Esistono luoghi la cui identità è equiparabile a forme caleidoscopiche, difficilmente racchiudibili in una dimensione unica. Essi mappano secoli e dinamiche di intere comunità, affidando a plurimi fattori la Storia e le storie di un tempo che ha radici lontane. Radici in grado, però, di far germogliare nuove riflessioni nel presente.
Il Chianti e Siena rappresentano uno di quei crogiuoli ove s’accentrano infinite identità che, al contempo, raccontano un universo straordinario. Un universo rappresentato dalla commistione di elementi che affondano le radici nell’Arte, nella Storia, nel Territorio e nella Cultura. Radici le cui eccellenze sono intimamente parte del carattere di questa ‘isola’.
Qual è il modo per far sì che tali elementi si missino nel modo più completo possibile? Non esiste una regola, bensì un approccio che, come dimostra Allumeuse Comunication, prevede un avvolgente racconto per chi sceglie di intraprendere un simile viaggio alla scoperta di queste terre.
V’è, inoltre, una molteplicità di strade che danno forma agli itinerari del Chianti e ve ne racconterò anche in una prossima occasione. Oggi iniziamo da Dievole.
Quando si racconta il Chianti non si può prescindere da una narrazione che abbia a che fare con il vino e con le sue origini. Indietreggiamo sino all’anno 1090, allorquando la prima traccia dell’esistenza di Dievole è attestata in una pergamena conservata in quello scrigno che è l’Archivio di Stato senese. Da tale documento, la Prof.ssa Roberta Bucciarelli, con Dievole e la cattedra di Storia Medievale dell’Università di Siena hanno portato avanti uno studio capace di far emergere un’anima millenaria il cui fascino, oggi, getta la propria tensione verso una nuova strada.
Mille anni di storia, per un futuro appena nato. Dievole è un angolo di Toscana noto da sempre per essere un piccolo paradiso terrestre. Qui il dialogo tra natura e uomo non si è mai interrotto e il motivo lo spiega il nome stesso: la radice del nome Dievole, infatti, si può far risalire al significato di “Dio vuole”.
E allora non resta che definire la mappa, anche seguendo le tracce di una preziosa pubblicazione.

DIEVOLE dal 1090
La storia di questo luogo è duplice, perimetra anime che si intrecciano: quella di un territorio e quella di chi lo ha abitato. Ruoli e identità solo apparentemente distanti. “Il nome Dievole appare per la prima volta ufficialmente nel XI secolo e precisamente il 10 maggio del 1090. In quegli anni, l’islandese Leif Erikson scopre il Nord America, i cinesi la polvere da sparo, Bologna fonda la prima università al mondo, Roma è invasa dai Normanni e Papa Urbano II conquista Gerusalemme.
Quel giorno, si legge nel contratto del notaro Bellundo, vennero pagati due capponi, tre pani e sei ‘denari lucchesi’ di buon argento per l’affitto annuale di una vigna nella valle divina, a Dievole, appunto. Otto secoli e innumerevoli generazioni dopo, un altro contratto racconta di Dievole.”
Si legge ancora “Questa volta è un dono di nozze. Il Conte Giulio Terrosi-Vagnoli regala la Tenuta, costata ben 361.632 Lire, alla sua futura sposa Ildegonda Camaiori che sarà l’ultima nobildonna di Dievole. A lei si deve un prezioso documento, giunto intatto fino a noi: il Quaderno dei Saldi di Dievole, contenente tutti i nomi delle famiglie contadine di allora e quello del podere loro affidato. Nomi dietro ai quali si legge la passione della gente chiantigiana per la propria terra. Molti discendenti di quelle famiglie sono ancora qui.”
Dievole oggi
Dalla seconda metà degli anni Duemila, Dievole ha avviato un necessario e graduale rinnovamento teso ad omaggiare l’anima più profonda di questi luoghi. “Sogni di ieri diventano obiettivi di domani, le antiche certezze si confrontano con nuove idee. È un’evoluzione, all’insegna del rispetto, che è partita dall’ascolto della terra e che ha un unico filo conduttore: la qualità.” Racconta chi Dievole lo vive ogni giorno.
Se volessimo tradurre in sintesi l’identità di Dievole, potremmo forse racchiuderla in un numero perfetto, il tre. Tre, infatti, sono gli elementi principe: i vigneti, gli ulivi e la storica Villa Dievole, oggi un affascinante resort il cui carattere food è affidato alla chef Monika Filipinska.
Il racconto attraverso il vino
Il vino, lo sappiamo bene, è capace di trascendere il reale per far affiorare, attraverso i suoi profumi, colori e sentori, un mondo unico. Il racconto che il vino scrive è intriso di quelle trasformazioni rintracciabili nella società e nella collettività; nei suoi bisogni ma anche nei suoi desideri. Ed immaginate quanti desideri sono stati espressi ed esauditi a Dievole dal 1090.
Nel solco tracciato da questa storia si inserisce un approccio aziendale che vivifica ciò che, altrimenti, sarebbe andato perduto. Molto spesso, invero, il passato è tacciato d’esser incapace d’approdare al presente e di saper guardare al futuro. Altrettanto spesso ciò è vero. Dievole, invece, ha riscoperto sé stessa a partire da un’idea: “Oggi a Dievole conta imparare il futuro”. Ed è stato così. La Famiglia Bulgheroni, ha reso questo luogo, le sue specificità, un progetto traghetto per terra e anima verso nuove rotte, volgendo lo sguardo alla propria storia.
Dievole, oggi, è Ars Bibendi, è un vero ‘way of life’. Semplice accorgersene immersi nelle cantine, per scoprire e degustare antiche annate, lasciandosi trasportare, per immaginifica astrazione, in tempi lontani e dimensioni che oggi sono storia.
Dal Vino all’Arte
Per chi giunge a Dievole conoscere il territorio è un’esperienza preziosa ma, oserei dire, necessaria. Immergersi tra colline, vigneti e uliveti dell’azienda rappresenta un approccio con l’anima di questa terra; così come entrare in dialogo con le preparazioni di Monika Filipinska, in grado di esaltare quell’indissolubile ricerca tra tradizione ed innovazione. Esiste, però, una ulteriore road map: l’Arte.

