Sofia Bonacchi

Street art e mercato: Sofia Bonacchi

Street art e mercato: ne abbiamo parlato con Sofia Bonacchi, amministratrice delegata di Street Levels Gallery, galleria fiorentina specializzata in arte urbana.

Street Levels è il primo spazio fiorentino dedicato alla urban art. Come si lavora in una città così carica di storia e di memoria? 

Male e bene, direi. Essendo Firenze una città incentrata sull’Arte Rinascimentale, è spesso difficile trovare un pubblico attento alle istanze di cui il movimento artistico che rappresentiamo si fa promotore. Altrettanto difficile è coltivare i semi del contemporaneo in una città (quasi) interamente votata al passato, dove la mole di turisti è talmente pesante da fare giocoforza sulle scelte e sulle programmazioni culturali, che lasciano perciò uno spazio alquanto irrisorio a tutto ciò che è sperimentale, contro-culturale e, perché no, anche antieconomico. È come se Firenze fosse un grande palcoscenico ed i turisti il pubblico pagante: ogni giorno va in scena la prima dello spettacolo, e la città non può permettersi di sbagliare una singola azione, movimento o battuta. La sensazione è spesso quella. In ogni caso, ci sono anche degli aspetti positivi, sicuramente legati al cambiamento che l’area fiorentina sta vivendo negli ultimi anni. Stiamo assistendo con stupore alla nascita di associazioni, movimenti, collettivi, librerie indipendenti e altre realtà nate dal basso che si sono poste l’obbiettivo di svegliare questa città dal suo torpore e di renderla più viva e attiva sul profilo socio-culturale. Questo ci fa ben sperare. Nel frattempo, ci diamo da fare. 

In che cosa si differenzia Street Levels da una galleria tradizionale? 

Le correnti artistiche di cui approfondiamo le pratiche sono quelle dei graffiti, del muralismo urbano e della street art. È questo ciò che ci differenzia dalla stragrande maggioranza delle gallerie d’arte contemporanea. La politica di Street Levels Gallery è da sempre quella di raccontare, supportare e promuovere artisti che sono nati o che si sono sviluppati in strada, configurando quest’ultima come luogo prediletto di socialità e di apprendimento, utilizzandola come medium per comunicare con il pubblico, con gli altri artisti e con se stessi. A nostro giudizio, però, la strada deve rappresentare un punto di partenza oppure una parte di un percorso, non certo la mera destinazione. Ce ne sono così tanti di aspiranti e di presunti artisti di strada, che non sentiamo davvero il bisogno di spingerne di nuovi. 

Molti dei vostri artisti, da Clet a Guerrilla Spam, sono tra le star della street art internazionale. Cosa vuol dire per uno street artist avere un rapporto stabile con una galleria? 

Per rispondere a questa domanda occorrerebbe invertirla (cosa vuol dire per una galleria avere un rapporto stabile con uno street artist?) e in ogni modo rimarrebbe una questione di per sé estremamente difficoltosa. La verità è che non c’è una regola fissa, nemmeno di matrice empirica: gli artisti sono diversi come diverse sono le persone. E gli artisti, come le persone, sono tutti complicati. Cerchiamo di collocarli coerentemente nei progetti che ideiamo, di dare loro il più ampio spazio di manovra, nonché di interporci tra le loro visioni e quelle dei loro acquirenti e committenti, assolvendoli dagli svilimenti delle politiche burocratiche, culturali ed economiche italiane. Non sempre ci riusciamo (questo è un Paese irto di ostacoli!), ma possiamo dire che sia questa la strada che abbiamo deciso di imboccare. 

In Italia ci sono poco meno gallerie tradizionali che in Cina. Anche il mercato della street art è altrettanto affollato? 

Non possiamo certo dire che l’Italia non abbia un mercato dell’arte urbana in ascesa, ma non è lontanamente paragonabile a quello della stragrande maggioranza dei Paesi europei. Per provare queste parole basta dare un’occhiata alle politiche culturali pubbliche della città di Milano, l’unica realtà internazionale del nostro Paese. Anche l’Italia ha i suoi collezionisti, questo è indubbio, ma ben pochi sono quelli che investono a pieno titolo nelle correnti artistiche del graffiti writing e nell’arte urbana. Secondo noi, questo in parte è dovuto alla mancanza di informazioni e di ricerca scientifica. Le realtà specializzate sono poche, così come gli operatori culturali di settore. In parte, invece, dipende dalla peculiarità del territorio che abitiamo: in Italia, sono svariate le motivazioni che ci spingono a guardare al passato piuttosto che al futuro e questo, in un certo senso, è comprensibile. In ogni caso, è solo questione di tempo. 

La pandemia ha colpito duro il mondo artistico, molto meno quello “artivistico”. Il concetto vale pure per gli spazi come il vostro? 

Noi possiamo definirci dei miracolati, e se siamo ancora in piedi è solo grazie agli artisti che si sono raggruppati intorno alla nostra realtà, e a noi che ci siamo dati un bel da fare. Non è una ricetta, anche le condizioni intorno a noi sono state favorevoli e ci hanno permesso di ripartire. È stato un po’ come contemplare la propria casa dopo un terremoto: ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto del nostro meglio per rimuovere le macerie e ricostruire, nonostante la fatica fosse tanta ed il morale fosse a terra. Quando abbiamo riaperto, la strada era vuota e il pubblico aveva timore a frequentare nuovamente gli spazi di condivisione. Ci siamo chiesti: come facciamo a far sapere al mondo che siamo tornati in pista? Così abbiamo strutturato un format di incontri che presentasse le realtà del territorio che si occupano, come noi, di cultura indipendente, e da lì ci siamo ripresi. Quanto all’artivismo, lasciamo che siano gli artisti a portarne avanti le pratiche, e promuoviamo ciò che ci interessa e che ci rispecchia. 

Sulla base di quali criteri scegliete i vostri artisti. Avete un orientamento preciso? 

In un artista ricerchiamo molte cose, e la sua scelta dipende da un numero sostanziale di variabili. In questa sede ci limiteremo a dire che il gusto personale dei soci della galleria incide ben poco sulla selezione dell’artista, su cui invece pesano altre caratteristiche, tra cui la ricerca personale, l’attaccamento al movimento, le fonti di ispirazione, le modalità di intervento in strada, la qualità, il sottotesto. Non è sempre facile, ci sono artisti con i quali collaboreremmo ad occhi chiusi, su altri ci interroghiamo molto, forse troppo, ma sempre nell’ottica di fare scelte condivise ed etiche, in linea con il nostro credo. 

A cosa vi state dedicando, attualmente? Progetti per il futuro? 

Il 2023 sarà un anno pieno di progetti diversi tra interventi murali, mostre nello spazio espositivo, laboratori nelle periferie, rassegne ed eventi di approfondimento culturale. In questo momento stiamo organizzando la festa di compleanno della galleria, che il 17 dicembre compirà 6 anni. Sembra passata una manciata di secondi dalla prima mostra, e invece siamo già qui. La strada è ancora lunga e piena di sfide, ma questo è da considerarsi un privilegio.