Dal 1974 Spalletti è interessato al colore, all’effetto di esso che provoca una serie di domande riguardo il rigido ordine di forme e volumi, spostando l’attenzione dalla superficie di immagini dipinte alla pittura di superfici di oggetti.
Germano Celant
La Marian Goodman Gallery ha di recente inaugurato una personale dedicata ad Ettore Spalletti (1940-2019), in cui sono proposti importanti lavori realizzati tra il 1978 e il 2018. La mostra, la prima dell’artista presso la galleria newyorkese, andrà avanti fino al 5 marzo 2022. In questa mostra ci sono dipinti, sculture e lavori su carta che tracciano una sorta di percorso dei temi e delle preoccupazioni che hanno caratterizzato la pratica poetica dell’artista. Spalletti ha utilizzato diversi media, ha esplorato la soglia tra interno ed esterno, tra pittura e scultura, ha incorporato natura e spazio architettonico.
L’esposizione è come una specie di testamento sull’investigazione di Spalletti sull’uso del colore e della luce. Per più di 60 anni l’artista ha vissuto e lavorato a Cappelle sul Tavo, una piccola città in Abruzzo, il cui paesaggio ha rappresentato la vera base (reale e spirituale) del suo lavoro. Egli ha spesso descritto la propria pratica come un tentativo di catturare la luce che cambia durante il giorno. I suoi monocromi catturano i cambi di tonalità del mare, del cielo e della luce intorno a lui. Il paesaggio motiva il suo registro formale: l’artista impiega una palette ristretta, lavorando quasi esclusivamente con grigio, blu e rosa, i colori del Mare Adriatico. Il colore, per lui, è un fenomeno affettivo che serve a trasportare l’osservatore su un piano differente, diverso sia da figurazione che da astrazione.
La distinta tecnica pittorica di Spalletti si è sviluppata nei primi anni ’70. L’artista avrebbe creato un impasto di gesso, dove avrebbe poi messo i pigmenti colorati di varie intensità per poi realizzare strati di colore tramite un processo di abrasione che gli permetteva di dare luminosità alla composizione. Questa pratica è diventata, nel corso del tempo, una routine quotidiana per l’artista: basata sul tempo e sulla costanza giornaliera, essa non può essere compreso semplicemente come produzione di lavori monocromi. Tale processo creativo è piuttosto una ripetizione meditativa ove l’artista aggiunge con attenzione quasi maniacale strati nel corso delle settimane. Al colore è data una sua dimensione: le superfici sono composte da tinte i cui pigmenti rivelano il gesso che vi rimangono al di sotto. L’effetto che ne risulterà sarà semplicemente una superficie luminosissima. E’ proprio questa tensione intrinseca tra la superficie e la sua profondità della sua illuminazione che dà senso al lavoro di Spalletti.
Nella North Gallery vi sono tre lavori dell’artista della serie “Parole di colore”, che investigano la materialità del colore che si muove nello spettro tra l’azzurro, il blu con sfumature grigie fino a raggiungere il pieno grigio. In dialogo con queste opere c’è “Sfumato, blu”, del 2018. Questo lavoro ammorbidisce le caratteristiche di un paesaggio, fino a creare un’intera prospettiva con le gradazioni del blu. “Blu e oro, paesaggio”, sempre del 2018, forma un nesso con le opere sopracitate: i pannelli paralleli di blu e oro suggeriscono delle linee orizzontali o “una camminata sul mare”. Un altro elemento ricorrente del suo lavoro è la colonna: “Colonna persa, nero”, del 2000, è una colonna scolpita in nero, che esprime la forza del paesaggio e dell’architettura. Altre opere sono disponibili nella North Gallery Viewing Room, tra cui diverse opere su carta e disegni di paesaggi di vario genere.
La South Gallery presenta grandi sculture che, affiancate a dipinti, creano un effetto atmosferico. Il volume puro “Così com’è, fonte”, del 2006, è la forma di un cono tronco, una di quelle forme archetipiche nel lavoro di Spalletti fin da “Anfora, bacile, vasi” del 1982. Questi volumi iconici ed antichi sono in relazione con oggetti che “hanno attraversato l’intera storia dell’arte”. “Presenza stanca 1978/2016” è in verticale sul pavimento, circondando l’angolo tra due muri e circoscrivendo il volume come fosse un essere animato. “Carte rosa” e “Carte di azzurro verso il mare”, del 1998, sono pannelli dipinti su entrambi i lati. Essi diventano architettura dello spazio, con la luce e l’ombra che cambiano durante le ore del giorno.
Ettore Spalletti (1940-2019) è nato a Cappelle sul Tavo, in provincia di Pescara, dove ha passato la sua intera vita. Ha iniziato la sua carriera nel momento in cui l’Arte Povera stava rivoluzionando la cultura visuale in Italia e all’estero. Spalletti ha sviluppato una voce singolare, solitaria. Il suo vocabolario formale ha sempre bilanciato pittura e scultura, forma e colore, interno ed esterno. Ogni lavoro è il risultato di un rigoroso processo di stratificazione del colore alla stessa ora del giorno, in modo da catturare una specifica tonalità che richiama un’ora, una stagione, le condizioni atmosferiche. Spalletti ha preso parte a importantissime mostre internazionali negli ultimi quarant’anni ed è stato il soggetto di grandi esposizioni, la più recente alla Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma nel 2021. Un’importante retrospettiva si è tenuta presso tre diverse istituzioni culturali italiane: il Museo Madre di Napoli, la GAM di Torino e il MAXXI di Roma (tutte nel 2014). Oltre ad aver partecipato ad altre rinomate esposizioni, Spalletti ha partecipato alla Biennale di Venezia in quattro occasioni, tra il 1982 e il 1997, e a Documenta di Kassel, nel 1982 e nel 1992. Nel 2010 ha ricevuto il Premio Terna. I suoi principali lavori su commissione sono la trasformazione della cappella di Villa Serena a Città Sant’Angelo (Pe), in collaborazione con l’architetto Patrizia Leonelli, La salle des départs presso l’Hospitals Raymond-Poincaré a Garches, in Francia, la fontana nella piazzetta del Nuovo Tribunale di Pescara. Nel 2017 l’Università degli studi Gabriele D’Annunzio di Pescara gli ha conferito la Laurea honoris causa in architettura.
Marian Goodman Gallery New York
Dall’11 gennaio al 5 marzo 2022