Luogo

Galleria Poggiali
Foro Bonaparte 52, Milano

Data

Mag 19 2020 - Ott 04 2020
Evento passato

Ora

10:00 - 19:00

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Mostra

Fabio Viale: Acqua alta-High tide

Da martedì 19 maggio 2020 torna visitabile la mostra Acqua alta – High tide di
Fabio Viale, allestita nelle sedi fiorentine della Galleria Poggiali: in via della Scala 35
A/r e in via Benedetta 3r. La mostra, aperta con ingresso libero nei consueti orari
(tutti i giorni 10-13 | 15-19, domenica su appuntamento) proseguirà fino a domenica
4 ottobre.
Dalla Biennale di Venezia alla Galleria Poggiali di Firenze, dai Giardini della
Laguna, a via della Scala. L’artista piemontese Fabio Viale (Cuneo, 1975) torna a
Firenze con una personale alla Galleria Poggiali, dopo una serie di presenze di
successo alla scorsa Biennale di Venezia e alla Gipsoteca di Monaco. Da lunedì 18
maggio 2020 torna visitabile la mostra Acqua alta – High tide, che proseguirà fino al
4 ottobre 2020 con ingresso libero.
Nella nuova mostra fiorentina Viale propone due diverse installazioni: una per la
sede di via della Scala 35/Ar, che arriva direttamente da Venezia, e l’altra, davvero
monumentale, allestita nello spazio in via Benedetta 3r, dove sono state collocate
tonnellate di marmo a formare una ripida “cascata” di pietrisco. Per l’occasione sarà
pubblicato un catalogo con un saggio di Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo
Novecento di Firenze.

LE “BRICOLE” DELLA BIENNALE DI VENEZIA
Gli spazi di via della Scala sono occupati dal gruppo di sculture che l’artista ha
realizzato appositamente per il Padiglione Venezia (ai Giardini) della
58a Esposizione internazionale d’arte – La Biennale di Venezia, conclusasi lo scorso
novembre e che ha visto la presenza di un gran numero di visitatori.
Si tratta di una dozzina di monoliti in pietra che replicano a misura reale quei pali in
legno di rovere o di castagno alti tre metri e oltre che affiorano nella laguna di
Venezia. Questi oggetti sono denominati “bricole”, e servono da segnali per la
navigazione. Quelle realizzate da Viale imitano il legno in maniera così stupefacente
da far credere che queste sculture siano in realtà dei calchi.

L’allestimento odierno ricorda quello veneziano, cui si è aggiunto un dato di cronaca
che ha trasformato disgraziatamente il virtuale in reale. Nel Padiglione ai Giardini, infatti, il
paesaggio originale, cioè quello dei canali e della laguna veneziana caratterizzati dalle
bricole, veniva evocato con una installazione multisensoriale che immergeva i visitatori in
un ambiente realistico grazie a un pavimento immerso in un tappeto di acqua bassa e a
una nebbia realizzata con teli di plastica leggermente opachi, che separavano i visitatori
dai pali in pietra.
Il dramma dell’acqua alta, da cui il titolo della mostra odierna, ha cambiato tutto, a
riprova che la realtà supera molte volte la nostra immaginazione. L’acqua alta che
ha invaso tutta Venezia è penetrata anche nel Padiglione dove si trovavano ancora
le sculture di Viale, ora trasportate a Firenze sane e salve. Un motivo in più per
spingere Viale a mantenere l’idea originale in questa esposizione di via della Scala.
Ovvero per sottolineare in fondo l’emergenza che stiamo attraversando, quella
dell’innalzamento del livello del mare, dei cambiamenti climatici e del progresso
incontrollato che ha stravolto equilibri naturali e il paesaggio in ogni parti del
mondo. La galleria è disseminata di “bricole” in un percorso dove i lunghi pali talvolta
solitari, talaltra “abbracciati” da strette catene, diventano dei moniti. L’allestimento, così
risolto, assume un aspetto drammatico e serve a collegare gli inquietanti eventi di questi
giorni, conseguenza dei cambiamenti climatici, a quanto vissuto a Firenze nell’autunno del
1966, quando l’Arno superò gli argini, e con tutta la sua furia devastatrice il fiume invase il
centro cittadino, raggiungendo l’altezza di molti metri in certi quartieri, come quello di
Santa Croce. Ancora oggi, una lapide ricorda la linea dell’acqua in via della Scala e in
Piazza Santa Maria Novella, dove furono superati i due metri, deturpando alla base
affreschi preziosi e marmi pregiati.

