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Intelligente come un pittore: Walter Bortolossi

Gli artisti da frequentare sono quelli che, andando oltre il presente, sanno vedere il futuro. Ci riescono perché sono proprio le loro intuizioni a renderlo attuale. E poco importa che, come di solito accade, in un primo momento quasi nessuno se ne accorga. Così, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, mentre i più sembrano “spinti da una necessità quasi fisica di trattare le questioni razziali, la sessualità e il multiculturalismo, ma soprattutto la globalizzazione” e “gli artisti più rappresentativi dell’epoca abbandonano progressivamente il lavoro incentrato su un unico medium per iniziare a dialogare trasversalmente su più discipline, tecniche e strumenti” (Edoardo Di Mauro), Walter Bortolossi, pur non trascurando le nuove frontiere dell’informatica, specie per quanto concerne la distorsione delle immagini, si concentra da subito su questioni radicali: “l’eclisse delle ideologie, il termine di un secolo improntato al progetto politico e la sua sostituzione con l’amministrazione tecnica dell’esistente, la centralità dell’apparato tecnico scientifico oltre che di quello economico”. Il risultato è una pittura colta, densa di sensi secondi, sebbene rivestita di forme popolari, che avrebbe incuriosito persino Duchamp. Studio come un pittore? L’esatto contrario.