Il progetto di Fabio Imperiale nasce dall’esigenza di raccontare un momento storico, il nostro, in cui il tema della violenza sulle donne è più attuale che mai. Per fare ciò, Imperiale si muove tra il Lazio e la Lombardia, tra la Sicilia e la Toscana, fino alla residenza calabrese che rappresenta l’ultimo capitolo di un viaggio che lo porta ad incontrare una donna diversa per ogni regione italiana. Due anni e mezzo per un progetto che, spiegano Cristian Contini e Fulvio Granocchia della Cris Contini Contemporary, ha dovuto attraversare lunghi momenti di pausa dovuti alla crisi pandemica. È emblematico come la restituzione del lavoro di Imperiale avvenga proprio negli spazi di una Fondazione dedicata ad un’importantissima artista donna, Luciana Matalon, situata nel cuore di Milano e aperta al dialogo con il contemporaneo.
E la pratica artistica di Fabio Imperiale è più contemporanea che mai. Dalle prime rappresentazioni di folle anonime in paesaggi urbani movimentati, l’artista protagonista della personale milanese arriva a sviluppare una poetica che mette al centro il “femminile”, nelle sue diverse sfaccettature. Le opere in mostra alla Fondazione Matalon, venti grandi tavole sulle quali Imperiale appone cartoline, buste da lettera, mappe e manoscritti, sono state dipinte attraverso la diluizione di materiali inusuali quali caffè e bitume. Se il primo rimanda in un certo senso ad un’idea di naïve, naturale, facente parte della sfera del quotidiano, il secondo elemento è una miscela naturale o artificiale associabile alla profondità, a qualcosa che solitamente calpestiamo e che invece, per una volta, diviene il mezzo tramite cui luci e ombre si mescolano sui tasselli che compongono le opere. “Non c’è un motivo particolare per cui ho scelto questi materiali. L’idea di profondità mi affascina, ma direi che mi lascio guidare soprattutto dall’istinto” dichiara l’artista nel corso dell’opening della mostra. La curatrice Sandra Sanson vede nell’utilizzo del bitume una sorta di connessione tra superficie e profondità, in quello del caffè un richiamo alla semplicità, a quell’incontro quotidiano che caratterizza tutta la realizzazione del progetto di Imperiale.
Il percorso espositivo si apre con una grande tavolata ricca di lettere, libri, manoscritti, come a voler anticipare la ricerca che Imperiale sviluppa sulle proprie tavole. I ritratti delle donne che l’artista incontra nel corso delle sue residenze sono sfuggevoli, a tratti non sembra neanche di trovarsi di fronte a volti umani, quanto piuttosto a figure indefinite che si dissolvono tra i ricordi e le testimonianze che le lettere e le cartoline si portano dietro. Le donne raffigurate da Imperiale sono artiste, imprenditrici, pastore, portuali e tanto altro ancora. Insomma, l’artista mira anche a mostrare la disomogeneità tra le occupazioni e i sogni delle protagoniste, per mettere in luce un aspetto che nella società patriarcale che ancora oggi ci induce a interiorizzare preconcetti e stereotipi di genere non è ancora, purtroppo, chiaro a molti: le donne possono svolgere anche mansioni e compiti storicamente associati all’uomo.
Parità di genere ed empowerment femminile incontrano lo spinoso tema del traffico di umani e dell’immigrazione nel ritratto “Extra”, posizionato circa a metà percorso. Mentre le donne intervistate nel corso del viaggio lungo la penisola vengono definite “portatrici di una straordinaria normalità”, la protagonista di quest’ultimo lavoro, che si chiama Princess e che viene dalla Nigeria, racconta all’artista la sua terribile esperienza personale e le motivazioni che l’hanno spinta a fondare “Piam”, associazione che aiuta le donne a liberarsi dai trafficanti per intraprendere un cammino verso una vera integrazione. Tutte le storie raccontate da Fabio Imperiale nelle sue opere possono essere ascoltate in una serie di podcast che l’artista registra durante il suo cammino alla scoperta di queste donne straordinarie.
Un aspetto interessante è legato al titolo della mostra. I “Marginalia” fanno riferimento proprio a quegli appunti che gli scrittori dei testi antichi annotavano ai margini dei propri manoscritti. La stessa pratica viene utilizzata dall’artista romano che, a partire dalla prima residenza laziale, segna tutto quello che le donne condividono con lui mentre si trova a chiacchierare nelle loro case, cucine, camere da letto. Donne che incarnano il ruolo di guide e compagne di viaggio. Ogni tappa rappresenta un tassello imprescindibile per una ricerca in grado di sconfinare e superare i limiti personali, aiutando l’artista stesso a scavare dentro la propria interiorità. Un viaggio alla scoperta di sé oltre che di un mondo fatto di consapevolezza e responsabilità. E non fosse per la gentilezza con cui Imperiale è stato accolto di volta in volta nelle case delle donne coinvolte nel progetto, forse staremmo parlando di un lavoro che non avrebbe avuto lo stesso slancio, né una personalizzazione così d’impatto di ogni singolo ritratto da parte dell’artista.
Vera Agosti, che si è occupata della redazione dei testi critici, sottolinea lo stretto legame che esiste tra arte contemporanea e tematiche sociali. La scelta di organizzare la mostra nel mese dedicato all’eliminazione della violenza contro le donne – che si celebra proprio il 25 novembre – non è quindi casuale. Così come non lo è il coinvolgimento dell’associazione milanese “Scarpetta Rossa”, dal 2014 attiva nella prevenzione e nel supporto a donne che hanno subito violenze e maltrattamenti di tipo fisico o psicologico. Agosti e Sanson hanno lavorato a contatto con la Cris Contini Contemporary, che per prima ha creduto nel messaggio che Imperiale vuole lanciare al mondo dell’arte e non solo.
Marginalia resterà aperta fino al 1° dicembre 2023.