Come spiegano Enrico Angelino ed Elisa Bonzano, direttori di Tempesta Gallery: “Il concetto polisemico di tempo perso esplorato da Borondo con questa mostra invita a riflettere non solo sulla natura effimera del tempo, ma anche sulla nostra relazione con il passato e il futuro.”
La mostra offre infatti una profonda esperienza sensoriale, che unisce pittura, scultura e musica. L’illuminazione e il sound design sono pensati da Francesco Venturino per ciascuno degli spazi espositivi.
Il bianco e nero che caratterizza l’opera di Gonzalo Borondo è illuminato, o forse sarebbe meglio dire acceso, dalle luci che dal giallo virano ai toni dell’arancio fino a raggiungere tonalità di rosso avvolgendo con il loro calore la stanza, lo spettatore e le opere esposte.
Nel secondo ambiente invece l’intensità della luce affievolisce fino a cadere nel buio, effetto che fa eco alla colonna sonora che risuona nell’ambiente.
Il progetto di mostra messo in scena da Borondo per Tempesta Gallery riflette sulla memoria mettendo in discussione uno dei suoi principali simboli, il monumento. Nello spazio espositivo figure statuarie si dissolvono, prendono fuoco, si sciolgono riportando alla memoria i numerosi atti di violenza che hanno investito la scultura pubblica negli ultimi anni.
Negli Stati Uniti ci sono migliaia di statue dedicate a figure leader dei confederati. Se ne contano quasi 2mila, anche se negli anni sono già state rimosse più di un centinaio di statue. Nel 2020, tra le altre, sono state abbattute a Minneapolis e vandalizzate a Boston e a Miami le statue che rappresentavano Cristoforo Colombo, simbolo per I manifestanti dei secoli di oppressione vissuti dalle popolazioni indigene dopo la scoperta dell’America.
In Belgio sono state vandalizzate le statue erette in onore di Leopoldo II, sovrano della colonizzazione africana a cui dobbiamo il genocidio del Congo, allora suo possedimento personale come racconta Joseph Conrad in Cuore di tenebra.
Nel 2021 in Spagna è stata rimossa l’ultima statua rimasta del dittatore Francisco Franco.
A Milano ogni anno si verificano casi di vandalismo alla statua di Indro Montanelli, storica penna del Corriere della Sera che durante gli anni ’30, arruolatosi come volontario in Etiopia, aveva comprato e avuto rapporti sessuali con una bambina di 12 anni.
In sala tutto sembra prendere fuoco, ardere, come in un violento processo di purificazione.
I simboli che abbiamo scelto con fallacia dimostrano in qualche modo il fallimento umano? Cosa possono significare oggi oltre alla smisurata hybris dell’uomo? Rinunciare ai simboli significa perdere il tempo? Oppure significa aver perso tempo?
Gonzalo Borondo abbatte i monumenti, condannati a perire e aspetta paziente la scalata di chi abiterà nuovamente i piedistalli, mettendo in discussione la solennità della memoria collettiva, ma anche l’utilità del fare tabula rasa per poi ricostruire.