L’opera site specific si inserisce perfettamente all’interno del progetto “Fabbrica della luce” che vuole essere luogo di convergenza di artisti legati alla light art in un dialogo efficace con gli spazi della storica Carminati-Toselli che produceva rotabili tranviari e ferroviari. Un esempio di archeologia industriale che costituisce un caso virtuoso di recupero di spazi destinati ad attività aggregative, di promozione di attività giovanili, gestiti dalla direzione cultura del Comune di Milano.
Pietro Pirelli continua nel suo dialogo con il suono e la luce e nel caso di “Fontana di sole” ha creato un idrofono, che funziona anche come una sorta di gnomone, che cattura i raggi solari e li restituisce in termini sonori e visivi. L’artista mantiene quel carattere esplorativo che è parte integrante del suo essere e che lo porta a non saziarsi mai di alcuna cosa, nella ricerca instancabile di un di più che è difficile misurare.
C’è comunque un altro aspetto del suo lavoro che, particolarmente nelle ultime installazioni, lo distingue: la capace di suscitare incanto e contemplazione in chi assiste alle sue performance al punto da rendere spiazzante l’esperienza del fruitore. Se le “Arpe di luce”, gli “Idrofoni”, o le sperimentazioni sonore con le sculture di Pinuccio Sciola concentravano lo sguardo sull’oggetto stesso, qui il raggio di azione si fa più ampio. È la dimostrazione di un dialogo aperto con il sole, quindi cosmologico, astrale, ma che si misura in primis con il tempo, con l’estrema variabilità delle luci e delle ombre, ovvero delle circostanze che generano soluzioni dettate anche dalla casualità. È quella serendipity che è compagna fedele dei ricercatori, di quelli che non si accontentano e non si danno tregua. La capacità intuitiva che accompagna la ricerca scientifica sostiene anche le ricerche dell’ambito creativo ed appartiene al metodo di Pietro Pirelli. La proiezione delle ombre portate sul piazzale, che anche di notte può raccogliere dei bagliori che non ne annullano l’efficacia, gioca con la superficie increspata della fontana producendo suoni inusitati.
Anche in assenza dell’artista la performance si attua in quanto vibra di sola proiezione luminosa, mentre il suono è sotteso. Il suono prodotto da Pietro Pirelli è primigenio, non ha corrispondenze con le note che scaturiscono dagli strumenti musicali consueti, si apparenta con Messiaen, o con la musica sperimentale elettronica. L’originalità delle sue opere consiste nella dimostrazione che il suono possa essere tradotto in forme. Si tratta pertanto di una esplorazione che implica necessariamente il coinvolgimento di figure professionali diverse, ingegneri, architetti, musicisti, ma che trova le sue origini storiche nel contesto del Bauhaus, in Kandiskij e in quella ricerca di corrispondenze tra forma e colore che ha una sua definizione ne “Lo spirituale dell’arte” ed è finalizzata a cercare una dimensione contemplativa in cui è possibile ascoltare il colore e dare una forma al suono.
L’evento installativo, sponsorizzata da Hearst, è stato curato da Gisella Gellini e Gaetano Corica.