Arte Fiera 2025
William Santoleri

William Santoleri | Sleeping Stones

Da /F urbä/, lo spazio espositivo a Guardiagrele, fino al 16 febbraio in mostra le opere site-specific di William Santoleri

La prima cosa è coesistere #1 SLEEPING STONES mostra un complesso di opere realizzate con l’uso di linguaggi espressivi diversi e usuali per William Santoleri. Opere e operazioni che, come dichiarato nelle note di presentazione dell’autore e del curatore Simone Marsibilio, indagano la co-esistenza – nel senso letterale di esistere con – tra diversi elementi presenti in natura. Grande attenzione dedica Santoleri agli oggetti non viventi come i massi che incontra nelle sue camminateponendosi una grande questione: è corretto considerarli non viventi? In realtà né fissi né immutabili sono quei macigni: non sono sempre stati così e muteranno ancora. Non sempre sono stati lì e un dì saranno altrove. Soffrono ingiurie che li trasformano, subiscono scossoni che li spezzano e spinte che li spostano. Oggetti non viventi per  lo sguardo dell’uomo affaccendato e frettoloso ma esseri-terra per l’osservatore attento, massi erratici per l’esperto naturalista, Sleeping stones per l’artista, sassi generati da movimenti e scossoni passati, esposti a movimenti e scossoni futuri, temporaneamente congelati in un sonno profondo.

L’iter espositivo si svolge e si riavvolge intorno all’idea centrale di Sleeping stones con l’esibizione di opere e interventi ad essa collegate.

Un filmato, sintetico ma esauriente, mostra una camminata solitaria dell’artista per luoghi incontaminati che attentamente, professionalmente, misura e studia fino alla sosta sul grande masso. È la fase di valutazione del tragitto alle spalle e del prossimo itinerario, di studio sulla genesi di questo luogo, sulla funzione degli elementi qui presenti e del masso su cui siede, uno dei tanti massi erratici diffusi in natura cui chiede di svelare la propria origine, l’evoluzione, le metamorfosi, gli spostamenti.

Una teca racchiude materiali raccolti durante il percorso, ricordi e retaggi dei luoghi attraversati: un osso consunto di cinghiale, un tappo di bottiglia desueto, una pietra indicata come possibile meteorite….

Dipinta nero su bianco direttamente sulla parete destra, risalta una carta topografica, esatta rappresentazione di un paesaggio inesistente ma possibile e credibile, accuratamente descritto con il linguaggio rigoroso delle isoipse. Il ripetersi nitido, assertivo, deciso, delle linee chiuse sul candore della parete è un rincorrersi di cerchi irregolari, digradanti e vivi.

Segnato a matita sulla parete di fronte, un percorso compiuto dall’autore con la minuziosa indicazione, ad ogni tappa, dei passi compiuti, della distanza percorsa, del livello raggiunto, degli aspetti salienti rilevati. Ad ogni tappa una foto del luogo con la sottrazione, l’asportazione chirurgica, dei sassi lì presenti.

William Santoleri

Sassi che Santoleri ricostruisce fedelmente usando un filo metallico intrecciato, annodato, talvolta saldato. Sono simil ragnatele vuote, con pochi spazi occupati da candidi scampoli di carta e ritagli di lamiera ossidata, sono la rappresentazione della sola superficie esterna questi massi erratici che invadono da protagonisti la sala espositiva, macigni svuotati della massa che li colma, liberati dal peso che li blocca, spiriti dormienti resi eterei e trasparenti. Sono Sleeping stones che co-abitano lo spazio della Fondazione Urbana con le opere deposte e quelle costruite intorno, co-esistono dialogando con esse e coinvolgendo lo spettatore, intralciato, costretto a ridosso delle opere su parete o accanto alla teca dei ricordi, spinto verso la saletta di proiezione. Con l’invadenza leggera della loro struttura impongono percorsi, stabiliscono distanze e affermano la propria esistenza centrale nell’economia della mostra senza sospendere il loro fatidico letargo.

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