Nanda Vigo

Nanda Vigo al MACTE

Un importante progetto dedicato a una grande artista recentemente scomparsa, un’installazione affascinante fondata su un dialogo tra architettura e arti visive, un museo giovane che rappresenta una delle novità più interessanti nello scenario nazionale: il MACTE di Termoli, che ha da poco compiuto un anno, propone una mostra di Nanda Vigo (Milano 1936-2020), esponente del Gruppo Zero e una delle protagoniste del rinnovamento dell’arte italiana del secondo dopoguerra.

Il progetto, a cura di Laura Cherubini in collaborazione con l’Archivio Nanda Vigo, è stato inaugurato il 29 febbraio, poco prima del lockdown che ha interessato l’intero Paese e della dipartita dell’artista, scomparsa il 16 maggio, in questo drammatico anno di gravi perdite che hanno colpito il mondo dell’arte. 

Con l’esposizione dedicata a Vigo il MACTE, Museo d’Arte Contemporanea di Termoli, prosegue il lavoro di valorizzazione della sua importante raccolta attraverso progetti dedicati ai suoi maggiori artisti, in un progetto a lungo termine dedicato in particolare ai maestri alle avanguardie italiane tra gli anni Sessanta e Sessanta che costituiscono il nucleo centrale della sua collezione. 

Il museo, ottimamente organizzato dalla fondazione presieduta da Paolo De Matteis Larivera, è stato egregiamente condotto pro tempore da Laura Cherubini (una delle maggiori storiche dell’arte italiana che si è sviluppata dal secondo dopoguerra in poi) e sarà ora diretto dalla vincitrice del bando di selezione, Caterina Riva, che approda a Temoli dopo molte rilevanti esperienze internazionali. 

La mostra in corso è la conferma del ruolo chiave di Vigo nello sviluppo delle arti non solo in Italia, per la sua capacità di essere insieme artista visiva, designer e architetto, in un momento storico, tra anni Sessanta e Settanta, in cui l’Italia era al centro delle ricerche internazionali. 

L’evento di Termoli è del resto il proseguimento ideale della grande mostra antologica dedicata a Vigo lo scorso anno al Palazzo Reale di Milano (curata da Marco Meneguzzo) e aggiunge un apprezzabile tassello per riconsiderare questa artista nella complessità del suo contributo. 

Nanda Vigo, Sintagma. Foto Gino Di Paolo

Si parte così dall’opera Sintagma con cui Nanda Vigo vinse il Premio Termoli nel 1976, elemento chiave di una sorta di progetto sinfonico in cui tutti i lavori esposti formano una grande orchestra che avvolge il visitatore in una diffusa e totale armonia di strutture razionali e dove tutte le parti si connettono in un’inscindibile relazione linguistica e formale. 

In questo modo i Trigger of Space, gli innescatori di spazio realizzati a partire dagli anni Settanta e di cui fa parte anche Sintagma, rappresentano un ciclo di solenne potenza scultorea in cui la geometria ordina le variazioni di pulsazione luminosa e dove gli elementi si susseguono scandendo lo spazio con la forza sintetica della loro presenza tridimensionale. 

Questo ciclo si lega poi in modo coerente a Light Progressions, Trilogy: Omaggio a Gio Ponti, Lucio Fontana e Piero Manzoni (1993), opera in vetro e neon, dove Vigo celebra due amici e il proprio compagno attraverso le forme e lo splendore di una trinità laica che, nella sua scelta di riduzione e nella sua celebrazione di un medium immateriale come la luce, sembra scendere a ritroso fino alle sorgenti dell’astrazione geometrica e alla visione dell’assoluto di Kazimir Malevič. 

L’opera rappresenta una sfida ai limiti della percezione e ci immerge nelle modulazioni di nero e di rosso, nelle tenebre interrotte soltanto da elementi primari che si innestano in un’oscurità riscattata dalle forme cromatiche immaginate dall’artista. 

Foto Gino Di Paolo

Gli intrecci di questa grande installazione danno pertanto vita a un percorso speciale nello spazio, una sorta di grande opera ambientale unica, una lirica testimonianza di quelle ricerche sulla luce artificiale che rappresentano uno dei maggiori contributi dell’arte italiana alle indagini internazionali. 

Questo è accaduto anche grazie alle innovazioni dello stesso Fontana, partite da suggestioni futuriste e che hanno influenzato profondamente gli artisti come Vigo, capaci di trasformare l’idea integrata della sintonia tra l’opera d’arte e lo spazio che la ospita, rinnovato dalla presenza attiva dell’opera stessa, in quella linea internazionale che si è mossa in direzione dell’environment come esperienza immersiva che coinvolge lo spettatore e che si rinnova felicemente all’interno del MACTE. 

In questo senso si comprende pienamente il ruolo di ponte di Vigo nel contesto artistico italiano, nella sua polimorfica apertura a campi di interesse differenti ma che, in realtà, hanno reso possibile la complessità e la coerenza di un’artista che ha saputo sempre comporre le sue opere con uno sguardo lucido, rigoroso e poetico. 


Nanda Vigo
Light Project 2020
A cura di Laura Cherubini in collaborazione con Archivio Nanda Vigo

MACTE
Museo di Arte Contemporanea di Termoli 
Via Giappone | 86039 Termoli (CB)
T. +39 0875 808025 
info@fondazionemacte.com 
www.fondazionemacte.com
fino al 13 settembre