ROOT’LA: DALLE CAVE DI COLONNATA ALLA GALLERIA DI VIA BENEDETTA
Il tono così drammatico dell’allestimento in via della Scala si accentua nello spazio di
via Benedetta, dove Viale ha rovesciato 18 tonnellate di pietrisco e sculture di marmo
compresse nella quasi totalità dei 15 metri della galleria occupandone tutta l’altezza,
trasposizione dell’azione Root’la realizzata alle Cave di Goia di Colonnata lo scorso
lunedì 3 febbraio.
La performance ha avuto inizio nella mattinata e si è sviluppata nella sezione della cava
di marmo indicata come “ravaneto”, dal quale vengono storicamente scaricate a valle le
pietre non più utilizzabili, scartate durante la lavorazione, che creano uno scivolo di forte
pendenza.
Ripetendo un gesto meccanico compiuto ormai da millenni, Viale ha fatto precipitare
alcune sculture di marmo precedentemente acquistate, determinando un’azione di
carattere concettuale. Le sculture hanno subito così fratture e lesioni che ne hanno
sbozzato la forma, mutilando delle parti. Durante la caduta a valle, l’artista ha
accompagnato la discesa, aiutandone il rotolamento fino al raggiungimento del
fondo valle. I manufatti, copie sfigurate e rese parzialmente informi, sono stati
quindi recuperati e ritoccati per essere protagonisti di un monumentale
allestimento.
La genesi del progetto nasce dalla passione che Viale nutre nei confronti delle cave, la
stessa dei grandi artefici del passato. Alla Storia appartiene l’intenzione di usare il
ravaneto come utensile di scultura: da Michelangelo ad Arturo Martini è un’idea comune
quella di capitombolare le sculture a valle con lo scopo di purgarle dai difetti, come se ogni
colpo, anziché distruggere, riesca a potenziarle. Ora, l’artista non si limita a immaginare,
ma agisce.

Dopo anni di assenza dalla frequentazione diretta delle cave estrattive, Viale ha
affrontato un percorso di risalita alla fonte e di modanatura del manufatto-opera: la
correzione di una scultura passa per la via tormentata e in discesa del ravaneto. Talmente
battuta dagli scossoni e dagli urti, l’alterazione accidentale della forma e della superficie
non riduce l’importanza del lavoro scultoreo, bensì ne aumenta la potenza vitale insita nel
materiale.
Ormai priva di ogni qualità figurativa che la legava al modello, la scultura si scopre ora
autentica, divenendo metafora dell’esperienza umana: il vissuto, con i suoi accidenti e i
suoi incidenti, segna al pari del ravaneto il manufatto in superficie, assolutizzandone
l’essenza.
Il titolo, infine, rimanda all’associazione fonetica e semantica tra la parola Root (radice
in inglese) e rotolare. La comunione dei termini e delle azioni è pertanto tra la radice
dell’azione di Viale, risalente nel tempo, e quella nella quale affondano le sculture
idealmente disseppellite.
I detriti di marmo sono stati prelevati dai cosiddetti ravaneti, che sono in realtà gli
strapiombi dove vengono gettati gli scarti della estrazione in cava: pietrame e schegge
inutilizzabili, materiale prodotto dalla frantumazione della pietra che, precipitando e
scivolando a valle, si sbriciola e crea delle vere e proprie cascate di marmo, che viste dalla
marina sembrano antichi ghiacciai sopravvissuti al riscaldamento delle temperature.
Tra la massa informe dei detriti, che sembra muoversi come un fiume e trascinare con
sé tutto, di tanto in tanto emergono dunque statue mozze, pezzi frantumati di vasi in
marmo, arti e teste di pietra lavorati dal tempo e dalla caduta. Le Tre Grazie sono state
ridotte a brandelli; un personaggio pittoresco, un moro con turbante, appare riportato allo
stadio grezzo di macigno; un aggraziato Apollo è senza braccia, gambe e testa; un
molosso è restituito alla natura come sasso di fiume.
Gettate in un ravaneto come scarto, quelle sculture di basso artigianato sono
recuperate da Viale e “riscattate” con la nuova presentazione in galleria. Viale adesso le
ostenta nel loro nuovo status di “opera a tutto tondo”, dove il carattere informe acquisito
cadendo nello strapiombo e rotolando nel pietrisco, viene infine rielaborato da Viale che ha
corretto i danni, le amputazioni, i difetti; in altre parole trasformando in “nobili” frammenti
contemporanei quelle commerciali informi forme di pietra
La stucchevole bellezza di questi oggetti recuperati sul mercato, ha subito una prima
trasformazione per caduta, e una successiva redenzione per correzione e rielaborazione.
In entrambi i casi il deus ex machina del primo e secondo evento è comunque l’artista che
ha “guidato” fin dall’inizio il risultato, integrando anche quanto di casuale ha generato nella
forma la caduta nella cava.
Nello spazio di via Benedetta, l’allestimento ricrea dunque una porzione del ravaneto,
una specie di onda lunga di pietrisco accoglie lo spettatore che percorrendo lo spazio
riconosce le diverse forme scultoree aggiustate da Viale, con il loro drammatico aspetto
informe, in certi casi, di sublime frammento in altri, e anche di abbozzo. La scena è
dunque quella di un processo di decadenza e ricostruzione, di caduta e redenzione.
Mentre la distesa di pietrisco ricorda un fiume che scorre trascinando via con sé pezzi
interi di civiltà. In generale il paesaggio può ricordarci, l’inevitabile tragedia del divenire che
tutto riduce in polvere. Nel rinascimento si soleva rappresentare l’esperienza della
caducità e della fine, anche quella di imperi e gloriose dinastie, con immagini e simboli
significativi, quali colonne spezzate, edifici diruti, sculture rese informi dal lento e
inesorabile lavorio del tempo. Il fascino di questi moniti figurativi, dai significati morali
riposti, derivava dal contrasto tra la bellezza dei manufatti, la perfezione delle arti e il loro
opposto aspetto in disfacimento. Come se un bel volto luminoso di grazia rivelasse al
contempo lo spettrale e disgustoso aspetto di un cranio in decomposizione.

