In questa breve selezione – lontana dalla volontà d’essere una classifica o da una selezione di gusto – proponiamo le tecniche e i linguaggi proposti nelle gallerie presenti a Madrid, cercando di mettere a fuoco la direzione che le gallerie vogliono prendere attraverso le opere esposte.
Cominciamo con una opera risultato della performance svolta nel giorno dell’inaugurazione. Nello spazio della galleria Kewing di Berlino l’artista Marcelo Viquez ha fatto rimbalzare una pallina di gomma intingendola ogni tanto nell’inchiostro. Ne risultano 20 fogli 100×70, su pareti e al suolo, con macchie nere dal titolo Sin titulo (2 Madrid).
Divertente
Jonathan Meese ha presentato Der Grüne Voodooschütze Kommt aus Ahrensburg! (Lo spara-Wodoo verde viene da Ahrensburg!) alla galleria Tim van Laere di Antwerp (Belgio). La grande tela ad olio e acrilico ci indica, nelle dimensioni (270,4×180,3×3,3), lo spessore della pittura presente. Una pratica, quella della pittura materica, molto diffusa ultimamente.
Di sostanza.
Discorso analogo quello di Matteo Fato, da Monitor, il quale si muove a suo agio con la materia pittorica e mette a suo agio lo spettatore foderando di specchi la cassa che contiene l’opera.
Riflettente.
Adornare le pareti di casa di piante può essere anche fatto ad opera d’arte con le finte piante di Pipo Hernández Rivero. Con Sin Titulo realizza 8 parallelepipedi (i vasi appunto) in tela e acrilico dai quali escono rami in resina che sostengono piccoli drappi bianchi. Ad alterare la visione floreale ci pensano le viti che contornano i vasi a mo’ di borchie. Alla Galeria NF/Nieves Fernández di Madrid.
Complementi d’arredo.
Parliamo di scultura con Carlos Bunga alla Galería Elba Benítez di Madrid. Balance è un tavolo inclinato, grazie ad un tronco sul quale poggia uno dei piedi, sul quale piano sembrerebbe esserci una vecchia finestra dalle ante gialle. La benda che unisce due gambe lascia pensare ad una cura necessaria. Il lattex invece che riveste parzialmente l’intera base richiama la chirurgia plastica.
Arte ri-povera.
Restiamo nella scultura con il colombiano Iván Argote nella galleria parigina Perrotin. Un dito parolaccia, dipinto sul cemento armato, e la parola TIERNOS (teneri) incisa, fronteggiano un video, sul quale scorrono immagini di vita urbana al limite, fruibile sedendosi sulla panchina a bilico sotto l’opera stessa.
Iconico.
Ave Maria benedictus frutas ventris 1 è il titolo della madonnina scolpita in legno (con pittura e inserti in plastica) realizzata da Keyezua, artista della galleria angolana Movart. In realtà la madonnina è stata qui tagliata in due inserendo una tipica scultura africana in legno e posta sopra una base con due piedi che ricordano gli azulejos portoghesi.
Blasfema.
Vi ricordate la Venere di Willendorf? Alicia Framis la rivisita realizzandola in resina e nylon e mettendola su un piedistallo specchiante e lasciandole sorreggere un vetro in equilibrio sulla testa. L’artista della Galeria Horrach Moyà di Palma de Mallorca ci ricorda che l’originale è datato 23.000 a.c.
Érase una vez una mujer (C’era una volta una donna) ha le stesse dimensioni dell’originale.
Femminista.
Continuiamo con gli specchi ma questa volta coperti da adesivi politici. España di Nuno Nunes-Ferreia ci invita a “riflettere” sulle campagne politiche degli ultimi anni in Spagna. 30 specchi costituiscono un’opera di 250×240 cm alla Galeria Juan Silió di Santander.
Elettorale.
Nella stessa galleria Carlos Irijalba ci presenta una serie di piccoli carotaggi di fluorite restituiti su ripiani in alluminio. A metà strada tra scultura, architettura e design Pannotia (Fluor) dona una nuova immagine ad un materiale poco utilizzato in questi campi.
Furbo.
La grande scultura in legno policromo di oltre due metri campeggia al centro dello stand della Marlborough arrendendosi al cospetto dei visitatori. Non è l’unica opera del nuovo anno della galleria ma la sua presenza ha catalizzato tutti gli sguardi.
Imponente.
A mio personale giudizio l’opera più bella vista in Spagna. L’artista cubano Dagoberto Rodriguez posiziona 10 anfore reclinate al suolo con inseriti 10 razzi sempre in terracotta nello spazio della Galleria Peter Kilchmann, il titolo Ánforas III (7 bombs) lascia pensare che 3 di esse non sono bombe ma restano anfore.
Esplosiva.
Ariel Schlesinger con Untitled (Where the papers go to rest) I adagia risme di carta su sedute in legno, nello stesso stand di Gregor Podnar un meccanismo in legno e pulegge fa scorrere un foglio A4 all’infinito facendogli fare un salto all’esterno dello stand.
Geniale.
A un primo sguardo l’opera di Chiara Camoni, Sister, allo SpazioA di Pistoia fa pensare ad un’opera africana con un corpo interamente rivestito in monili, anzi il corpo è interamente costituito da monili e la disposizione ne fa intuire le forme.
Corporea.
In genere bisognerebbe chiudere un articolo con l’opera migliore. In questo caso no! Le cinque latte in legno laccato a colori di José Pedro Croft, Sin Título nello stand di Helga de Alvear di Madrid lascia senza parole per la sua semplice ovvietà.
Equilibrista.