Arte senese. Dal Tardo Medioevo al Novecento
Giungendo a Dievole in questo periodo, tappa allettante e sorprendente per conoscere la storia del Chianti e della sua terra, interpretarne evoluzioni e dinamiche, è certamente la mostra Arte senese. Dal Tardo Medioevo al Novecento nelle collezione del Monte dei Paschi di Siena‘, nel complesso di Santa Maria della Scala. A cura di Laura Bonelli e Vernice Progetti Culturali, per Fondazione Monte dei Paschi di Siena, l’esposizione è un racconto dei racconti, mediante cui, grazie ad una selezione precipua di capolavori afferenti alla collezione bancaria, ripercorre il legame inscindibile tra Siena e l’arte figurativa.
Il percorso tra stilemi e secoli si snoda in un affascinante itinerario estetico e storico che offre inedite prospettive. Un esempio? Gli sguardi principi di artisti, considerati narratori straordinari di una indissolubile affezione: quella tra il Monte dei Paschi di Siena e la memoria della città e del suo territorio.
Dovessimo traslare il significato del mecenatismo che l’antico istituto bancario senese ha intrapreso nei secoli, per dirlo in termini contemporanei, parleremmo del concetto di Arte & Impresa. che si rispecchia in Dievole. Una mappa composita di incursioni emozionali, di sedimentazioni storiche, di acquisizioni e testimonianze della Scuola Senese, celebre in particolare grazie ai Maestri del Trecento.
Il Medioevo a Siena
L’avventura medievale della città è parte integrante della Storia dell’Arte italiana; la mostra in corso ne dà nota sin dal Duecento, con opere rarissime provenienti dalla Raccolta Chigi Saracini, una Madonna col Bambino del Maestro di Tressa e un Christus Triumphans di Margarito D’Arezzo. Il Trecento, poi, è splendidamente narrato da Pietro Lorenzetti e dalle sculture di Tino da Camaino e Giovanni d’Agostino. Siena è senza dubbio essenza della stagione del tardogotico mediante cui il passaggio al secolo successivo si caratterizzò grazie al lavoro di Martino di Bartolomeo, Benedetto di Bindo e Andrea di Bartolo, presenti in mostra.
L’Epoca Moderna
Arte senese. Dal Tardo Medioevo al Novecento prosegue attraverso capolavori giunti dalla Collezione Ghigi Saracini, con opere del Sassetta – Stefano di Giovanni – spesso salvate da certa distruzione. Non pochi sono i riferimenti extra territoriali, come la presenza in collezione, e dunque in esposizione, del vercellese Giovanni Antonio Bazzi, meglio noto come il Sodoma, in dialogo strettissimo con il senese Domenico Beccafumi e con i raffaelleschi Andrea del Brescianino e Bartolomeo Neroni, il Riccio. Una trattazione artistica ed un linguaggio che hanno permesso alla generazione successiva, quella degli artisti attivi tra i secoli XVI e XVII, di divulgare le straordinarie trasformazioni coloristiche e luministiche che si affermarono grazie alle spinte provenienti dal Nord e dalla lezione caravaggesca.
Il secolo dei Lumi e l’Ottocento
Il Settecento, raccontato mediante le opere in mostra, estrapola dalle stesse una dimensione mnemonica della città e della sua identità collettiva. La testimonianza improntata al territorio riveste grande importanza, come delineano molti dipinti vedutisti, a rappresentare anche i mutamenti e la crescita della città. Accanto a questa volontà di descrizione storiografica passante per la pittura, nell’Ottocento a Siena si affermò la cultura purista accademica che ha accompagnato la città nei tempi successivi.
Il Novecento dell’Arte Senese
La mostra si conclude con bozzetti di Fulvio Corsini, maestro e amico di Ranuccio Bianchi Bandinelli e che ha dato vita alla tradizione scultorea contemporanea di questa terra.
La collezione del Monte dei Paschi Siena, narrata dalla mostra in Santa Maria della Scala, è un excursus di rara intensità. È capace di svelare, grazie alla voce dell’Arte, secoli di storia di una città, di una identità collettiva che ha reso Siena e il suo territorio, le sue ricchezze, quello scrigno che il mondo invidia all’Italia. Comprendere taluni fenomeni, interpretarne la valenza attraverso passaggi che interpongono realtà e dimensioni solo in apparenza opposti, è il grande vantaggio della ricostruzione mediante opere d’arte e visione d’artisti.
Questo breve viaggio in terra senese non si conclude qui, il consiglio, tuttavia, è non perdere la mostra, aperta al pubblico sino al prossimo 8 gennaio e lasciarvi deliziare dal divin gusto di Dievole.

Arte senese. Dal Tardo Medioevo al Novecento nelle collezione del Monte dei Paschi di Siena
Complesso museale Santa Maria della Scala
a cura di Laura Bonelli
per Vernice Progetti | Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Opera Laboratori
Piazza Duomo 1, Siena
Dal 15 settembre all’8 gennaio
Lunedì – venerdì: ore 10-17 | Martedì: chiuso | Sabato – domenica: 10-19 | Natale: chiuso
Info & Prenotazioni
Tel. 0577 286300 | Mail: booking@operalaboratori.com
Dievole dal 1090
Castelnuovo Berardenga, Siena
Press
Allumeuse Communication