Nel rapporto con la natura si ricerca un alfabeto segreto prima ancora che un semplice territorio geografico. Primitivo, oltre ad essere una mostra, è una sezione di un progetto più ampio che prende il nome di “Bivacchi”, quella serie di rifugi abbandonati e incastonati in un’atmosfera silenziosa, incorniciati da una natura incontaminata che l’artista ha individuato quali luoghi da attivare e su cui incentra la sua pratica da numerosi anni. I ripari innevati e le strade che li uniscono prefigurano così delle oasi alternative.
Gli spazi della galleria ospitano fotografie, video e una scultura-installazione di tubi al neon che raccontano il rapporto instaurato tra l’artista (vincitore del Premio Terna e tra i finalisti del Talent Prize), il rifugio Delle Serre (1500 m di altitudine) e la natura da lui esplorata. Nel corso del mese di settembre dello scorso anno, Cametti raccoglie dei neon e con essi traccia un percorso nello spazio tra le montagne, facendone oggetto cardine della sua indagine. Il percorso viene illuminato per cinque giorni, attraverso un sistema a batteria e pannelli fotovoltaici, e, in quel frangente di tempo, l’artista realizza un’altra serie di opere.
Le cose non sono mai davvero quello che si vedono e, gli irregolari tubi al neon mutano, rappresentando così dei sentieri, delle nuove tracciature. “L’azione messa in atto dall’artista ha come intento quello di dare nuova vita, o meglio, nuova luce a questi siti – ormai dismessi-, entrando in relazione in primis con il luogo e poi con il sentiero, tracciandone uno proprio.” In questa dimensione del vero Cametti non inscena nessuna mistica fuga, al contrario, le sue idee sono il risultato di un rapporto stoico assoluto con il reale, nella certezza dell’inevitabilità sia della dissoluzione che della lotta contro di essa.
Le opere vibranti dell’artista che, in questo caso, è anche co-curatore, dialogano con Composizione per campo base di Chiara Fantaccione, una porzione di tenda da campeggio su di un prato arrotolato che sembra estraniarci dalla vita cittadina e con Rituale per lo spirito totem del ragno di Francesca Cornacchini, stampa in digitale su alluminio dalle atmosfere cupe.
I due lavori che si collocano con equilibrio all’interno del progetto sono stati realizzati durante una breve e recente residenza al rifugio.
Protagoniste delle fotografie di Cametti – scattate in digitale ma con dei vecchi obiettivi analogici – sono le cime dei Monti della Laga, sopra la piana di Amatrice, il cui sentiero, in parte esistente, denominato SI 300, si trova sulla linea di confine di tre regioni (Marche, Abruzzo, Lazio) e ben ci immergono nel candore intenso e spaesante del luogo. Afferma l’artista dialogando con la curatrice: “fondamentale il mio essere lì in quell’istante, con la precisa volontà di perder i punti di riferimento, annullando lo spazio, e ragionando sul vuoto”.
Un percorso creativo coerente e ispirato, basti pensare ad alcuni lavori pregressi tra cui dal 2015 Casa Cametti, progetto che ha origine da una serie di residenze all’interno dell’ex Villaggio Eni di Borca di Cadore per Dolomiti Contemporanee che ancora di più lo lega a certi luoghi. In primitivo il filo conduttore della poetica di Cametti si declina attraverso manomissioni e trasformazioni della materia in una attenta riflessione sul paesaggio e la natura che viene interpretata e non stereotipata.
Simone Cametti, Primitivo, 2021. Galleria Shazar, Napoli. Foto Danilo Donzelli.
Simone Cametti
Primitivo
Galleria Shazar
Napoli