Esiste un culto antichissimo correlato all’acqua e un’artista che dell’acqua ha fatto il suo centro di indagine. L’esperienza che Daniela d’Arielli ha mostrato al pubblico è l’atto conclusivo o meglio il punto tessuto finora di un lavoro iniziato nel 2021 durante il Covid, quando è entrata in possesso delle carte idrografiche e di antichi libri legati ai riti e al folclore d’Abruzzo, sua terra di origine. In quel periodo l’artista, che fluttua da sempre tra fotografia, pittura e installazione, notata da Nicolas Bourriaud già nel 2006, riflettendo sul senso dell’acqua e la relazione con la tradizione inizia a sperimentare la tecnica del ricamo per applicarla alla visualizzazione non più pittorica, com’era stato in passato, dell’acqua ma sotto forma di ramificati intrecci sottolineati dal filo rosso o nero e che descrivono i fiumi, i laghi e il mare d’Abruzzo.
Nasce così un progetto che è dedica d’amore al suo territorio e lungo oggetto di ricerca, la cui prima restituzione è stata nel 2022 la mostra A cquá, Qui, In questo luogo. Daniela d’Arielli sul filo di Antonio De Nino realizzata, non a caso, al Museo delle Genti d’Abruzzo, dove Daniela ha steso ottanta metri di tessuto tradizionale ricamato con i testi del noto antropologo, rievocato attraverso una serie di rappresentazioni performative e musicali eseguite da interpreti tutte femminili, in diretta connessione con il fiume Pescara proprio di fronte al Museo. Allo stesso modo e.r.c.o.l.ae nasce da un cerchio di donne, un progetto complesso e multivocale che, come il semidio dal quale prende il nome, si manifesta attraverso diversi media. È un esperimento di arte digitale sui social, videoarte, performance dal vivo, installazione site specific.
Attingendo all’ambito mitologico, dopo una serie di accurati studi, Daniela rievoca un antico culto dell’acqua ormai dimenticato che, inizialmente legato a divinità femminili, si è cristallizzato nelle figure di Ercole Curino o Quirino poi soppiantato dall’Arcangelo Michele, lasciando in Italia e in Abruzzo il suo tratto attraverso fonti e reperti archeologici noti e dando il via all’ispirazione dell’artista. La figura di Ercole, protettore dei tratturi e venerato nei boschi e sulle alture, è lo spunto ideale per una riflessione sulla validità della mitologia ai giorni nostri, sul valore dell’acqua che sottende al lavoro di Daniela ma soprattutto sulla necessità di perpetrare memoria, non perdere il filo della tradizione, custodire il passato di un luogo speciale come il paesaggio abruzzese, fatto di montagne e mare. La prima cosa che si coglie è la rilettura sensibile e femminile dell’eroe, spogliato dalle sovrastrutture eteropatriarcali e rivisitato attraverso diciotto video usciti in anteprima su Instagram, montati insieme ad Alessandra Sanvito, visibili in un film unico in occasione della mostra e con i testi del mito, rieditati in forma poetica autonoma da Mariagiorgia Ulbar e poi ricamati da Daniela su diciotto tele di lino: “In fact, by re-energizing this story through dense lines, powerful gestures, hands interrogating landscapes, vibrating, electric sound, and magical objects – an elastic, unusual collective conversation that frees the myth from its traditional machoistic encrustations – d’Arielli also interestingly localizes it: she grounds it in this particular region of Abruzzo, existing as an ear-shaped stretch of land in the centre of the Italian peninsula and simultaneously cut off from it by its majestic mountains into a remote place, or a paradoxical ‘margin at the centre’”, scrive Mara Mattoscio, che interpreta la voce inglese di e.r.c.o.l.ae.
