Anzitutto, i titoli: devo chiamarti fotografo, artista digitale o semplicemente artista? Hai iniziato, se non sbaglio, dipingendo…
Presentarmi con uno di questi titoli mi ha sempre imbarazzato; penso che il mio lavoro li comprenda un po’ tutti e, al tempo stesso, nessuno di essi mi identifica con precisione. A volte è un bene non avere un’etichetta, tuttavia può rilevarsi controproducente quando incontri quelle realtà del mondo dell’arte molto settorializzate.
Ho iniziato dipingendo, ma non ci ho mai creduto sul serio; ero bravino a disegnare e probabilmente se ci avessi messo più impegno e studio, avrei ottenuto risultati più interessanti. È rimasto un passatempo giovanile, che ha comunque innestato in me la passione per le arti figurative.
Qual è il focus del tuo lavoro?
Mi concentro maggiormente sulla figura umana, spesso con interazioni di oggetti estrapolati dal loro contesto abituale. Alcuni definiscono il mio lavoro “esistenzialista” e non mi dispiace questa identificazione.
Come la tua ricerca si è evoluta nel corso negli anni?
Penso si sia evoluta a pari passo con la mia crescita di individuo. Nei primi anni ero esplosivo ed estremo, poi sono passato a una fase più tormentata e, infine, mi sono dedicato a immagini più minimaliste. Anche le idee espresse hanno seguito lo stesso processo e oggi mi piace mostrare opere più riflessive, che vanno indagate e ascoltate.
A parte la natura, che indaghi per diletto, il corpo è il tuo soggetto preferito: con le sue mille maschere e – unica costante – la sua prigione.
Sì, penso che questi temi mi terranno compagnia per sempre, poiché sono ossessionato dalle prigioni fisiche e mentali con cui si combatte quotidianamente. Le vedo, in generale, come la rappresentazione del fallimento nel trovare un significato assoluto, un tentativo inconscio di spiegare il vuoto esistenziale. Vuoto che non sono mai riuscito a colmare con una spiritualità di qualunque genere.
L’incomunicabilità, il travestimento, l’attrazione degli opposti sono punti fermi delle tue opere. Come si giunge a catturare l’essenza di un’immagine, il divenire di un’idea?
C’è sempre un misto di razionalità e di istinto in ciò che faccio. Progettare per mesi un’idea mi aiuta a preparare il terreno su cui poi, spesso, improvviso. Nel momento dello scatto ricerco un’immagine che rappresenti bene ciò che ho in testa; tuttavia, essendo la fotografia un mezzo che attinge dal reale, non sempre ciò che metto in scena si rivela adatto. È necessario che subentri un‘intuizione per capire come modificare la realtà e raggiungere lo scopo prefissato. Ritengo che sia questa la fase più complessa e impegnativa del mio lavoro, nonché quella con la maggiore percentuale di fallimento.
Le tue ultime foto mostrano ossa e cenere e, cosa che nei tuoi lavori precedenti avveniva raramente, volti addolorati: un patetismo ispirato dalle tragedie dei nostri tempi come il Covid e la guerra in Ucraina?
Sono immagini slegate dagli eventi contemporanei, anche se nate durante la pandemia da Covid; potrebbero adattarsi a molti temi, ma è sempre l’umanità, imprigionata nel corpo e nella mente, ad essere rappresentata.
Potresti ricostruire brevemente il tuo processo creativo?
Tutto parte con appunti di qualsiasi genere: foto, schizzi e testi. Appena ho qualche bozza pronta, realizzo dei set temporanei in studio, per sperimentare con la luce e capire meglio che stile adottare. Al tempo stesso, cerco di procurare gli oggetti di scena necessari per completare la mia idea. Una volta ottenuta una traccia ben definita di ciò che intendo fare, realizzo le scenografie di cui ho bisogno e inizio a scattare sul serio, valutando strada facendo se bisogna cambiare qualcosa o, addirittura, tornare indietro e rimettersi in discussione.
Tutti abbiamo dei maestri: chi sono i tuoi?
Al momento non ti so nominare dei punti di riferimento. In passato ho ammirato tanta gente, sarebbe davvero troppa da elencare; non so se definirli miei maestri o semplici infatuazioni. Mi vengono in mente alcuni nomi, come Rembrandt, Witkin, Tarkovskij, Lindbergh.
Che cosa pensi dell’arte italiana di oggi?
Continuo ad andare spesso alle mostre, a seguire alcuni autori, ma mi accorgo di essere distratto e superficiale, non solo nei confronti dell’arte italiana. Sono la persona meno adatta a fare un quadro della situazione.
A cosa ti stai dedicando, a cosa ti dedicherai?
Sto sperimentando con diversi set in studio, alla ricerca di quello definitivo per la prossima serie. Ho alcune idee che rielaboro da tempo ed è mia intenzione svilupparle con un progetto concreto e ben studiato già dai primi scatti, cercando di lasciare meno spazio all’improvvisazione.