Installation Views, Tonel. La historia en paños rojos, Maschio Angioino, ph Michele Stanzione

CUBA PERFORMATIVA: La historia en paños rojos e Videoarte cubana tra evasione e introspezione al Maschio Angioino di Napoli

Fino al 20 dicembre, nelle Antisale dei Baroni al Maschio Angioino di Napoli, è possibile visitare la mostra personale dell’artista cubano Tonel (Antonio Eligio Fernàndez) dal titolo La historia en paños rojos e l’esposizione Videoarte cubana tra evasione e introspezione, entrambe a cura di Giacomo Zaza, nell’ambito del progetto CUBA PERFORMATIVA.

Tonel, nato all’Avana nel 1958, è artista, critico d’arte e curatore. Nota a livello internazionale, la sua arte, non senza una punta di ironia, interroga la società presente e la storia del Novecento mediante forme artistiche che spaziano dal fumetto alla scultura. La poetica di Tonel concilia una forte propensione intellettuale con una costante ricerca pratica e, non a caso, appena si accede alla mostra, nella prima sala, si incontra l’installazione Autoretrato 2 Antonios, in cui l’artista si relaziona alla figura di Antonio Gramsci: personaggio centrale nel pensiero politico cubano con le sue nozioni di stato e società civile. L’idea di Gramsci, dell’intellettuale al servizio del popolo, un intellettuale lontano dallo studioso chiuso nelle polverose stanze, in effetti, è una postura che Tonel, nell’arco della sua carriera artistica, sta manifestando, producendo forme d’espressione creativa puntuali dal punto di vista teorico ed efficienti per quanto riguarda la comprensione esterna. 

È questo l’approccio che titola la mostra, rifacendosi all’opera La Historia (siempre se envuelve a sí misma en paños rojos) in cui sono raffigurati Cappuccetto Rosso e Superman, a grandezza ridotta, accanto a Josif Stalin che capeggia imponente al centro del dipinto. Il rosso che caratterizza i tre personaggi riannoda i fili di una storia che presenta come narrazioni sia le vicende politiche che quelle immaginative, sottoponendole allo stesso processo di normalizzazione. Tutto è finzione e nulla è verità, eppure Stalin è esistito a differenza dei due personaggi di fantasia. Le tre figure, a prescindere dalla loro esistenza o meno nella realtà, sono pura costruzione priva di senso critico: perché il mondo continua ad essere affezionato alla storia di Cappuccetto Rosso e di Superman pur non essendo esistiti? E perché, invece, si teme tuttora l’idea di una società diversa? È stata questa forse ridotta al solo volto di Stalin, dimenticando le innumerevoli esperienze di emancipazione, di cui Cuba è un tentativo?

Normalizzare la storia a una narrazione univoca è il processo su cui riflette – e che teme – Tonel. Non è un caso che nella prima sala sono esposti i volti di Leonid [Breznev], Fidel [Casto], Janos [Kadar], Erich [Honecker], e così via… I capi dei partiti comunisti del COMECON (Council fot Mutual Economic Assistance, un’organizzazione economica e commerciale fondata nel 1949 alla quale aderirono tutti i paesi del blocco sovietico. Anche Cuba nel 1972 e successivamente il Vietnam nel 1978 ne fecero parte) che l’artista chiama per nome, come se fossero dei vecchi amici. Tutti questi volti, più o meno noti, cosa significano oggi? E cosa hanno significato nel passato?

A queste domande, non ci sono delle vere e proprie risposte, sicuramente, però, esistono delle narrazioni più o meno viziate e approssimative, di fantasia, come quelle di Cappuccetto Rosso o Spiderman. Sui volti dei Capi di Stato vi è la scritta in tondini di ferro ПЕРЕВОДНЫЙ РУБЛЬ in inglese TRANSFERABLE RUBLE, sottolineando il processo di mercificazione che la narrazione compie. Accanto, è esposta un serie di collage di fantasia i cui protagonisti, Gramsci, Lenin, Majakovskij, Gagarin e la cagnetta Laika, fanno parte del gruppo scientifico proveniente da Cuba per la Space Race, un programma spaziale – mai esistito e totalmente frutto della fantasia dell’artista – in collaborazione con i sovietici e i tedeschi per esplorare l’universo. Di fronte, al centro della stanza, c’è un tavolo in cui viene sostanziata la vicenda attraverso le pagine del libro Héroes de Baikonur. El libro del cosmos dove, sotto forma di diario per immagini, viene esposta l’evoluzione dell’edificio che doveva ospitare il programma. Il progetto, e qui si evince la finzione, inizia a casa dei nonni paterni di Tonel, Antonio e Carolina. 

