La personale di Ajossa si svolge in parallelo alla collettiva Carta Coreana Hanji. L’arte contemporanea incontra un sapere antico ospitata dal Museo Carlo Bilotti all’Aranciera di Villa Borghese, progetto espositivo realizzato dall’Accademia di Belle Arti di Roma in collaborazione con l’Istituto Culturale Coreano. La mostra al Bilotti vede 50 artisti misurarsi con la carta Hanji realizzata all’Accademia di Belle Arti di Roma, unico luogo in Europa dove viene prodotta e di cui Ajossa è esimio rappresentante.
Quello di Ajossa in Hanji Unfolded è un lavoro sulla prossimità, poiché è dai boschi nella prossimità della propria abitazione che egli trae con gentilezza le tinte che poi utilizzerà; una mappa creativa ed amorosa in cui l’artista indugia sulle bellezze di natura. Sembrano qui compiersi i versi di Federico Garcia Lorca: “Il vento calava rosso dalla collina incendiata e diventava verde, verde lungo il fiume. Poi diventava viola giallo e…sarà sui seminati un arcobaleno teso”. I succhi dei melograni, dell’eucalipto, del sambuco, della galla di quercia, i polifenoli dei tannini si mescolano coi sali di rame, di ferro, con l’allume e vanno a generare una grammatica emozionale dove Ajossa si riallaccia al segreto di natura per rinnovarlo, indugia sul significato profondissimo di quello per restituirlo in diamantine melodie visive o in epifanie di effluorescenze folgoranti. Il principio energetico è dato dalla reazione tra gli enzimi naturali e la pregiata carta coreana. L’opera non esisteva in quanto tale: era rugiada, era vento, era corteccia, era foglia. “Il poeta, dicevo, o è natura o la cercherà” sosteneva Schiller. Ma nell’opera di Riccardo Ajossa non c’è nulla dell’ingenuità schilleriana. La preparazione della carta Hanji è lunga e complessa; dapprima si puliscono le cortecce e le si fanno bollire. Successivamente si percuotono con dei bastoni: la battitura cadenza un ritmo comunitario e collettivo. La coralità è indispensabile affinchè si giunga alla realizzazione finale della carta stessa.
Dietro una ritualità lenta e sacrale c’è una metodologia impeccabile, un rigore assoluto, una Regola del Lavoro. Altresì il dato empirico si apre allo struggimento della mens creativa; l’ardore immaginativo stempera l’ethos della ricerca, consentendoci di godere di un’opera che per intima ricchezza e per varietà poetica, per preziosità e per forza di forma e di colore, rapisce le nostre energie sensibili e incanta. Il fruitore dinanzi alle grandi carte di Ajossa, alle sue cosmologie dalla potenza di mito e dal seducente fascino alchemico silenzia la propria coscienza razionale e si apre alla percezione dell’assoluto poiché parafrasando Tommaso d’Aquino, la Bellezza arresta il moto.