Marco (I Mark) di Grazia Toderi
Sabato 7 dicembre, alle 18.00, in Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, si inaugura Marco (I Mark) di Grazia Toderi, un progetto del Museo Novecento a cura di Sergio Risaliti. L’opera è stata commissionata all’artista in occasione di «Moon-flight» Firenze Light Festival 2019. Il festival organizzato dal Comune di Firenze, che per un mese, a partire dall’8 dicembre, ridisegnerà il volto notturno della città. Grazia Toderi si caratterizza nel panorama internazionale per l’uso costante di tecniche contemporanee come la proiezione video, l’immagine fotografica e il disegno. Le sue proiezioni luminose di immagini notturne, spesso proiettate su grandi superfici, ricordano la pittura più che il cinema; non tanto per la qualità della riproduzione, o per la struttura iconografica, quanto piuttosto per la trasformazione del linguaggio visivo in immagine metafisica. Come ha scritto Edwin Hubble, “La storia dell’astronomia è una storia di orizzonti che arretrano”. Marco (I Mark), nome proprio di origine antica, rinvia al pianeta rosso, a Marte, al dio della guerra, equivalente di Ares, associato alle tempeste e ai fulmini. Così il titolo e il mirino ottico, presente nelle sette proiezioni video che campeggiano sulle pareti della Sala d’Arme, si spiegano a vicenda. Il colore rosso è quello di uno spettro luminoso innaturale, di tempesta e conflitto primordiale. Marco (I Mark) è anche la prima persona del verbo marcare, che ha come sinonimi i termini contrassegnare, evidenziare, seguire da vicino, bollare con un sigillo. Si dice infatti marcare stretto l’avversario. E “Marco” è anche il fratello dell’artista, agronomo, che le ha fornito le immagini con le quali è stata realizzata l’opera. Fratello e sorella hanno avviato, in occasione di questa nuova produzione, uno scambio di informazioni sulla terra, l’acqua e il fuoco, sull’aria e i venti, cioè sugli elementi. Il titolo è quindi una dedica riposta. In quest’opera la biografia individuale, i sentimenti famigliari si ancorano alla dimensione più vasta, illimitata, della vita nell’universo. In Marco (I Mark) un mirino si muove, ruota, scruta, insegue, cerca, si allontana, poi torna verso di noi. Qualcuno sta puntando l’obiettivo, forse per mettere a fuoco l’inquadratura e analizzare dati, alla ricerca di qualcosa, di un luogo ospitale, di presenze amiche o nemiche. Il mirino, in quel mondo apparentemente senza vita, è l’unica forma presente, appartiene al nostro linguaggio, si muove secondo un tempo che è il nostro. Mirare può essere sia un atto della osservazione e della conoscenza che un atto violento, bellico. Già nell’opera Empire (2002), Grazia Toderi aveva elaborato un mirino ottico, ponendolo su una delle prime immagini satellitari notturne e digitali della Terra, punteggiata nella notte dalle luci delle città e delle strade che le collegano. L’artista tentava inutilmente di trovare l’Empire State Building, da un punto di vista talmente alto che, invece di trovarlo, faceva sparire il famoso grattacielo, evidenziando al suo posto interi continenti. Un confronto diretto con il video omonimo di Andy Warhol del 1964, che riprendeva l’edificio in una ripresa fissa di otto ore.
