Gupta ha concepito per la platea, invita il pubblico a ripensare la propria percezione dello spazio e del tempo, a sperimentare prospettive in movimento e a riconsiderare il rapporto tra potere e narrazione.