Ci sono vicoli per il centro di Bologna che nel suo essere dotta – ghiotta – rossa, trasudano arte e voglia di esprimersi. La settimana di Artefiera che c’è stata dal 6 febbraio al 9, diretta per l’ultimo anno da Simone Menegoi ha dato ancora più slancio ad una delle manifestazioni dell’arte e per l’arte sempre grazie e tramite la sua città.
Perché Bologna, in queste settimane prima e dopo la fiera, si riempie di Art City e oltre a vivere il sistema dell’arte nelle gallerie prendono luce spazi emergenti, fondazioni, palazzi storici, oratori, luoghi pubblici, biblioteche e qualsiasi altro luogo che possa essere abitato, calpestato e vissuto con il corpo e l’immaginazione.
Non è facile raccontare tutto e non è possibile vedere tutto. Bisogna fare delle scelte e ognuno le proprie. Per questo ognuno può e deve mettere il proprio. Per questo Bologna sotto i portici, nella mite temperature della stagione invernale diventa luogo di incontro, di suggerimenti e punti di vista.

E allora i posti, in queste occasioni devono essere abitati. Ad abitare un luogo per dei giorni di gennaio è stata Peggy Frank con In a naked room, nella sala conferenze Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi, la quale per diversi giorni per dipingere una grande superficie orizzontale di grandi fogli in alluminio, come un pavimento sovrapposto, vive il luogo e ne carpisce la luce e ne fa parte del suo lavoro pittorico utilizzando materiali da convegno, assemblando e catturando i vari strati di permanenza di questi nel luogo. A suo modo Flavio Favelli riporta un vissuto, tramite un racconto nel suo testo di sala e tramite 216 bottiglie disposte su quattro scaffali di legno, tra le scrivanie – libri – lampade da tavolo accese, di bevande italiane, spogliate dalle etichette. Il tutto all’interno della suggestiva biblioteca della Fondazione Zeri. La mostra si chiama Nuova Mixage Up, ed è un’installazione site-specific realizzata appositamente per la sala dell’Università, curata da Roberto Pinto.

Sentirsi raccontare il perché tanti portici a Bologna da chi la vive rende l’esperienza ancora più sentita: il fatto è legato al periodo di espansione demografica quando l’inaugurazione dell’Università nel 1088 portò in città studenti e dotti da ogni parte d’Italia e del mondo. Proprio sotto i portici ho incontrato la curatrice Azzurra Immediato e gli artisti Anna Rosati e Giorgio Pierbattista che presentano Fenomenology Street, nell’omonima galleria, un duplice progetto legato alla street photography e alla visione filosofica dell’immagine.
Così le domande arrivano spontanee: pensare significa osservare o cos’altro?

