In un mondo che sembra dilungarsi su un unico chiodo fisso, sempre più inesorabilmente – l’immagine – e in una società che sembra sempre più far caso a strumenti di sorveglianza dalle molteplici scopi e funzioni, Nick Veasey si diverte da anni a sfruttare la tecnologia utilizzando un mezzo semplice e commerciale – la radiografia. Ritornando a una specie di ‘albori della creazione’ – a una versione meramente ‘anatomica’ di ciò che ci circonda, inversamente proporzionale a quella alla quale siamo abituati, offre allo spetttatore un diversivo alla materialità, altamente affascinante. Scegliendo di rappresentare la realtà dalle radici della sua realizzazione, nelle opere di Veasey troviamo un’universo onesto e spiritoso, basato sull’eleganza della visione oggettiva.
Al secondo piano dell’Erarta, scopriamo le mille ossessioni dell’artista per l’ingenieria, gli oggetti di plastica, i fiori, e sopratutto, tanti esseri umani (riconoscibili o meno) radiografati a raggi x, che ci concedono una messinscena inquietante ed estrosa allo stesso tempo. È un viaggio che il fotografo descrive come ‘un’indagine forense come forma d’arte’ – dove una nuova ottica, normalmente sottointesa, viene sviscerata – regalandoci una bellezza ‘rinfrescata’ dai parametri odierni. L’artista utilizza raggi x, stampe reticolari, video e diasec per mostrarci personaggi che si animano sotto i nostri occhi in immagini sequenziali, lasciando trasparire movimenti in successione che a volte diventano chiaramente associati a personaggi iconici. Li scopriamo tutti grazie a dettagli inconfutabilii: Michael Jackson mentre esegue impeccabilmente il suo moonwalk; Indiana Jones scuotendo la frusta; e c’è anche Marilyn Monroe che fa volteggiare la sua gonna. Tra Slash che suona la chitarra ed Elvis al microfono, rintracciamo personaggi misteriosi, ignoti che vanno in motocicletta, leggono il giornale, semplicemente esistono cosi come sono.



L’apparenza e la realtà si sfidano in opere come Poison in My Purse (2019) e Chanel Packing Heat (2015), aggiungendo uno strato di assurdo alle ipotesi che quotidianamente influenzano i nostri giudizi – come credere che una borsetta di marca non possa contenere una pistola o essere di proprietà di un killer, gettando uno sguardo po’ politico ad un’opera che chiama in giudizio il secondo emendamento americano, le leggi sul porto d’armi e la tutela della privacy.
Abbracciando il concetto che ‘less is more’ e che l’essenziale possa talvolta risultare anche decisamente più istruttivo, gli oggetti ritratti invitano alla scoperta di una conoscenza rigenerata, nella pura semplicità della tecnica e dell’ingegno umano. Come in F-104 Starfighter (2016), dove le strutture nascoste di un aereo supersonico ampiamente utilizzato come cacciabombardiere durante la Guerra Fredda sono liberamente messe a nudo e condivise agli occhi dello sguardo popolare.
Nick ha iniziato a prendere gusto con la tecnica della radiografia lavorando in televisione, dopo che gli chiesero di radiografare alcune lattine di Pepsi per scoprire il vincitore di una campagna lanciata dall’omonima multinazionale. Dai coupon, alle scarpe da ginnastica, ha iniziato a focalizzarsi più o meno su tutto ciò che gli stava attorno: per arrivare alle icone del passato, il passo fu breve – ma intervallato da numerose ricerche e contatti con scienziati per migliorare la tecnica dei suoi esperimenti. Ora lavora in mutande di piombo, in uno studio costruito su blocchi di materiale chiamato lignacite, che assorbe le radiazioni e impedisce ai raggi-x di passare attraverso le pareti.
La mostra all’Erarta ci ricorda i passi da gigante che il mondo della tecnologia ha compiuto nell’ultimo secolo e la brillante fusione avvenuta con il mondo dell’arte (basti pensare ai lavori di Helmut Newton o Benedetta Bonichi). E che spesso la bellezza integrale è capace di aggiungere un particlare intrigo al familiare, rendendo l’ordinario un originale diversivo.