Arco Madrid 2025
"YOU ARE HERE. Central Asia", installation view, piano terra, Fondazione Elpis, Milano © Fabrizio Vatieri Studio

You Are Here. Central Asia

Ancora una volta Fondazione Elpis, nata nel 2020 da Marina Nissim con lo scopo specifico di sostenere i giovani artisti, propone una mostra di grande interesse, dal 24 ottobre al 13 aprile 2025, curata da Dilda Ramazan e Aida Sulova.

La via della seta che ha veicolato e mescolato tradizioni diversissime tra loro: ellenistiche, iraniane, indiane e cinesi, suscita in molti un fascino irresistibile. Come non pensare alle antiche città di Kashgar, Turpan, Samarcanda, crocevia di culture.

Oggetto dell’indagine sono i luoghi e il concetto stesso dell’abitare, l’identità e l’appartenenza, i ricordi, i sentimenti, il vissuto esperienziale, la memoria collettiva. Questi sono i temi della mostra di arte contemporanea che coinvolge 27 artisti e artiste nati in Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, che hanno riflettuto sulla percezione di sé e sulla personale autoidentificazione nello spazio. You are here è il titolo della mostra e consente di riferirci metaforicamente a quell’indicatore di mappe ambientali che aiuta ad orientarsi nello spazio fisico e che vuole invitare lo spettatore a riflettere sulla propria condizione esistenziale in una realtà perennemente in movimento per le continue migrazioni.

A partire da Lendmark by the Sun, un’installazione site specific di Rashid Nurekeyen, collocata nel cortile esterno della sede della Fondazione, si percepisce come l’artista faccia riferimento ad una cultura densa di tradizioni: i marcatori sono un modo per mappare il mondo e questo è il primo punto di rilevamento per l’Italia.
Entrato a far parte dell’Unione Sovietica già dopo la Rivoluzione d’ottobre, il Kazakistan si è dichiarato indipendente da Mosca nel 1991. Il termine stesso Kazako significa vagabondo e si riferisce alla cultura nomade di questi luoghi in cui un marcatore geodetico, come quello in mostra, su pali di legno e testa di volpe collocata alla sommità, sia un riferimento importante dal punto di vista dell’orientamento spaziale.

Un altro artista uzbeko, Said Atabekov, presenta Bir Ai, una composizione armoniosa di ferri di cavallo cuciti su tessuto che assumono una dimensione cosmologica nella rappresentazione delle diverse fasi lunari in un mese di 31 giorni.

L’immaginario viene poi colpito da opere come quelle di Sonata Raiymkulova del Kirghizistan, Echoes of Existence, che ci presenta una grafica murale inquietante per l’intreccio di corpi che poi sembrano materializzarsi in una scultura, posta a terra, che sembra evocare ciò che resta di un calco umano.

Altre artiste come, Zhanel Shakhan e Anna Ivanova, utilizzano il tessuto come mezzo espressivo seguendo l’antica tradizione di questi luoghi. Diversamente, Gulnur Mukazhanova riesce a unificare lo spazio narrativo della mostra attraverso una installazione site specific, The dark moon: una fascia tessile che collega i tre diversi livelli dello spazio espositivo.

Munara Abdukakharova con i suoi Toshok, materassi da pavimento kirghiso, Down the Soviet – Up the Manas, ci offre, attraverso un video, uno spaccato culturale della città di Bishkek, capitale del Kirghizistan, identificando nomi di strade e del trasporto pubblico come strumenti per riflettere sul futuro. L’artista tajiko Alexey Rumyantsev affronta il tema dei lavoratori migranti che si traduce in una installazione, The Wall, in cui il tradizionale tessuto Ikat diventa una sorta di malta del muro di mattoni.

Altri artisti sviluppano il tema della memoria collettiva, come Vyacheslav Akhunov ed Ester Sheynfeld, Nurbol Nurakhmet e Yerbossyn Meldibekov, mentre Emil Tilekov rielabora il tema ancestrale del labirinto attraverso Traces and Shadows, pannelli di feltro colorati di grande impatto visivo.

Una mostra quindi che, attraverso i mezzi più diversi – performance, installazioni, sculture, dipinti, grafiche murali e video – ci permette una visione a tutto tondo di un prezioso intreccio culturale.