L’esposizione raccoglie fotografie, sculture e disegni realizzati nell’arco di circa un ventennio che declinano il tema del cibo. Fin dalla fine degli anni Sessanta, dimostrando di saper anticipare una delle tendenze dei giorni nostri, Testa si dedica a questo tema. Con l’immagine del cibo ha un rapporto giocoso, lo trasforma facendolo diventare scherzo e allo stesso tempo metafora visiva: “nel mio mestiere devo esaltare quotidianamente il cibo tra posate preziose, bocche avide, piatti scintillanti, ma a volte provo il desiderio di mollare tutto, stringere la mano al kitsch e interpretare spaghetti, frutta, prosciutto e uova in liberi e voluttuosi accostamenti e fare dell’arte visiva in cucina” (Armando Testa).
Armando Testa è stato una figura chiave di una generazione autorevole che ha creato in Italia un punto di contatto straordinario tra avanguardia e cultura popolare. Disegnatore e cartoonist, regista, pittore, scultore, architetto, Testa è tra i pionieri e i padri fondatori dell’advertising. Un “visualizzatore globale”, secondo la definizione riservatagli da Gillo Dorfles. Ironico e lungimirante, Testa si è distinto per il minimalismo del suo segno grafico, per l’immediatezza comunicativa delle sue tag-lines (le frasi brevi e dirette che richiamano sinteticamente la vocazione dell’azienda), per la capacità di interpretare in modo esemplare l’evoluzione della professione pubblicitaria in Italia e i mutamenti della società e dell’economia di una nazione che viveva il ‘miracolo’ del boom e la rivoluzione della televisione medium di massa.
L’indiscutibile qualità delle immagini pubblicitarie di Armando Testa è legata alla sua formazione e parallela attività di artista. In queste immagini ritroviamo forme, suggestioni e intuizioni dei grandi maestri del Novecento che l’artista-pubblicitario, con straordinaria capacità visionaria, reinterpreta dando vita ad un multiforme campionario di temi formali tradotti in una cifra stilistica assolutamente personale. Le sue invenzioni grafiche sono in diretto dialogo con le sperimentazioni condotte pochi anni prima dalle Avanguardie storiche (Astrattismo e Dadaismo) e anticipano o comunque affiancano la Pop Art, il Minimalismo, l’Arte Concettuale e persino alcune innovazioni artistiche sviluppatesi nel decennio dopo la sua morte.
Il titolo della mostra si ispira ad un saggio che Germano Celant scrive per il catalogo della retrospettiva che nel 1993 Palazzo Strozzi dedica all’artista: “Queste creature composte e sovrannaturali, come le sirene ed i centauri, gli servono per ammaliare od educare, ma anche per liberarsi dai vecchi codici e per sbarazzarsi di un ordine mummificato della comunicazione che, nel dopoguerra, con la grande diffusione del cinema e della televisione, doveva “riteatralizzarsi” per meravigliare e sedurre. (…) L’intrico di forze oscure e seducenti, consce ed inconsce sensuali ed intellettuali, capaci di sollecitare il desiderio del consumatore verso una reazione fisico/partecipativa, si basa sul piacere di divorare o ingoiare, eroticamente, il soggetto, pertanto Testa arriva ad “disegnare” i corpi di animali o di persone, le volumetrie di oggetti o le distese panoramiche dandogli la consistenza di cibi”.
Intorno alla metà degli anni Sessanta, Testa utilizzando la tecnica del fotocolor dà inizio a una ricerca artistica personale: crea una serie di copertine, fotografie e cartoline d’auguri in cui il soggetto rappresentato – il cibo – viene scomposto, analizzato e immerso, attraverso il fotomontaggio, in contesti anomali così da creare situazioni paradossali. A partire dalla celebre “Lampadina Limone” realizzata nel 1968, la fantasia di Testa ha approfondito tutte le inesauribili potenzialità di questo tema, arrivando persino a immaginare mortadella e prosciutto come perfetti panneggi scultorei. Tra queste si ricorda “La poltrona” di prosciutto realizzata nel 1978, ed anche “Invito al party” e “Tavolo con scarpine”(entrambe create nel 1980): la prima rappresenta della mortadella piegata a formare una busta per lettere, la seconda raffigura un tavolo coperto
da una tovaglia di mortadella accanto a un paio di scarpe con il tacco, riguardo a queste opere Testa afferma: “Quando ho realizzato la Poltrona di prosciutto ero veramente felice. Non solo perché era un’idea realmente originale, ma perché era sontuosa: l’idea di per sé stessa di avvolgersi in doppio petto nel prosciutto era proprio fisicamente nuova (…) Quel grasso unto del tavolo di mortadella che mi aggredisce è una nuova realtà che mi piace… penso che senso, che spessore avrebbe se gli posassi sopra le mani”.
Le fotografie di Armando Testa costruiscono dunque un mondo fantastico i cui panorami e soggetti sono composti interamente da sostanze alimentari: i ravioli sono cuscini su cui riposano due olive (Gli amanti), un uovo fritto è un’isola (Isola di Breakfast), un taglio di gorgonzola è una colonna architettonica erosa dalle venature verdi del tempo (Colonna di gorgonzola), forme di patate compongono divani (Industrial design), l’asparago è un mostro che divora la sedotta sprovveduta (Non ti fidar di un bacio a mezzanotte), Capri si trasforma in due frammenti di formaggio Parmigiano (Saluti da Capri).
Con i limoni parlanti intitolati “Espremiamoci di più” interviene inoltre la deformazione linguistica, la parola che raggiunge il suo doppio senso solo grazie a una forzatura. Un altro salto triplo si ha con la scultura “Stallone Sylvestre”, dove vorticano assieme i tratti che formano le immagini, come fossero pennellate (fagiolini), il soggetto ritratto (il cavallo stallone e selvatico), il titolo (che gioca sul nome di un attore che apparentemente non c’entra nulla).
“Le opere di Armando sono icone. Il dio rappresentato non è uno solo, può essere un prosciutto come un vermut, un detersivo o un pannolino. (…) Gli dei sono tanti, ma il culto è uno, solo quello dell’icona. L’icona della comunicazione, l’icona che è sempre stata il centro della comunicazione. Armando Testa non era interessato ai prodotti che con “spirito” geniale raffigurava, lui era interessato all’arte, a quei segni che attraverso gli altari (religiosi e non) della cultura occidentale avevano tracciato il divenire dell’arte, complesso, variegato e anche apparentemente contraddittorio. E vivere pacificamente il conflitto attuale tra un’arte per tutti e un’arte per l’arte” (Michelangelo Pistoletto).
ARMANDO TESTA
Le sirene di Armando Testa
Dall’11 luglio 2020, Via del Castello 11, 10-19, al 06 settembre 2020, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19 su appuntamento
Per garantire la massima sicurezza è necessario prenotare la vostra visita alla mostra: sangimignano@galleriacontinua.com
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