ARCO Lisboa
Sarah Cosulich e Stefano Collicelli cagol Foto alessandro cantarini

Arte, cura(tela) e pandemia

Nelle puntate precedenti abbiamo considerato, attraverso le voci di tre galleristi italiani, la relazione tra mercato e pandemia. Segue un confronto sulle problematiche che la situazione attuale pone ai curatori.

Tra le mostre ferite dallo stallo attuale la Quadriennale è di sicuro la più illustre: serrate improvvise e ingressi contingentati, per non parlare della necessità di modificare sezioni performative e allestimenti, hanno messo a dura prova i curatori Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol. Cui tuttavia, come dimostra il nostro dialogo, il ruolo delle vittime proprio non si addice. Indipendentemente dalle scelte, la rassegna resiste. E si propone come modello di progettazione resiliente. 

Quali saranno, in questa “nuova normalità”, le strategie in atto per garantire la fruizione fisica dell’arte, esperienza divenuta alquanto simile a un’utopia radicale? 

SC – SCC: I musei e le sedi espositive hanno risposto in modo immediato alle restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, implementando la bigliettazione online, così che si possano evitare code all’entrata di un museo o di una mostra. Il distanziamento sociale ha richiesto anche una nuova segnaletica e un ripensamento delle relazioni tra pubblici e opere. Non pensiamo però che queste restrizioni rimarranno in modo permanente, di certo la produzione di contenuti digitali ha ricevuto un grande impulso. 

La nuova normalità ha evidenziato una “sete” di cultura da parte del pubblico e, nel caso della Quadriennale, stiamo registrando un afflusso copioso e costante di visitatori. Nel rispetto delle norme sanitarie, speriamo che le mostre che beneficiano di grandi spazi espositivi come la nostra possano essere presto aperte anche nei weekend. Il messaggio importante da dare a livello nazionale è quello che le istituzioni culturali di una città non sono esclusivamente mete turistiche ma hanno un ruolo fondamentale come patrimonio per i propri cittadini. Aprire i musei nei weekend non significa stimolare gli spostamenti dei visitatori ma permettere a chi lavora durante la settimana di fruire del capitale che la propria città gli mette a disposizione, in particolare in un momento in cui questo può avere una funzione curativa e di speranza.

La rarefazione delle proposte e dei costi di gestione, la specializzazione dei servizi, il prolungamento dei tempi di visita e della durata complessiva degli eventi potrebbero offrire le giuste soluzioni? 

SC – SCC: Il prolungamento dei tempi di visita e della durata degli eventi richiede comunque importanti investimenti, come anche la produzione di contenuti online. Ci potrebbe essere dunque una restrizione dell’offerta culturale a causa dei costi elevati da sostenere per agire su più fronti, ma questo potrebbe anche significare un’ecologia degli eventi e dell’offerta culturale non necessariamente negativa.

In che misura l’attuale impasse influenza, di là dalle trovate sensazionalistiche o meramente denotative, la produzione artistica, condizionando la collaborazione tra artisti e curatori?

SC – SCC: L’impatto della situazione pesa su tutto il sistema e le limitazioni negli spostamenti sicuramente influenzano la produzione ma anche la circolazione, la conoscenza e la mediazione dei progetti. Questo non significa però che non si registrano nel nostro paese delle spinte e delle energie nuove e tanta voglia di investire. A Roma per esempio aprono nuove gallerie giovani, si creano spazi alternativi e si trasferiscono artisti da altre città. È importante notare come ci sia un investimento da parte delle giovani generazioni che rende la città particolarmente dinamica pur in un periodo complicato. 

A livello di pensiero costruttivo in risposta alla pandemia e ai limiti del sistema dell’arte contemporanea che mette a rischio artiste e artisti, una prima risposta di collaborazione è stata la creazione di AWI – Art Workers Italia dove una platea estesa di lavoratrici e lavoratori dell’arte si sono confrontati sui temi più diversi relativi allo stato del sistema dell’arte in Italia. Le riflessioni e rivendicazioni di AWI mirano a ripensare i rapporti e l’organizzazione del mondo dell’arte, un organismo che ancora di più oggi richiede attenzione dal sistema, affinché le energie possano effettivamente portare ossigeno al futuro culturale del nostro paese.

Scenari possibili, in termini di gusti e tendenze, per l’immediato futuro? È, ad esempio, prevedibile un revival delle espressioni più tradizionali? Che tipo di sostegno attendersi dal pubblico (e dal Pubblico) in un momento così grave? 

SC – SCC: Gusti e tendenze mutano velocemente, in termini di fortune, di un medium o di un altro non si può dire nulla, alla fine rimangono i lavori solidi, in grado di trasmettere una visione del proprio tempo attraverso un uso e una creazione di forme non scontate. La risposta che abbiamo avuto dall’apertura e riapertura di Quadriennale è stata estremamente positiva rispetto all’attenzione e alla voglia del pubblico di confrontarsi con l’arte contemporanea, ci auguriamo che anche il Pubblico a livello di sistema continui a investire per poter promuovere progetti di qualità in grado di far conoscere non solo ai visitatori nostrani ma anche a quelli stranieri l’arte contemporanea italiana. Ci auguriamo che così come in altri campi, anche la Cultura possa lavorare all’identificazione di strategie nuove di valorizzazione delle energie creative e produttrici, della loro promozione, della mediazione al pubblico, non solo in un’ottica di digitalizzazione (di cui tanto si è parlato) ma di consapevolezza della risorsa che l’arte nella sua “fisicità” possa rappresentare per la società tutta.

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