Adele Lotito
Adele Lotito, Infinito, 2021

Il linguaggio del fumo

La nuova personale di Adele Lotito, a Roma, presso Hyunnart Studio

Nella sua seconda mostra personale allo Hyunnart Studio – a cura di Mario De Candia – Adele Lotito aggiunge un tessera importante al mosaico della sua carriera, lunga e importante. Con i suoi “segnali di fumo” quest’artista romana, giunta nel pieno di una maturità felicemente produttiva,  ci segnala uno status esistenziale e artistico che – stavolta – appare fortemente condizionato dall’evento patogeno nel quale da due anni siamo immersi: la pandemia da Covid 19. Il fumo per quest’artista è la materia primordiale con cui si esprime, aprendo su di esso le lettere e i numeri di una riflessione sul logos. Una scelta di fondo che, attraverso forme le più varie e ancora numeri, lettere e incisioni tracciate sapientemente su supporti il più delle volte in alluminio, ci parla di un mondo in cui il pensiero logico, matematico, filosofico, musicale persino, è il vero protagonista.

Non vi è arte più felicemente concettuale di quella di questa artista. Capace di fondere con assoluta disinvoltura tre cose almeno. La prima è un’intenzionalità tutta italiana che attiene alla consistenza classica di un progetto. La seconda è l’attenzione al significato, all’idea, al logos appunto. La terza è la cura prestata alla morfologia del significante che finisce sempre per coincidere con la cifra estetica delle sue opere. Ed  ecco che, apparentemente senza sforzo, si dà la felice epifania dell’arte di Adele Lotito. Un’arte in cui concetto e manufatto coincidono. Dove le idee scorrono con la stessa facilità – frutto di anni di lavoro – con cui prendono vita le sue immagini. Solidità e leggerezza, forma e sostanza, pratica e teoria convivono nella ricerca ambiziosa di un’artista che seguiamo da anni e che ogni volta ci sorprende. 

Questa volta c’è un di più di pathos dettato dalla condizione di paura e sofferenza che tutti ci ha colto nella psiche e, in molti di noi, anche nel corpo. Infinito è l’opera che titola la mostra e se c’è un allusione in questo caso è alla smisurata superfice della nostra angoscia di fronte al sacrificio delle oltre centosessantamila persone, uccise dal virus solo in Italia. C’è poi Interior, una lunga mappa di oltre sei metri: un diario di bordo della pandemia, riprodotta graficamente: una sequela di giorni di solitudine profonda e di interrogazioni mai così frequenti e cupe. E infine le 11 magnifiche carte di Rebus, vecchie pagine tratte da una biblioteca sconosciuta, su cui l’artista traccia i numeri, le lettere e i tracciati dei suoi (e dei nostri) irrisolti enigmi. 

hyunnart studio
viale manzoni 85/87
00185 roma