Performance come attraversamento urbano – Cesare Pietroiusti

Nella giornata di domenica 6 settembre 2020 ha avuto luogo la prima performance a Taranto di Cesare Pietroiusti, artista impegnato, in particolar modo negli ultimi anni, nell’indagine di relazioni e dinamiche proprie dei sistemi economici e sociali occidentali e nell’analisi, attraverso l’atto artistico, di luoghi, protagonisti e paradossi del contemporaneo.

La performance, presentata da Post Disaster e studioconcreto, si è snodata nella forma di un attraversamento urbano collettivo che, partendo da Piazza Fontana, preludio della città vecchia, e giungendo al TaTÀ, ex edificio scolastico e oggi luogo di riscatto culturale della città, ha rappresentato occasione di indagine dei concetti di luogo e presenza, in un’esperienza di soggettiva e, al tempo stesso, comune rilettura dei luoghi. 

Cesare Pietroiusti_Taranto_6 settembre 2020

Piazza Fontana, complice il suo attuale assetto scultoreo-urbanistico ad opera dell’artista tarantino Nicola Carrino, segna dunque il punto di ritrovo dei partecipanti all’atto e di avvio della performance stessa. I suoi elementi, di influenza minimalista, portano Pietroiusti a tessere un collegamento tra il luogo e il pensiero che Michael Fried espone nel suo testo Art and Objecthood, dove l’esperienza del Minimalismo è aspramente criticata e intesa come silente presenza sconnessa dalla sfera di significati; il Minimalismo è teatro, scenografia, necessità di risignificazione ed è lo spettatore-attore a farsi carico del fardello. Ciò che per Fried rappresenta il limite di un’esperienza artistica, diventa, nella lettura del performer, possibilità di rinnovamento, e le dispregiative interpretazioni di un certo modo di intendere il fare artistico assumono a loro volta un nuovo valore. Così come l’elemento minimalista si riveste di nuovi significati nell’incontro con l’osservatore, allo stesso modo i luoghi e le architetture, soprattutto se estranei alle controllate dimensioni istituzionali, si rinnovano e mutano il loro senso davanti all’umano sguardo indagatore; la peculiarità di ogni singolo incontro genera mutevoli realtà e definisce nuovi significati consegnando ai luoghi stessi una pluralità di logiche. La performance, muovendo da queste premesse, ha il suo effettivo avvio con l’inizio dello spostamento attraverso lo spazio cittadino, secondo un’attitudine quasi rituale, che porta a fendere il quartiere Tamburi, attiguo allo stabilimento Ex Ilva e luogo periferico in ogni sua accezione. Vengono così attraversati i margini e i limiti di una realtà altrimenti celati, in un incontro-scontro con un contesto altro rispetto al vissuto quotidiano dei più.

Seguendo un percorso logicamente circolare si giunge, in conclusione, negli ambienti del TaTÀ, acronimo di Taranto auditorium Tamburi, laboratorio teatrale, luogo di resistenza culturale, riscatto e rinnovamento, e che, in quest’occasione, accoglie la pluralità di prospettive del medesimo percorso; l’esperienza del singolo è dunque narrata, condivisa a generare un’ibridazione di immagini, un’idea multiforme dei luoghi vissuti in un rinnovamento continuo di possibilità.