Ai terzi
Lucia Cantò, Atti certi per corpi fragili. ph.GiorgioBenni

Ai Terzi, Lucia Cantò, Monitor Gallery, Roma

Ai Terzi di Lucia Cantò (Pescara 1995) è la mostra con la quale Monitor Gallery di Roma riprende il suo discorso espositivo in galleria.

Entrando nella mostra Ai Terzi ci si accorge, già ad una prima sbirciata nelle due sale, che stiamo per entrare in due mondi che hanno delle regole tutte loro. I due blocchi di opere “Tre Accoppiamenti” (stanza a sinistra) e “Atti certi per corpi fragili” (stanza di destra) ad uno sguardo superficiale potrebbero essere metafore per gli occhi della stessa parola, “contatto” o “relazione” e potrei aggiungere che se una cosa viene detta bene una volta, non serve ripeterla.

Tuttavia parliamo di relazioni di coppia, o modalità di contatto, completamente diverse.

Lucia Cantò, Tre accoppiamenti, detail, ph. GiorgioBenni

La stanza sulla sinistra è abitata da grossi bracci meccanici, freddi ed inorganici, organizzati secondo giustapposizioni geometriche, rapporti di equilibrio, simmetria, angolazioni e peso.
Allo stesso tempo, nonostante la loro forza e solidità le sculture si intrecciano in relazioni fragili, instabili, dove qualcuna sorregge l’altra, dove un pezzo è caduto (o sta cadendo) ed un altro cerca di rialzarsi.

Nonostante la mole delle sculture (fino ad oltre quattro metri di altezza), i “Tre Accoppiamenti” ci lasciano lo spazio sufficiente per entrare ed osservarli, passeggiare tra loro.

La seconda stanza, o per meglio dire quella di destra, è abitata da vasi in creta di media grandezza, posti l’uno sopra l’altro, realizzati a mano, caldi e dai toni pastello, che nonostante la loro natura apparentemente mite e silenziosa, quasi fragile, sono in perfetto equilibrio, in una condizione di armonia e stabilità.

Ogni vaso, come raccontato dall’artista e dal testo della curatrice Cecilia Canziani, che accompagna la mostra, è stato realizzato a quattro mani, due per ogni metà, che Lucia Cantò alla fine di questo momento di incontro con una persona scelta, fa combaciare e sigillare anche quando le due metà del vaso non combacerebbero perfettamente.
Questa volta però, entrando nella stanza, le sculture ci sbarrano la strada riempiendo tutto lo spazio. E’ più difficile avvicinarsi ad “Atti certi per corpi fragili” , l’opera ci impone di muoverci con estrema cautela o a volte lascia lo spettatore direttamente sulla soglia.

È curioso, ho pensato, come lo spazio visivamente più accogliente sia il più fisicamente repulsivo e quello più freddo il più disposto ad accoglierci.

Lucia Cantò, Riserve, ph. GiorgioBenni

Le due stanze della galleria nascondono simmetria e allo stesso tempo complementarità, che si sigilla con la piccola opera dell’artista all’ingresso, intitolata “Riserve”.
È un benvenuto timido, composto da piccoli fiori in alluminio poggiati sul pavimento, che da un lato ci avvicinano al mondo della terra ed ai vasi, dall’altro il materiale in cui sono fatti ci spinge verso il ferro e la costruzione industriale.

Ai terzi è una mostra doppia, chiara e allo stesso tempo complessa, come la grammatica che nasconde il lavoro di Lucia Cantò, un modo di intendere il mondo in forma materica simultaneamente alla parola, dove il sentire, che è più antico della parola, prende molte forme prima di trovare la strada giusta o la frase giusta, e durante il percorso incontra molte cose.
Alla fine di tutta questa strada, o meglio masticazione del sentire che Lucia spesso percorre con le parole, resta poco, restano poche indecisioni, resta la materia nella sua forma più forte e radicale, senza più possibili ripensamenti.

È così che il suo lavoro si trasforma in qualcosa di monumentale, non per un gioco di addizione, ma per logoramento.