D’Arielli si fa sacerdotessa di un culto contemporaneo in cui si celebra la forza creatrice femminile, in grado di sovvertire l’immagine forzuta e machista di un mito sfruttato dal patriarcato che invece altro non rappresenta, in maniera sublime, le difficoltà della vita umana e la sofferenza delle prove che essa stessa ci infigge quotidianamente. Il viaggio di e.r.c.o.l.ae, che nasce dalla rilettura dei testi di Ovidio e Robert Graves per poi svilupparsi nella ricerca e documentazione delle fonti presenti sul territorio, ripercorrendo i corsi d’acqua d’Abruzzo si spinge a riflettere sul valore del nostro paesaggio, della terra, delle origini, quale corpo madre sul quale siamo chiamati a nascere, vivere e lottare.
Daniela ha rinvenuto i luoghi del culto, raccolto e conservato le loro acque e forgiato delle ceramiche per contenerle. Il giorno di San Michele ne ha fatto una performance, trasportandole lungo il percorso che discende attraverso i terreni di Pollinaria fino a un altare costruito per l’occasione. Lì, in un atto privato, le ha riunite insieme, dispiegando il capitolo finale della storia di Ercolae, che non muore ma vive nel potere dell’immaginazione e del suo stupore, “ciò che, quando, per forza di cose, si esce dal magico del mondo preverbale, dell’infanzia che non conosce la scrittura, ci è dato per poterci rappresentare il mondo, per poter ambire a rispondere all’unico richiamo d’immortalità che l’esistenza concede”, scrive Ulbar. Quello stesso stupore di ritrovarsi partecipi di un rito collettivo, come Gaetano Carboni ci ha insegnato con il suo avvicendarsi di mostre dedicate agli Equinozi e ai Solstizi, i momenti dell’anno che una volta scandivano i tempi agricoli, in cui e.r.c.o.l.ae si inserisce.
Nel video, oltre alla terra d’Abruzzo e al cielo, protagoniste sono le mani intente in azioni creative; sulla cartina d’Abruzzo i punti delle fonti dedicate a Ercolae diventano stelle e i corsi d’acqua, in un rimando chiromantico, le linee della mano. A ogni luogo del culto è associato un guanto ricamato, a simbolo della manualità creatrice, tipicamente femminile, e rimando a un’antica pratica divinatoria. La chiromanzia indica le origini e sottende alla capacità immaginativa: l’energia creatrice e il sogno sono il messaggio ultimo che e.r.c.o.l.ae ci consegna (“È attraverso la creatività che generiamo delle possibilità. Ciò che resta, ciò che non muore, è l’immaginazione”, si legge nel testo di presentazione), in quel viaggio potente e intenso che si compie nel film, attraverso l’interpretazione poetica di Ulbar (che riesuma diverse figure secondarie della storia, come i cavalli di Diomede e la regina delle Amazzoni Ippolita), narrata dalla doppia voce di Mara Mattoscio in inglese (dalle traduzioni di Will Schutt) e Francesca Camilla D’Amico in italiano e dialetto abruzzese, unita alle magistrali composizioni inedite della musicista e sound designer Flavia Massimo e alle riprese di d’Arielli di luoghi e gesti, visualizzazione delle fatiche di Ercolae attraverso quel fare manuale che l’artista esprime perfettamente nella metascrittura dei suoi ricami.
In un intreccio femminile e plurale e.r.c.o.l.ae rivivifica il mito in chiave contemporanea, eterna, valida ai giorni nostri, invitando a integrare, rivisitandola, la forza e l’audacia dell’eroe maschile e a comprendere che, per quanto si possa soffrire e cadere davanti agli ostacoli e alle fatiche della vita, c’è un qualcosa di più ampio al quale aggrapparci: la percezione mistica di un sapere arcaico, composto da una moltitudine di voci, gesti e archetipi primordiali legati alla terra pronto ad accompagnarci e a sostenerci, come le forti radici di quel luogo antico nello spazio e nel tempo da cui veniamo e dove vorremo infine sempre tornare.
E.r.c.o.l.ae tornerà visibile in video all’Abbazia di San Clemente a Casauria, nell’ambito della rassegna INSULA, il 23 novembre dalle 17 a ingresso gratuito e il 29 dicembre a Pollinaria nella versione integrale della mostra.