Le Affinità di Confine: Architetture tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia è curata da Luka Skansi e Paolo Nicoloso, con ideazione di Guido Comis, e presenta gli scatti penetranti di Roberto Conte e Miran Kambič. L’intento della rassegna non è fornire un compendio esaustivo, ma stimolare un dialogo dinamico tra edifici emblematici situati su entrambe le sponde del confine. L’obiettivo è far emergere le risonanze, le divergenze e le contaminazioni che hanno plasmato il peculiare paesaggio architettonico di questa regione. Il fulcro concettuale della mostra risiede nell’adozione del metodo del dittico, che giustappone oltre cinquanta coppie di architetture erette in Italia e Slovenia. Questi accostamenti sono meticolosamente raggruppati per epoca, funzione o tematica, consentendo al visitatore di cogliere le sottili nuance e le sorprendenti risonanze tra architetture apparentemente disgiunte. Dalle influenze austro-ungariche ai fermenti modernisti, dai regionalismi alle espressioni del socialismo jugoslavo, fino alle tendenze più contemporanee, la mostra evidenzia la permeabilità dei confini culturali e la ricchezza delle influenze transnazionali. La dialettica intrinseca tra edifici “gemelli” per funzione seppure distinti per linguaggio formale, ideologia o contesto, costituisce un esercizio critico e visivo ulteriormente potenziato dallo sguardo sagace dei fotografi. Roberto Conte e Miran Kambič, maestri nel restituire la complessità dello spazio edificato, non si limitano a catturare il contesto urbano, ma ne disvelano anche il dettaglio materico, trasformando ciascun dittico in un profondo dialogo visivo.

Il percorso espositivo si snoda attraverso tre momenti cruciali della storia regionale: gli anni immediatamente successivi alla Prima Guerra Mondiale, il periodo interbellico e i decenni che, a partire dal secondo dopoguerra, si estendono fino alla caduta del Muro di Berlino e alla costituzione della Repubblica Slovena. Questa scansione temporale permette di apprezzare l’evoluzione delle morfologie e delle funzioni architettoniche in risposta a profondi mutamenti politici e sociali. L’architettura è riaffermata non solo come mero documento storico, ma come “fatto vivo”, capace di incidere profondamente sul paesaggio e sulla coscienza collettiva. La mostra invita a una riflessione approfondita sul costruito quale testimonianza tangibile di convivenze, tensioni e identità comuni. I fotografi, in questa prospettiva, sono stati sollecitati a “ripensare i punti di vista nella prospettiva del confronto”, privilegiando il dialogo visivo rispetto all’esclusività di una singola inquadratura.
La mostra propone di gettare una nuova luce sulle intricate relazioni architettoniche che hanno caratterizzato due territori storicamente interconnessi, sebbene divisi da confini spesso mutevoli. In questo contesto, Trieste si conferma un crocevia fondamentale, un vero e proprio punto d’incontro tra l’Occidente e i Balcani nel corso dei secoli, un vivace melting pot culturale, dove le influenze architettoniche provenienti dall’Europa centrale e occidentale si sono fuse con quelle balcaniche.