L’ARTISTA
Fabio Viale collabora con la Galleria Poggiali sin dal 2014; nell’estate 2017 ha
presentato le proprie opere nella personale del Fortino di Forte dei Marmi (Door Release),
all’inizio del 2018 ha inaugurato la sede milanese della galleria in Foro Buonaparte con il
progetto Lucky Hei, mentre la scorsa estate, oltre a esporre in varie sedi di Pietrasanta
(proponendo, tra l’altro, i lavori Kouros e Infinito) è stato protagonista della mostra “In Stein
Gemeisselt” al Glypthotek Museum di Monaco di Baviera e dell’istallazione, ad essa
connessa, dell’opera Laocoonte in Königslpatz, nella piazza antistante il Museo, per la cui
inaugurazione intervenne anche il ministro della cultura tedesco, Marion Kiechle.

LA GRANDE MOSTRA A PIETRASANTA
Inoltre alla fine di giugno Pietrasanta si affiderà alla creatività e all’arte di Fabio
Viale (Cuneo, 1975). Si intitola “Truly” il monumentale progetto espressamente
concepito dall’artista piemontese, per la prima volta protagonista della grande
mostra istituzionale dell’estate nella città versiliese. L’inaugurazione è fissata per
sabato 27 giugno 2020, alle ore 18 in piazza Duomo; poi “Truly” proseguirà fino al 4
ottobre. Promossa dal Comune di Pietrasanta, con il sostegno della Galleria
Poggiali di Pietrasanta e la curatela di Enrico Mattei, la grande mostra di Viale a
Pietrasanta giunge dopo la personale al Glyptothek Museum di Monaco di Baviera,
la partecipazione all’ultima Biennale di Venezia e l’esposizione al Pushkin Museum
di Mosca; nella città versiliese sarà in mostra una ventina di opere dell’artista
piemontese la cui esposizione prevede il coinvolgimento di tutti i luoghi simbolo
della città: opere monumentali nella Piazza del Duomo e un’incursione nella Chiesa
e nel Chiostro di Sant’Agostino.

 

INFO MOSTRA
Fabio Viale
Acqua alta – High ride
Fino al 04.10.2020
Galleria Poggiali Firenze
Via della Scala, 35/Ar | Via Benedetta, 3r
50123 Firenze
Ingresso libero
Tutti i giorni 10-13 / 15-19, domenica su appuntamento
Tel. +39 055 287748
www.galleriapoggiali.com | info@galleriapoggiali.com

 

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