Ibrahim Mahama, Highlife, 2024, dettaglio. Courtesy l’artista e Apalazzo Gallery

Dal fallimento alla rigenerazione: la narrazione globale di Ibrahim Mahama

Prorogata fino al 28 settembre 2024, Apalazzo Gallery ospita If These Are The Things, quarta personale dell’artista ghanese nello spazio bresciano

Cosa accade quando un dispositivo cambia la sua natura in un’ottica di recupero?

Ibrahim Mahama (Tamale, Ghana, 1987) ridisegna i confini di cosa viene normalmente classificato come arte, scrivendo un nuovo linguaggio e reinserendo nel circolo produttivo enormi insiemi di scheletri architettonici, resti di strutture e materiali di scarto. Una seconda e nuova vita è ciò che attende a questa sorta di grande archivio di decadenza, ricordi, potere e oppressione. Un archivio che è finalmente pronto a riscrivere sé stesso e la Storia, dando voce a nuova vita e nuove possibilità di sviluppo.

Di conseguenza, la politica dell’artista è ben chiara: proiettarsi verso un futuro di progressi comuni, andando incontro a una democratizzazione dell’arte e della cultura per influenzare positivamente lo sviluppo della sua comunità e delle nuove generazioni.

È per questo che Mahama parte da una meticolosa osservazione dello spazio, rifacendosi a tutti quei residui – architettonici e non – di un neocolonialismo perpetuato attraverso politiche economiche neoliberali che hanno consentito all’Occidente di mantenere il controllo, l’oppressione e lo sfruttamento, generando disuguaglianza, povertà e dipendenza. Proprio per contrastare tali abusi e la cronica mancanza di infrastrutture capaci di attivare percorsi di crescita nel continente africano e nella società ghanese, l’artista reinveste questo passato, inteso come materia prima per progettare nuove installazioni e ambienti quali luoghi di studio e spazi d’incontro. Uno dei risultati più iconici che questi notevoli recuperi hanno fornito è, per esempio, il centro culturale Red Clay, nonché studio di Mahama a Tamale in Ghana, ospitato in un complesso di edifici articolati in aeroplani dismessi e, più recentemente, anche in vecchi vagoni di treni in disuso da tempo. A questo proposito, nello specifico, la rete ferroviaria nazionale – inizialmente creata dai britannici come Gold Coast Railway e successivamente ribattezzata Ghana Railway dopo l’indipendenza – insieme alle officine in cui venivano riparati e prodotti vagoni, locomotive e binari, ha rappresentato per l’artista un’ampia fonte di ispirazione e di materiali da riutilizzare.
Ed è proprio la Ghana Railway ad essere protagonista, sotto molteplici punti di vista, del variegato corpus di opere inedite prodotte appositamente per la mostra If These Are The Things, inaugurata da Apalazzo Gallery a fine maggio e prorogata fino al 28 settembre 2024.

Bolle commerciali, documenti fiscali, cartine geomorfologiche che rimandano al periodo di espansione dell’industria ferroviaria, si moltiplicano in collage di diversa misura e matrice, che diventano la base per enigmatici disegni a carboncino e a pennarello. Questi rappresentano, insieme a fotografie più recenti, uomini che sollevano binari e grossi pesi necessari per concorrere alla creazione di un futuro migliore in cui il progresso comune è visto come un atto di resurrezione.

Il nucleo centrale dell’esposizione orbita, poi, attorno a una monumentale installazione intitolata Cause I Love You: una sorta di portale realizzato con pannelli di compensato dipinto recuperati da soffitti ghanesi e porte in legno provenienti da edifici abbandonati degli anni 50/60 combinati in un’inedita sintassi artistica. In questo modo, Ibrahim Mahama invita il pubblico ad attraversare la soglia e a calarsi nella narrazione affrontata per comprendere, al pari del popolo ghanese, cosa vuol dire emergere da un passato fallimentare e lottare per un presente di riscatto e rigenerazione, intraprendendo itinerari inediti che uniscono la realtà a immaginari divenuti arte.

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