Fino al 19 gennaio 2020, presso la sede romana dell’Istituto Svizzero, è possibile ammirare “Retour à Rome”, una collettiva degli artisti Anne-Laure Franchette, Vidya Gastaldon, Clemens Klopfenstein, Marie Matusz, Gianni Motti, Uriel Orlow, Denis Savary, Rico Scagliola & Michael Meier e Ian Wooldridge.
Attraverso un allestimento non canonico, la mostra offre uno sguardo alternativo sull’idea di paesaggio come genere pittorico. Il genere paesaggistico, diffuso a Roma tra i pittori francesi nell’Ottocento, ha influenzato il nostro modo di guardare il mondo. Oggi il paesaggio non è più un genere strettamente legato alla pittura: “Retour à Rome” fa dell’immagine in movimento il medium che più di tutti oggi è capace di riportarci alla mente i ricordi.
Anne–Laure Franchette racchiude in piccole lastre di resina trasparente dei frammenti di vegetazione raccolti nel giardino dell’Istituto. Il nuovo film astratto di Vidya Gastaldon, funge da portale per la percezione di paesaggi interiori; ritmo e musica pervadono l’opera, dando forma a una serie di visioni introspettive. Per Clemens Klopfenstein è un vero e proprio ritorno a Roma: il regista svizzero girò parte del suo film Geschichte der Nacht di notte durante il suo soggiorno all’Istituto Svizzero nel 1979.
La telecamera, per Marie Matusz, non è meramente uno sguardo, bensì un occhio, ovvero lo strumento che abilita lo sguardo; il suo lavoro riflette su come la produzione di immagini e del suono influenzi il comportamento umano, in particolare quando a essere osservato e monitorato è lo spazio.
Nel giardino, l’orologio di Gianni Motti segna inesorabile il tempo fino alla fine dell’esistenza del sole.
Durante la sua carriera, Pasolini cercò invano di girare un film a Gerusalemme: dopo diversi tentativi falliti, nessuna altra città sembrava avere paesaggi suggestivi tanto quanto Roma: questo è ciò che narra Uriel Orlow con la sua installazione nella sala centrale della villa.
Spesso basta un solo oggetto incongruo affinchè lo spazio urbano diventi più poetico. Come i pittori classici lo hanno volutamente incluso nelle loro vedute, Denis Savary, nello stesso modo, ha prodotto una video-opera per la città vecchia di Ginevra inserendo una mongolfiera.
I cimiteri sono parchi in cui vagano i ricordi. In un film lento e malinconico Rico Scagliola e Michael Meier percorrono i sentieri di un bellissimo luogo della memoria a Zurigo.
Anche Internet produce i suoi paesaggi: questo è ciò che Ian Wooldridge presenta nella sua installazione che raggruppa parte della sua collezione di webcam porno vuote. All’ingresso dell’istituto, un neon di Mario Merz (1925-2003) ci ricorda con umorismo che il resto del mondo è più vicino di quello che sembra. Mentre nel cortile della dipendenza è installata Coda (a fountain for a filter) di Tumasch Clalüna e Kilian Rüthemann, una fontana che mette in discussione l’erogazione dell’acqua potabile nella città di Roma.