L’installazione site-specific dell’artista Grazia Toderi e del compagno – maestro Gilberto Zorio, a cura di Cristina Francucci con testi di Gianfranco Maraniello, instaura un dialogo con la sua architettura nello spazio centrale dell’Oratorio di San Filippo Neri, pensando e osservando quello che vi è in un contenitore e osservando quello che c’è fuori. Torri : Terra è la dimensione simbolica installativa di Zorio in dialogo con la video arte della Toderi racchiudendo in uno spazio la visione globale, la stupefacente cosmologia, i conflitti possibili e l’equilibrio per una costruzione possibile di nuova speranza.
Nelle quattro giornate concomitanti alla fiera l’Oratorio dello Spirito Santo ha accolto l’opera di Nina Carini con la scultura Mani come rami che toccano cielo a cura di Rischa Paterlini e Pina De Luca. E citando le parole dell’artista “nell’immaginare una dilatazione del lavoro, nel tempo e nello spazio, ho prodotto una nuova azione poetica dal nome Ende Beginnt” si è celebratoun lavoro partecipato insieme a personalità di spicco del mondo della scrittura poetica, rendendo l’opera un affresco contemporaneo dove luce, voce, eleganza e sacralità si fondono.
Nel centro di Bologna ci sono i bellissimi Palazzi storici, rinascimentali e con interni – arredi del tempo – curati che rispecchiano l’animo culturale e storico di una Città che da secoli si costituisce come una delle istituzioni nel campo dei beni culturali.
Questi Palazzi a Bologna raccolgono tanta bellezza. Uno di questi è Palazzo Fava che accoglie la prima esposizione personale, curata da Arturo Galansino, dell’artista cinese Ai Weiwei. Who Am I? è denuncia di un mondo che lui vive, che descrive nei suoi vari linguaggi scultorei, con i lego, con la fotografia, nei video. Attraverso la sua voce, parole come resilienza – memoria – libertà – giustizia diventando opere provocatorie – critiche – attuali ancor più sentite se proporzionate alla forza e alla capacità di portare attenzione da parte dell’artista, alla storia delle sue persecuzioni che ha e subisce per il suo lavoro artistico.
Palazzo Boncompagni si veste di forme che nel tempo si colorano nello spazio. Ritratto di Palazzo di Alfredo Pirri è un esempio di come saper dialogare con il contenitore, di saperlo valorizzare in maniera esponenziale quando la bellezza è già nelle fondamenta storiche. Il progetto è in parte antologica che site specific in dialogo con chi anima e rende vivo questo luogo. La Sig.ra Paola Pizzighini Benelli, proprietaria di Palazzo Boncompagni ha segnato i tratti dell’opera Passi guidata dall’artista, nel salone Papale, dove un pavimento specchiato frammentato da i due rendono gli affreschi della stanza esaltando ancor di più il valore universale di questi luoghi è la autenticità di artisti come Il Maestro Pirri e l professionalità di dialogo con la storia. Ed è quello che succede a Fondazione Gajani dove l’obiettivo della mostra è quello, come sempre, di trovare un dialogo e una narrazione con Carlo Gajani e i suoi spazi: fondazione-galleria e casa d’artista. Attraverso il lavoro di due artiste differenti e chiamate a collaborare insieme per la prima volta: Isabella Tortola e Debora Vrizzi. Da una parte una fotografa; dall’altra una regista e una videoartista. Blinding Plan èa cura di Sara Papini in dialogo con le due artiste: apportano veli su tutto il mobilio della casa coprendo ma non nascondendo ciò che la casa contiene e dialogare con la fotografia intensa – minimale – minerale che la Tortola immortala e due proiezioni della Vrizzi nel quale il concetto di vedere e non vedere si legge nelle immagini di persone che passeggiano all’interno di luoghi dell’arte osservando opere che non ci sono. Distrazione e disattenzione che concentrano un dialogo immersivo nella quotidianità e in un sistema dell’arte troppo pieno.
Vivere i giorni della fiera dell’arte di Bologna in tutti i suoi aspetti dovrebbe essere partire la mattina con le visite in galleria e finirle nelle stesse tra le feste, gli aperitivi e la partecipazione. Ecco, ho cercato su google che nella città di Bologna si stima la presenza tra le 80 e le 150mila biciclette e potrebbero aumentare sempre più. Il punto è partire.
In occasione di Art City, colazione in galleria e in questo caso a Galleria De’ Foscherari, dove è in corso la mostra di Claire Fontaine, curata da Fabiola Naldi, dal titolo Lotta. La mostra è anticipata da una scritta a neon nella vetrina che nomina la mostra. Poi continua con il linguaggio degli artisti nella ripetizione dell’opera L’origine du monde di Gustave Courbet, invitando ad eliminare ogni forma di ipocrisia, scandalo e giudizio. Temi femministi che rispecchiano la ricerca del duo, se deve essere lotta, che lotta sia citando la curatrice. Camminando per le strade ci si ferma a guardare lo Spazio MB che presenta la video installazione di Francesca Lolli con Urbana a cura di Giuseppe Virelli. Il progetto di videoarte indaga il tema dell’eco-femminismo attraverso la figura di una sirena punk, privata della sua acqua e costretta a sopravvivere in un paesaggio urbano in rovina. La sirena diventa simbolo di resistenza, ma anche di solitudine e di lotta per la propria sopravvivenza in un mondo che sta perdendo la propria vitalità.
Poi in giro per la Città, tra i locali, le file per i tortellini. Chi in fiera e chi a passeggio a guardare cosa offre la strada in questi giorni. Muoversi con la bicicletta sarebbe la cosa migliore se magari non piovesse, ancor di più con una vespa.
Arriva l’aperitivo e cosa di più iconico se non l’appuntamento del sabato sera a Galleria Enrico Astuni che quest’anno presenta Roteation, il nuovo lavoro di Maurizio Nannucci, protagonista anche in fiera della paper bag prodotta in numero limitato per gli ospiti della fiera. Cinque installazioni luminose, cinque neon di colori diversi che ruotano contemporaneamente creando nello spazio dei limiti di percorrenza, dei limiti di visibilità delle parole aprendo nuove interpretazioni a quello che vediamo e che non possiamo attraversare. Lo spazio si presta a queste installazioni lasciando libera l’immaginazione e stimolare quella partecipazione, spirito che Bologna riesce a tenere vivo, fresco e ancora affamato.
La giornata si chiude nello spazio Raum dell’associazione Xingascoltando Giungla da schermo / Foresta da tastiera: una sound performance – record launch del vinile di Luca Trevisani dal nome AMAZOOM. I suoni di battitura sullo schermo si trasformano, sul lato A del vinile come una giungla di suoni che raccontano qualcosa di artificiale ma alquanto naturale nel nostro tempo. per Il lato B, riprendendo le parole di Trevisani “ne ho scelti poi una trentina, associando ognuno a un diverso tasto della pulsantiera del computer, ed ha iniziato a battere il testo – anzi a suonarlo, trasformando il mio portatile in un improbabile ma esattissimo strumento musicale, in una mitraglia rumoristica smandrappata. Ho registrato quel che ne usciva in presa diretta, ascoltando quella foresta da tastiera che prendeva forma attorno dentro e sopra alla mia scrivania.”
La settimana di Bologna è finita, ma resta il piacere di aver visto tra le strade, sugli autobus, negli spazi, nelle Gallerie e negli stupendi palazzi la partecipazione e l’entusiasmo. Muoversi non è stato complicato (anche con la pioggia e il freddo) e dopotutto a Bologna non si perde neanche un bambino.
L’importante è continuare – fare – parlare e sopratutto stare dalla parte dell’arte – con l’arte. Magari abbassando l’IVA – VIVA Artefiera.