ARCO Lisboa
Shepard Fairey
Shepard Fairey, Hope

Shepard Fairey – Obey

A partire da semplici manifesti che tappezzavano le città, Shepard Fairey è riuscito ad approdare sulla copertina del Time Magazine e all’interno di musei e gallerie d’arte.

La fama di un marchio come quello Obey deve molto alle giovani generazioni, che riconoscono in esso un modo per rientrare in un certo immaginario comune, definito da uno stile “streetwear”, legato dunque alla strada e soprattutto alla pratica dello skateboarding. Ciò che molti compratori e possessori probabilmente ignorano, però, è ciò che sta dietro queste quattro lettere, ovvero una cultura artistica vera e propria.

Shepard Fairey – classe 1970 – è uno tra i più influenti street artist contemporanei, nonché il fondatore di questo strumento per apparire alla moda. Con una laurea presso la Rhode Island School of Design, Fairey ha avviato la sua carriera quasi per gioco, con la creazione del famoso “Obey Giant”, che in realtà non doveva possedere alcun significato specifico, bensì suscitare una reazione nelle persone, le quali dovevano sentirsi invogliate a cercare autonomamente un possibile senso all’interno di quella immagine.
La svolta nella carriera dell’artista americano avvenne con il manifesto realizzato a sostegno della campagna elettorale di Barack Obama del 2008: un’azione prettamente artistica, non collegata direttamente al di lì a poco presidente degli Stati Uniti, che ebbe involontariamente un’eco talmente ampia da essere selezionata dal Time Magazine come copertina di un numero della rivista.

Dal messaggio di speranza di dodici anni fa, la figura di Shepard Fairey è riuscita a guadagnare una risonanza internazionale ulteriore, assicurando alle proprie opere d’arte un riconoscimento sempre maggiore, fino ad apparire nuovamente sulla copertina del Time per le elezioni americane dello scorso inizio novembre con un invito al voto.

In Italia, le opere di Shepard Fairey sono state esposte al pubblico nell’anno corrente presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma e Palazzo Ducale di Genova, per approdare ora alla Floris Art Gallery di Milano.
Nonostante la difficile situazione sanitaria che stiamo vivendo e l’impossibilità di ospitare dei veri e propri eventi espositivi, la galleria milanese guarda lo stesso al futuro proponendo nei propri spazi una selezione di opere dello street artist americano, alcune più datate, altre invece realizzate quest’anno.
Non magliette, non felpe, non capi di abbigliamento che camminano per strada, ma serigrafie e supporti dipinti a mano, le quali portano con sé una tradizione artistica che guarda alla Pop Art, alla riproduzione seriale di Andy Warhol, alla stilizzazione grafica fumettistica di Roy Lichtenstein, che parlano di questioni sociali e politiche, richiamando quasi le azioni di propaganda sovietiche, e al contempo le copertine delle edizioni anglosassoni di “1984” e “Animal Farm” di Orwell.
Non solo un marchio esposto nelle vetrine dei negozi, ma arte esposta nelle vetrine di musei e gallerie d’arte.

Floris Art Gallery
Viale Aretusa 30, 20147 Milano
https://www.florisartgallery.com/

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