Eva Marisaldi, Guarda caso, LabOratorio degli Angeli, Bologna 2023 Foto Ela Bialkowska – OKNO Studio

Eva Marisaldi al LabOratorio degli Angeli di Bologna, dove la carta canta

Dal 2014 in occasione di Arte Fiera, il LabOratorio di restauro degli Angeli di Bologna ospita una mostra a cura di Leonardo Regano in dialogo con lo spazio operativo: “Guarda caso” di Eva Marisaldi, realizzata in collaborazione con la galleria De’ Foscherari e aperta fino al 18 febbraio, presenta opere quasi mimetiche nell’ambiente, dove l’artista bolognese fa convivere reperti e oggetti trovati con suoi lavori datati e nuove installazioni, ricorrendo all’intelligenza artificiale e all’automatismo di un dispositivo robotico guidato.

Come uno dei progetti del Main Program di Art City Bologna nella strabordante edizione 2023, la mostra personale di Eva Marisaldi al LabOratorio degli Angeli è stata tra le principali attrazioni, attraverso cui poter fare il punto sulle questioni dell’arte attuale. Nelle discussioni condivise durante Arte Fiera quest’anno, si attesta quella sul ruolo preponderante dell’automatismo robotico intelligente, che entra a far parte definitivamente dei media in utilizzo tra gli artisti di ogni generazione.

La ricerca di Marisaldi (Bologna, 1966), che si è costituita, affermata e radicata negli anni per via di un’abile concomitanza di linguaggi espressivi e di un atteggiamento sperimentale e permeabile, si è allargata “all’azione della macchina”, che, come lei tiene a sottolineare, “è sempre eseguita sotto il suo vigile controllo”. Pratica di compenetrazione che, inoltre, si fa specifica nel rapporto col LabOratorio, quale spazio funzionale al restauro di opere anche contemporanee, che si apre di anno in anno all’interpretazione che ogni artista sa darne.

Curate da Leonardo Regano, le dieci mostre fin qui proposte creano un contatto con il luogo sempre diverso, dove nessun allestimento sembra ripetere il precedente, e che con Guarda caso, titolo scelto da Marisaldi, raggiunge il suo grado di massima apertura. Appaiono infatti quasi impercettibili i confini tra il lavoro laboratoriale quotidiano e quello artistico poetico, visto che l’artista bolognese sceglie di ragionare sui ritrovamenti, le connessioni e concatenazioni inaspettate, tra reperti e oggetti, in restauro presenti al Degli Angeli, suoi lavori datati e nuove installazioni, pensate per questo progetto di collaborazione.

“Una collaborazione”, afferma, “per il piacere di incontrare (e fare incontrare) materiali interessanti, la cui presenza è tanto casuale quanto temporanea, ma anche per organizzare una sorta di esposizione dei suddetti materiali selezionati assieme a lavori miei, pertinenti”.

Realizzato con la storica Galleria De’ Foscherari di Bologna, e con la complicità di Enrico Serotti per la parte luminosa, sonora e dei dispositivi robotici, quello presentato è un “archivio transitorio”, per la durata della mostra in corso fino al 18 febbraio prossimo, che pesca dall’archivio personale dell’artista.

Una mostra orizzontale, distribuita nelle diverse sale dell’ex Chiesa e ex Oratorio degli Angeli dall’ingresso all’uscita senza soluzione di continuità, con opere quasi mimetiche nell’ambiente, laddove Marisaldi ha individuato pezzi trovati da includere nel percorso insieme a quelli di sua produzione: una antica macina di epoca romana in pietra incontra infatti un’installazione polimaterica intitolata Narciso (in alluminio, filo d’argento, terracotta, scatola sonora e puntatore laser, 2022), così come un’incisione a bulino della fine del XVIII, raffigurante Santa Maddalena de’ Pazzi, è posta in collegamento ai quaderni della performance Changing Bag, realizzata dall’artista allo Studio Guenzani di Milano nel 1992, che “guarda caso” era ispirata proprio a questa santa.

A guidare infatti l’ispirazione di quello che appare come un libero flusso concettuale, sono le relazioni individuate tra cose reperibili e da ricreare, tra loro diverse ma che sembrerebbero essere legate l’una ad un’altra.

Fulcro di questo scambio con il LabOratorio è soprattutto la carta come supporto, a partire da quella utilizzata per avvolgere e riempire i cinque tavoli da lavoro, che diventano con il suo intervento anche tavoli tematici, della sala centrale dell’ex Oratorio.

Carta, che è quella di pagine miniate e manoscritte, pagine di libri a stampa, pagine da taccuini con studi e progetti, ma anche carta vergata, carta industriale, cartapesta – come riferiscono le didascalie – e ancora carta da pacchi, carta bianca, avorio e color giallo paglierino; il più tradizionale dei materiali, di cui i restauratori si occupano, che lascia il passo alla tecnologia e che accoglie interventi dell’intelligenza artificiale, incisi a laser, od ottenuti dal movimento di un dispositivo robotico automatizzato, che sposta un pennarello o imprime inchiostro di china. “Un piccolo congegno automatizzato che traccia un segno libero sul foglio, cadenzando il ritmo e reiterando a tratti il gesto”, scrive Regano, pur sotto l’osservazione e il controllo dell’artista che “con la sua mediazione decide il risultato finale”. Come nella serie a parete Parties del 2006-2007 con motivi astratti, una carta da parati che potrà essere staccata dai muri e spostata, preservando l’integrità della materia, grazie a una particolare procedura messa a punto col LabOratorio.

Fino all’opera centrale 3000 pagine del 2018, accolta invece nella sala biblioteca, contributo che sullo sfondo dei volumi lì conservati ribadisce e afferma “l’estetica aleatoria” e una finalità partecipativa messa in campo da Marisaldi; dove la carta diventa strumento ulteriore, fatta “suonare” sfogliando le pagine di un elenco telefonico (interessante objet trouvè ormai in disuso) in un’azione collettiva all’unisono con numerosi partecipanti, e che registrata e messa in forma di una equivoca onda sonora è poi diffusa nell’ambiente. Installazione il cui display consiste in quattro pannelli di cartone da imballaggio timbrati a mano, che si ricongiunge e confonde col resto del percorso aderente al LabOratorio. Così che al visitatore spetta di tracciare i possibili nessi e confini, anche nei contenuti, e compresi quelli che sembrerebbero ormai valicati dalle macchine senz’anima.

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