Gerhard Merz
Luke Morrison, Photo Booth. Ceravento, Pescara. Foto Iacopo Pasqui

Luke Morrison – Photo Booth

L’artista statunitense Luke Morrison, protagonista del primo esperimento di residenza artistica realizzato dalla galleria Ceravento di Pescara, conclude la sua esperienza italiana con una mostra presentata da Miriam Di Francesco, aperta fino al 29 marzo.

Entrando nella galleria si ha l’impressione che ad esporre siano due autori diversi per quanto difformi appaiono le opere esposte: una serie di dipinti di piccolo formato in cui prevalgono forme geometriche dai colori tenui tratti da una tavolozza limitata, quasi timidamente emergenti dalle pareti e una serie di immagini realizzate a inchiostro, di formato leggermente più grande, mono o bicromatiche, più decise ed auto-affermative. Questo primo sguardo genera, istintivo, il dubbio che non si tratti di una mostra personale. La visione delle singole opere e l’analisi delle due distinte tecniche operative, inducono a ragionare come se ad esporre siano effettivamente due artisti diversi: Luke, un giovane discreto, amante dei toni delicati e poco appariscenti, e MrMorrison, di tutt’altra indole: deciso, razionale, propositivo e disposto ad alzare i toni.

Luke andrebbe riconosciuta la paternità dei piccoli dipinti immersi in un’atmosfera di quotidiana normalità, raffiguranti singole figure intere (Officer from behind) o incomplete (Driver legs o Photo booth), scene private (Bedroom portrait) o luoghi pubblici affollati (Commuters), paesaggi urbani (Hills o Rain swarm).

Luke Morrison, Bedroom Portrait, 2023. 20,3×25,4cm

Sono scene descritte da forme geometriche semplici con inquadrature e prospettive atte a creare un’atmosfera tranquilla, familiare. Le figure, spesso solitarie, minuscole e perse nel contesto, altre volte più numerose e voluminose, sono descritte con tratti essenziali che ben esprimono il gesto e la postura pur lasciandole appena abbozzate fino a farle apparire anonime.

È semplice il gesto pittorico, essenziale e piatta la pennellata, modesta la tavolozza che risolve ogni dipinto con poche tinte delicate e ben accordate. Mai un’ombra che definisca il volume, mai una sfumatura, mai un acuto di colore.

Domina in ogni quadro un senso di calma piatta e affascinante monotonia, un contesto tranquillo nel quale si svolgono azioni e incontri tra persone comuni e “alla mano”, che si danno del “tu” e si chiamano per nome.

Non così pacatamente soft l’atmosfera delle altre opere realizzate a inchiostro che potremmo attribuire a MrMorrison. Contrariamente all’atteggiamento essenziale e restrittivo di Luke, egli adotta una tecnica minuziosa e rigorosa, opera con grande attenzione, cita i particolari e produce risultati inversi.

Le scene si svolgono ancora nell’intimità casalinga o nel contesto cittadino, le figure umane sono ancora indistinte nei tratti somatici ma più curate nell’abbigliamento, nelle pose. Il paesaggio è più definito, descritto con maggiori elementi. Tutto è “scritto” con un alfabeto di segni, punti e tratteggi sottilissimi, variamente organizzati e ripetuti, addossati, intrecciati, fino a tessere trame utili a illustrare gli oggetti, un alfabeto segnico impresso con densità variabile, calcolata per modulare il chiaroscuro dando forma, volume, profondità alla rappresentazione.

I colori degli inchiostri (nero, blu, rosso) forniscono immagini composte da molteplici variazioni e contrasti monocromatici oppure da combinazioni di tinte sovrapposte e da acuti cromatici che affermano ed esaltano il gradiente emotivo della narrazione.

La duplice fisionomia artistica di Luke Morrison offre una esperienza visiva interessante e suggestiva, in bilico tra sensazioni contrastanti. E vien da chiedersi se la doppia scelta tecnico-stilistica qui manifestata proseguirà parallelamente senza interferenze né contaminazioni, se una delle due prevarrà sull’altra, se lo sdoppiamento tra Luke e Mr. Morrison cesserà in un punto d’incontro, un punto di fuga verso nuove prospettive.