Grazia Toderi è interessata alla trasformazione delle carte geografiche fin dalla realizzazione delle sue opere della fine degli anni ’80. All’interno di Palazzo Vecchio ha lavorato collegando idealmente la Sala d’Arme alla celebre Sala delle Carte Geografiche. Un incontro certo non casuale quello tra carte geografiche e armi. La Sala delle Carte Geografiche è un capolavoro della cartografia cinquecentesca; si resta increduli davanti a tale manufatto, alla maestria degli artisti cartografi Ignazio Danti e Stefano Bonsignori, per come siano riusciti a mappare i territori, città, regioni, nazioni e continenti, in modo estremamente dettagliato e preciso. Ci si chiede da quale altezza abbia potuto osservare il paesaggio terrestre, con quali mezzi e tecniche sia riuscito a darci una “fotografia” così corretta della terra con le conoscenze tecnologiche di allora. Le mappe possono essere onniscienti e per questo incantano chi le osserva. Quello che affascina è il loro potere comunicativo, le suggestioni che suscitano, il modo in cui plasmano il nostro sguardo trasportandolo dal piano orizzontale a quello verticale. Le sette proiezioni video sono in continuità con le carte geografiche conservate a Palazzo della Signoria, dove si sono decisi i destini di Firenze e della Toscana, dell’Umanesimo prima e del Rinascimento poi. Saloni che hanno frequentato figure quali Cosimo il Vecchio e Savonarola, Lorenzo il Magnifico e Cosimo I, artisti e scultori come Leonardo e Michelangelo, Bronzino e Vasari.
Sette è un numero speciale, significa molte cose, fa pensare alla Genesi, ai sette continenti, ai sette metalli, ai giorni della settimana. Ci ricorda come nello spazio e sulla terra tutto è connesso: la vita quotidiana, il destino, le regole cosmiche, le strutture musicali. L’agenda e la mappa, il calendario e il programma di volo interstellare. Un numero che mette in relazione l’uomo con l’astronomia e la cosmologia.
GRAZIA TODERI (Padova, 1963) L’artista si pone all’attenzione della critica in parte grazie alla partecipazione ad Aperto’93, alla XLV Biennale di Venezia del 1993. In quegli anni il suo microcosmo quotidiano diventa portatore del sentimento di una nuova generazione, cresciuta attraverso le immagini trasmesse dalla televisione. Nata nel ’63 e Prove per la luna, opere del 1996, raccontano l’emozione del primo sbarco sulla Luna, visto con gli occhi di chi lo ha seguito in diretta, mediato da uno schermo che ha unificato milioni di spettatori in tutto il mondo. Riflettendo sull’utilizzo di immagini provenienti da riprese già esistenti e dalle dinamiche dello spettacolo, Toderi ha lavorato su eventi televisivi, stadi, arene e teatri storici. La sua attenzione alla capacità divulgativa di questo mezzo e al suo ambiguo potenziale comunicativo sono evidenti in opere come Il decollo (1998), nella quale l’effigie, carpita sempre dal mondo televisivo, di uno stadio ripreso dall’alto, viene fatta ruotare lentamente. Un brusio di fondo e voci di cori accompagnano questo movimento. Grazia Toderi ha lavorato a vari progetti speciali come Il fiore delle 1001 notte (1998), dedicato al libro Arabian Nights e a Pier Paolo Pasolini, con il quale alla Biennale di Venezia del 1999 è tra le vincitrici del Leone d’Oro. In opere come Eclissi (1999), Random (2001) o Semper eadem (2004), l’audience diventa occasione per una riflessione sul rapporto tra contenitore e contenuto, fruizione e fruitore, in un gioco delle parti che alla fine rende protagonista il pubblico. Dal 2000 ha iniziato a realizzare una serie di video che, servendosi di immagini aeree geografiche o militari, ricreano visioni notturne di città e continenti con un punto di vista completamente differente da quello usuale. Città e mappe continuamente si trasformano e cambiano, strato su strato. E l’artista, pensando a Le città invisibili di Italo Calvino, le concepisce nelle sue opere come rispecchiamento tra cielo e terra. La serie dei suoi lavori Orbite rosse (2009) o Atlante (2010) sono un omaggio sia all’antica tradizione della mappatura celeste e terrestre che al planisfero. E alle orbite dei nostri occhi, strumenti ottici che conducono le immagini alla nostra testa-mondo.
Per l’occasione è stato realizzato un libro con testi in italiano e inglese.
Con il supporto della Galleria Poggiali, Firenze
Sala d’Arme, Palazzo Vecchio
Piazza della Signoria, Firenze
8 dicembre 2019 – 6 gennaio 2020
Info: MUS.E
Tel. +39 055 2768224 – +39 055 2768558
Da lunedì al venerdì 15.00 – 20.00
Sabato e domenica 10.00 – 20.00
Ingresso libero