Nel viaggio tra eventi, più o meno reali, e periodi storici, al tema del COMECON sembra collegarsi la serie Dispatches from the War Zone (2010-2014) e l’opera The Angola Files in cui l’artista rende noto lo scambio di lettere tra Cuba e l’Unione Sovietica sul conflitto in Angola durante la Guerra Fredda. 

Al centro della sala, a grosse dimensioni, predomina la scritta in lamine di ferro El tiempo no es dinero. Tonel, come scrive il curatore: «ci invita a una totale, lenta e attenta esplorazione». Che sia essa sulle narrazioni storiche o di fantasia, per comprendere occorre soffermarsi e questo atto richiede tempo. Un tempo che sempre più ci viene sottratto dalla velocità delle faccende quotidiane e dai ritmi del neoliberismo come sistema economico, sociale e discorsivo. Non a caso di fronte domina una stampa con un burger buns con su scritto “German bunds versus Spanish bonds” cioè i titoli di stato tedeschi contro quelli spagnoli, giocando sull’assonanza tra i due termini e il panino. Dal cibo alla finanza, la narrazione, la mercificazione, l’appiattimento e l’accelerazione pervadono ogni aspetto della vita.

Nella seconda e nella terza sala, la mostra continua con la sezione intitolata Videoarte cubana tra evasione e introspezione. Questa esposizione, soffermandosi su alcune sperimentazioni di video artists cubani, mette in mostra la vita, dentro e fuori l’isola, che differisce dalla narrazione presentata da Tonel circa il processo di mistificazione dell’esistente. Dodici artisti contemporanei, attivi dagli anni Ottanta e Novanta (Juan Carlos Alom, María Magdalena Campos-Pons, Luis Gómez Armenteros, Tony Labat, Ernesto Leal, Sandra Ramos, Lázaro Saavedra) all’ultimo trentennio (Liudmila & Nelson, Javier Castro, Susana Pilar Delahante Matienzo, Glenda León, Grethell Rasúa), affermano lo sguardo empatico e pulsante della vita che resiste “malgrado tutto”. I video dai registri immaginari e fantasiosi riprendono il contesto urbano cubano, i comportamenti e le abitudini, le vicissitudini e i desideri della gente nei loro riti intimi e quotidiani.

Gli sguardi e le telecamere degli artisti sono accompagnati dalle sonorità tipiche – i ritmi afrocubani e i numerosi generi musicali, dalla timba al reggaeton – dei luoghi in questione. Le riprese sfidano il rigore della narrazione storica, ponendo l’accendo sulle vicende personali che pur contribuiscono alla costruzione generale di un racconto e che però sono escluse dal processo generale. La vita quotidiana, nelle proprie fragilità e negli impercettibili – ma radicali – tentativi di riscatto, è il discorso che stravolge il processo di appiattimento della Storia. Tra spazio pubblico e privato, i volti della popolazione cubana raccontano di un radicato senso di solidarietà, di libertà e di ricerca di uno spazio poetico caratterizzato da un forte e ininterrotto legame con la tradizione del “mondo magico”. Contro le convenzioni e le narrazioni ideologiche, i video espongono, direttamente o per metafore, delle soggettività alternative che si esprimono per mezzo delle sottoculture, negli angoli e nei quartieri dimenticati dell’isola. Nonostante la limitatezza delle apparecchiature, arrivate in ritardo nella scena cubana rispetto a quella occidentale e asiatica, e le difficoltà economiche, a Cuba sono nate importanti istituzioni come la Casa de las Américas, l’ISA (Istituto Superior de Arte), il Centro Wilfredo Lam e la Biennal de La Habana (dal 1984), che gli artisti in questione hanno attraversato o in cui si sono formati. La video arte cubana – di cui a Napoli si ha una panoramica davvero generale, mettendo i mostra gli autori più importanti ed interessanti della contemporaneità – prende in esame numerose questioni: dalla libertà di pensiero alle differenze di classe, dalle potenzialità femminili al sincretismo. Il luogo privilegiato di queste ricerche è il corpo, inteso come campo della vulnerabilità ma anche del riscatto e dell’emancipazione. Secondo le parole del curatore, in effetti:«Cuba rappresenta storicamente un luogo di mutazioni culturali, scenari creoli e tropicali, le sue pratiche video, oltre che essere una mescolanza di attitudini documentaristiche ereditate dal cinema cubano e vocazioni performative, incroci tra realismo e astrazione, sono un interessante snodo d’introspezioni, archivi personali, spazi di rivolta, slanci immaginari per rigenerare il mondo».

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