Nel confronto tra le opere pittoriche di Annette Lucks e le sculture in miniatura di Fabrizio Tridenti emerge un fil rouge concettuale: l’indagine su ciò che è celato, dimenticato o sotterraneo.
Lucks, artista tedesca, trae ispirazione da esperienze intime, ricordi familiari e riferimenti culturali – dalla letteratura alla filosofia – dando vita a un universo pittorico che scaturisce dal proprio “archivio interiore”. Nei suoi lavori, soggetti e motivi emergono in un processo associativo e vengono ricollocati in contesti nuovi, secondo il principio della “simultaneità nella non-simultaneità”. Il disegno agisce come tessuto connettivo, intrecciando eventi, forme e campi cromatici in un equilibrio tra vuoto e ricchezza visiva.
Un tema centrale della sua opera è il giardino, inteso come metafora della psiche secondo la visione archetipica di James Hillman: uno spazio coltivato ma indomabile, dove convivono ordine e caos, bellezza e trasformazione. Non solo una cornice estetica o simbolica, ma un paesaggio dell’interiorità in cui si intrecciano memorie, desideri, immagini inconsce. Un posto dove l’io incontra il sé, in una danza continua tra volontà intenzionale e mistero della mente.
Fabrizio Tridenti, invece, rianima materiali industriali abbandonati trasformandoli in oggetti-scultura che sfidano i confini della gioielleria tradizionale. Il suo processo è sperimentale e stratificato: accosta metalli, cilindri e fili in un fluido atto creativo, dove l’intuizione incontra la materia. Tridenti abbandona le forme precostituite per abbracciare la casualità e l’inaspettato, ponendo il gioiello in un contesto concettuale, come dispositivo critico del contemporaneo.
Entrambi gli artisti esplorano territori liminali: tra visibile e invisibile, memoria e materia, forma e trasformazione. Un dialogo che invita a guardare oltre la superficie.
La mostra è visitabile fino al 31 luglio 2025, nei seguenti orari: dal giovedì alla domenica 15.00 – 19.00 (invernale) / 19.00 – 23.00 (estivo).