Mauro Staccioli, Piramide XXXVIII parallelo

Devozione alla bellezza: Antonio Presti

Quando il diavolo ti lusinga, diceva mio nonno, vuole l’anima. Quando, in altre parole, il sistema che hai combattuto per una vita ti sostiene, è giunto il momento più difficile: quello in cui l’ego rischia di vincere sull’amore per la libertà. Antonio Presti questa prova l’ha superata, e non da ora. Dopo tre attentati, e un ventennio di processi per il presunto abusivismo di Fiumara, nessun riconoscimento – neppure la nomina (rifiutata) ad assessore alla cultura, ai tempi di Crocetta, nella giunta siciliana – è riuscito a incrinarne la “devozione alla bellezza”. Che anzi si esprime, a dispetto di critiche recenti quanto fuori tempo massimo, in forme rinnovate.

Che cosa vuol dire “devozione alla bellezza”? 

È una scelta personale mia, privata di impegnarmi nell’arte, nella conoscenza, a ricostruire, a rigenerare. Una restituzione della bellezza ricevuta. Quando scegli di farlo per decenni, il tuo agire assume un valore devozionale. Il senso ultimo di questa devozione è il dono. 

In principio eri solito fare doni materiali. La Sicilia, restando alla metafora di prima, è adorna di tuoi splendidi ex voto. Negli ultimi anni, di pari passo a una maggiore consapevolezza del patrimonio immateriale, i doni sono cambiati: non nella qualità, nei modi. Chi resta, hai detto, rovesciando il senso di un noto proverbio siciliano (cu nesci arrinesci), “riesce”, ha successo. Ma non da solo. La strada si percorre insieme agli altri, senza lasciare indietro nessuno. Perciò le tue iniziative mostrano sempre un occhio di riguardo per gli svantaggiati, soprattutto se giovani. Penso a Controesodo, ispirato al Cantico delle Creature di Francesco.

Non dobbiamo mai dimenticarlo: necessità di ogni tempo è consegnare conoscenza al futuro. Occorre educare i giovani al rispetto dei propri territori, cominciando dal non abbandonarli. Se tutti ce ne andiamo, la Sicilia muore. L’esperienza della Fiumara è stata un atto politico di servizio alla collettività. Grazie al lavoro degli artisti internazionali che la hanno eletta, in un certo senso, a proprio domicilio, la valle della Vetra ha sperimentato una straordinaria fioritura, di cui oggi si raccolgono i frutti. Rivolgermi ai giovani era l’unica scelta possibile: la bellezza, col senso di meraviglia, di stupore che comporta, è la giovinezza della vita.

L’esodo dal Sud al Nord dei decenni scorsi negli ultimi anni si è ripetuto in piccolo nelle città. I centri storici si sono lentamente ridotti a cadaveri, a cartilagini essiccate, mentre la gente comune si è traferita in periferia, in anonime villette o in palazzi colossali. Potresti tracciare un bilancio del tuo lavoro a Librino, il quartiere dormitorio di Catania?

Le periferie non sono luoghi da recuperare, ma da rispettare nella loro realtà. La Porta della Bellezza di Librino è diventata un simbolo di rinascita, di rigenerazione proprio perché è stata condivisa con migliaia di persone. Gli artisti non hanno lavorato da soli, ma in assoluta sinergia. L’opera non è stata quindi un fine, una costruzione calata dall’alto, ma un mezzo per diffondere bellezza. E che il dono sia stato pienamente accolto lo dimostra il fatto che, a distanza di oltre dieci anni, a differenza di quanto accade a tanti monumenti vandalizzati il giorno dopo la loro inaugurazione, la Porta è ancora intatta. È anzi la bandiera del quartiere, un vero monumento identitario.  

Ancora oggi, spostandoci a Nord della Sicilia, i rumori su Fiumara d’Arte non si placano. Nell’ultimo numero cartaceo di “Artribune” Marcello Faletra parla del Cretto di Burri e delle sculture di Fiumara come di “soprusi ecologici (non i soli) giustificati dall’incontinenza narcisistica di mecenati e artisti, legittimati da cause civili”. Cosa risponderesti a una provocazione di tal fatta?

Alle provocazioni non si risponde mai [ride].

Tano Festa, Monumento per un poeta morto, foto di Salvatore Serio, dalla pag Facebook Fondazione Fiumara d’arte

A Faletra interessa il rapporto – a suo avviso mancato – tra natura dei luoghi e cultura: “sfugge il fatto”, afferma, “che la natura e la memoria possano essere soggetti, anziché inerti scenari dove installare ‘opere’”. 

Fiumara è amata in tutto il mondo, a cominciare dalla gente che le vive accanto. Io mi preoccuperei piuttosto della cementificazione selvaggia da cui l’Italia intera è deturpata.

Immagino che la conservazione di questo immenso patrimonio non sia l’ultimo dei problemi. 

No, non lo è affatto. Come sai bene, ho donato tutto alla Regione Sicilia. Che tuttavia ha tante cose a cui pensare. Quando non ci sarò più, altri dovranno prendere il mio posto in trincea, continuando a lottare.

Qualche opera è stata recuperata di recente?

Tra poco, dopo una serie di interventi, sarà riaperta la stanza con la Barca d’oro di Nagasawa. Sarà anche un modo per ricordare questo straordinario artista da poco scomparso.

E per quanto riguarda invece nuove commissioni? 

Quest’anno, nell’ambito del progetto FISR “La rifunzionalizzazione del contemporaneo” dell’Università di Messina, è stato bandito un concorso per la realizzazione di 13 opere di arte contemporanea presso la Fiumara: “I belvedere dell’anima”; il prossimo, Fiumara soffia quaranta candeline. Credo che, nel momento storico di grave depressione culturale che stiamo attraversando, la nascita di queste nuove opere sia il modo migliore per ricordarne la missione: la bellezza rigenera, la bellezza ricrea. 

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