ARCO Lisboa
Enzo Cucchi, Senza Titolo, 1978. Olio su tela e ceramica, tela 150x104 cm, ceramica 250 cm Collezione Privata courtesy Rizziero Arte. Foto Roberto Sala

Enzo Cucchi, La mostra

Enzo Cucchi, La mostra, a cura di Ilaria Bernardi, è stata inaugurata il 22 luglio a Palazzo Clemente a Castelbasso (Te)

La mostra, organizzata dalla Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture, che quest’anno occuperà gli spazi del Palazzo Clemente, situato nell’incantevole borgo medievale di Castelbasso, desidera rendere omaggio a uno dei più importanti artisti italiani: Enzo Cucchi. Nato a Morro d’Alba (Ancona) nel 1949.

Enzo Cucchi ha esordito alla fine degli anni Settanta con un lavoro pittorico che è riuscito in pochi anni a imporsi sulla scena artistica internazionale ed è tra gli artisti inclusi da Achille Bonito Oliva nel movimento della Transavanguardia.

La sua ricerca ha inaugurato le tendenze espressive più tipiche degli anni Ottanta, sorte quasi contemporaneamente in Europa e negli Stati Uniti.

Cucchi ha concepito la mostra per Palazzo De Sanctis a Castelbasso come un excursus nella sua produzione pittorica e disegnativa degli ultimi dieci anni, finora ancora poco indagata.

La mostra si snoda sui tre piani del Palazzo.

Al piano terra i visitatori sono accolti dall’unica opera scultorea in mostra, Mirare (2016), nella quale un cavo d’acciaio appeso tra due pareti trafigge la nuca di una testa in bronzo e fuoriesce dalla sua bocca. Grazie al titolo, nonché tramite i due occhi ‘spalancati’ nel bronzo, la scultura evoca il duplice atto che sta alla base di qualsiasi mostra: il mirare da parte dell’artista a una visione per materializzarla in un’opera, e il contemplare quell’opera da parte dello spettatore, una volta realizzata ed esposta.

Nella sala attigua, ci accoglie un altro occhio, questa volta dipinto su una grande tavola unita ad applicazioni in ceramica (Coda, 2021), analoga per tecnica all’opera La quadra (2021) posta di fronte che mostra uno scheletro umano, a pendant dei teschi delineati sui due stendardi Senza titolo vicini.

Nella terza sala del piano terra, il Senza titolo del 1978 rende omaggio agli inizi del percorso di Cucchi attraverso un’opera in cui pittura, scultura e ceramica si fondono in un unicum

Alla fine delle scale che collegano il piano terra con il primo piano, uno schermo proietta Cucchi a passo uno (2012): un viaggio visionario in stop-motion intorno all’opera dell’artista, prodotto e animato con la tecnica della claymation, diretto da Maurizio Finotto e realizzato in collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Da qui si accede alle sale del primo piano che delineano un percorso attraverso quattro delle più ricorrenti tematiche del lavoro di Cucchi: la morte, sottesa da tre opere attraverso il motivo iconografico dello scheletro e del teschio (La vita morta, 2021; Lumare, 2015; Stimmata, 2018); il paesaggio dall’atmosfera onirica ed enigmatica evocato da tre dipinti (Atto, 2016, e due Senza titolo, rispettivamente del 2013 e 2017); la possibile tridimensionalità della pittura sviluppata attraverso quattro piccoli dipinti recanti innesti materico-scultorei (Orientato a primavera, 2016; Scimmiottare, 2021; e due Senza titolo, rispettivamente del 2018 e 2021); infine, il segno, sviluppato attraverso una immaginaria “Cattedrale” costituita da numerosi disegni su carta, sul modello di quanto fatto in occasione della mostra personale del 1993, curata da Ida Gianelli e Giorgio Verzotti, al Castello di Rivoli museo d’Arte contemporanea. 

Al termine della visione della “Cattedrale”, nell’altra metà della sala il pubblico è chiamato a cimentarsi con la versione digitale dell’archivio dell’artista sottoforma di videogioco esplorativo in soggettiva diviso in dieci livelli, corrispondenti a luoghi digitali da esplorare, creati a partire dalle opere dell’artista stesso. Dal titolo Cuccchi, è stato realizzato nel 2021 da Alessandro Cucchi, Julián Palacios e Fantastico Studio e disponibile per pc, console PlayStation, Xbox e Nintendo Switch, online e anche come App per telefonini.

Dopo aver fatto cenno al percorso dell’artista tramite il videogioco e l’opera del 1978 al primo piano, e dopo aver delineato quattro possibili fili rossi del suo lavoro al secondo piano, la mostra, all’ultimo piano, rende omaggio alla grande potenza visiva e ambientale del segno di Cucchi, presentando cinque dipinti dalle dimensioni monumentali (Quadro sfinito post-pop 2021; Giostra magica, 2021; Fiore, 2021; La prima luna, 2022) uniti a una piccolissima scultura in bronzo che saluta il visitatore al termine della mostra sbucando da una nicchia scavata nella parete.

La curatrice della mostra è Ilaria Bernardi, storica dell’arte e curatrice; la sua ricerca scientifica e curatoriale si focalizza principalmente su tre ambiti specifici: L’arte italiana dagli anni Sessanta fino ad oggi; le ricerche artistiche internazionali legate a temi sociali tra cui la condizione femminile, l’ecologia, le minoranze, le comunità, lo scambio interculturale e gli archivi d’artista dal punto di vista sia concettuale sia pratico.

Nel testo di introduzione del libro d’artista edito per l’occasione della mostra dalla Fondazione Malvina Menegaz (VIAINDUSTRIAE, Foligno 2023, pp. 128, ill.) scrive:

“La meraviglia provocata da un segno. Così potremmo definire il lavoro di Cucchi che nel segno trova la propria ragion d’essere nonché la fonte prima di emozione. Si tratta di un segno che sovente prende la forma di teschio o di fuoco fatuo; talvolta di animale o di creatura umana ingigantita, rimpicciolita, stilizzata, oppure ridotta a specifiche parti anatomiche; altresì di zona d’ombra o di paesaggio collinare privato delle tradizionali coordinate spazio-temporali e pertanto disorientante, onirico. Tuttavia, il suo segno non è un racconto, né un’illustrazione, né una descrizione: non è sogno, ma tautologicamente solo e soltanto segno”.

L’opera di Cucchi nella sua vastità intellettuale e poetica spera di lasciare, appunto, un segno nel visitatore della mostra, un tassello importante nel futuro dell’arte contemporanea. Studiando e osservando il lavoro di un’artista che ha formato le nuove generazioni.

Fino al 27 agosto 2023.


Questo articolo è apparso su Segno d’Abruzzo 2023, supplemento del numero 291 della rivista Segno

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