
Artan (Shalsi) – 2% immanenza | impermanenza
Inaugura venerdì 17 novembre 2023, negli spazi della Galleria Niccoli di Parma, la mostra di Artan (Shalsi) dal titolo 2% immanenza | impermanenza.
La recente produzione dell’artista, giunto alla seconda mostra personale in galleria, è dedicata al rapporto tra immagine, superficie e percezione, in un’indagine che esplora la profonda implicazione – emotiva e cognitiva – nei confronti dell’icona, del ritratto, del volto. Cinque opere di grandi dimensioni sospese nello spazio a poca distanza dalle pareti; dall’apparente uniformità e dal candore delle campiture emergono, appena percettibili, le sembianze di soggetti in posa immobile: la fissità dello sguardo, la gravità dei volti, l’abisso di una remota distanza li colloca entro uno spazio sospeso tra apparizione e scomparsa.
Ogni opera è il frutto di un processo esecutivo elaborato, tra la pittura, la scultura e la fotografia. Alla sovrapposizione di pellicole trasparenti e bianche, poste su pannelli di plexiglas finemente carteggiati, segue l’ulteriore supporto di dibond in alluminio, in una progressiva alternanza tra la trasparenza evanescente dell’immagine – i volti impressi a stampa al 2%, da cui il titolo dell’intera mostra – e la materialità compatta dei sostegni. Tutto invita all’esercizio dell’osservazione, reificando la cercata epifania di queste apparizioni dall’origine incerta, capaci di produrre il sottile paradosso tra immanenza e impermanenza, freddezza e intimità.
La secolare tradizione dell’icona bizantina – cui l’artista sembra rivolgersi, attingendo a un immaginario che risale ai tempi dell’infanzia e ai topoi iconografici delle tavole sacre della sua terra di origine (Berat, a sud della penisola balcanica) – incontra quella arcaica, preclassica, della ritrattistica egiziana nel Medio regno, specie la singolare produzione di Al-Fayyum e delle aree dell’Egitto greco-romano: volti idealizzati, di età indefinita e senza tratti individuali, ad un tempo realistici e chimerici. Persino la tecnica è per Artan una rivelazione: l’antico ricorso alle concrezioni dell’encausto in cera d’api metteva in risalto le texture e i volumi, l’intensità e la tattilità della percezione; un aspetto che l’artista rielabora per mezzo di abrasioni che scavano e consumano la pelle artificiale delle tavole.
Così come vi è una luce sul verso di ogni opera, un rosso lieve, esausto, appena un’aura. È il riverbero di una campitura pittorica in carminio che ricopre il fondo di ogni opera e che, per effetto della sospensione a soffitto, emana il suo riflesso nello spazio circostante. Ancora una volta, l’antica, preziosa ricchezza delle icone riemerge in un segreto e invisibile mistero di trascendenza e lontananza.
A questa esigenza di inseguire il silenzioso enigma dell’immagine, Artan giunge per via di sottrazione, fuggendo dall’intensità retorica e ipertrofica della comunicazione e dallo stordimento dell’icona contemporanea. Una via per levare, un’azione che stempera ogni urlata presenza nel fondo lattiginoso e indistinto di un bianco purissimo.
Il pensiero danza velocemente in un’imperscrutabile zona dell’animo; ci condiziona e definisce ogni nostra mossa; ogni esito del nostro vivere è e resta frutto di un flusso di energie invisibili che esercitano un costante controllo sulla nostra esistenza. Artan (Shalsi) raccoglie questo atemporale e incessante vortice di impermanente divenire e ce lo offre con la spontaneità del suo gesto: la rarefazione estrema cui tende con ogni sua opera dichiara l’organicità dell’umano e la rilancia oltre la natura, oltre il tempo e oltre lo spazio per sospenderla nella rarefazione di un assoluto mai completamente definibile e per questo infinito.
La forma rigida e il materiale duro delle opere scultoreo-installative e la pittura esercitata al massimo grado della sua razionalità ermetica si adattano e si concedono alla grazia di una coreografia in cui il di-segno di un progetto razionale si assottiglia fino a rarefarsi per ritrovare la sua nuova anima e la sua essenza assertiva nella puntuale leggerezza del movimento: danzano le superfici di (Shalsi) per staccare la tangibilità architettonica dalla fisicità contingente avvicinandola alla libertà espressiva del pensiero.
In questo passaggio, dove l’universo sconfinato delle idee s’incontra – e attiva scambi – con il mondo reale e con tutte le sue “spigolosità” presenti, il suo atteggiamento minimale ci sorprende e ci coglie quasi in fallo, ci desta dall’equivoco della sua fredda sembianza per riportarci nel pieno di un flusso di energie che avvolgono la nostra intuizione e la rimandano ad altri territori, ad altri orizzonti immaginativi.
Nato a Berat (Albania) nel 1970, Artan vive e lavora in Italia da quasi vent’anni. Dopo i primi successi espositivi nella madrepatria, nel 2006 inizia la collaborazione con la Galleria d’Arte Niccoli, con cui espone numerose volte nelle più prestigiose fiere italiane ed entra nelle grandi collezioni internazionali, come nel caso della sua opera collocata nel Parco Sculture della Fundacion “Pablo Atchugarry” in Uruguay, nel 2009. Partecipa nel 2021 al Padiglione Italia all’interno della 17. Biennale di Venezia di Architettura, con il progetto Buonanotte Contemporanea, un’installazione site-specific realizzata per l’omonimo evento di Montebello sul Sangro (CH) l’anno precedente.
ARTAN (SHALSI)
2% immanenza | impermanenza
A cura di Roberto Lacarbonara
Dal 17 novembre 2023 al 14 febbraio 2024
Inaugurazione: Venerdì 17 novembre 2023, ore 18.00
Galleria d’arte Niccoli, Borgo Bruno Longhi 6, 43121 Parma
Orario: lunedì mercoledì 9-12.30 / 15-18 | martedì giovedì venerdì 9-12.30 | sabato su appuntamento