Cristina Acidini
Cristina Acidini sovrintendente polo museale fiorentino Foto Moggi Gianluca/NEWPRESSPHOTO

Cristina Acidini e l’eredità dell’Accademia delle Arti e del Disegno

Occhi verdi come un sottobosco, sorridente e cordiale, attenta, precisa, amata, rispettata, forse temuta ma anche generosa, lo sguardo diretto, il parlare coinvolgente, Cristina Acidini è da qualche anno al timone della prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno.

Ne auspicò l’elezione allora lo stesso presidente, l’Arch. Prof Luigi Zangheri che sapeva bene che sarebbe stata una fortuna averla alla guida di questa preziosa quanto delicata struttura di saperi. L’Accademia fondata nel 1563 da Cosimo I, voluta da Giorgio Vasari, è la più antica d’Europa ed ebbe come primo accademico Michelangelo.  

Arduo presentare Cristina Acidini in poche righe.  La nostra presidente, conseguita la laurea nella sua amata Firenze come storico dell’arte, si sposta subito a New York come Visiting Professor all’Università SUNY Plattsburgh. Entrerà poi giovanissima nell’organico del MIBACT. Da allora si susseguono incarichi e riconoscimenti, unitamente alle grandi responsabilità e ai rischi ad esse connaturati, di fronte ai quali non arretrerà mai. 

Accetta la Soprintendenza Vicaria alla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Firenze a cui fa seguito la Soprintendenza dell’Opificio delle Pietre Dure. Succederà ad Antonio Paolucci poi direttore dei Musei Vaticani, come Soprintendente del Polo Museale di Firenze, una soprintendenza speciale riorganizzata nel 2014. 

Dalla filosofia alla pratica il suo è un unico percorso ricco di sfaccettature diverse. L’essere autore di saggi e articoli, oltre a due romanzi, non le ha impedito di attendere a impegnativi cantieri di restauri, alla progettazione e relativa curatela di mostre di altissimo livello. 

La più recente una pietra miliare nell’iconografia di Michelangelo, è quella ora “in cartellone” a Palazzo Ducale a Genova che, se pur chiusa a periodi per i noti motivi, sarà aperta fino a maggio. 

È una fortuna poterla ascoltare perché la sua profonda cultura e il carattere generoso la portano ad esprimersi in modo semplice e chiaro, e le chiediamo allora: 

Cosa comporta essere presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno e come mai ci sono due accademie a Firenze?

Mi piace anzitutto soffermarmi su una curiosità: a Firenze sono ben tre le istituzioni che portano nel nome “Accademia”. La prima e più antica è quella che presiedo, fondata come veniva ricordato nel 1563 col nome di Accademia del Disegno, per riunire e coordinare i professionisti dell’arte e per istruire i giovani. Con una riforma di stampo illuminista, nel 1784 il granduca Pietro Leopoldo di Lorena diede autonomia alla funzione formativa, e istituì l’Accademia di Belle Arti, tuttora attiva. Inoltre mise a disposizione degli studenti, affinché si esercitassero a copiare i maestri antichi, il patrimonio di dipinti proveniente dai conventi soppressi: era il primo nucleo della futura Galleria dell’Accademia, oggi museo statale. Siamo ancora tutte e tre, in quell’isolato di stupefacente densità culturale vicino a piazza San Marco, che ospita anche l’Opificio delle Pietre Dure, di origine medicea, e il conservatorio di musica “Luigi Cherubini”.

Per me guidare l’Accademia che ha ereditato la grande storia di Michelangelo, di Giorgio Vasari e dei grandi artisti e intellettuali di quel tempo, e che s’impegna a continuare nel presente e per il futuro quest’azione creativa e culturale, è un’esperienza unica e, dopo cinque anni di presidenza, ancora emozionante. Oltretutto sono la prima donna presidente dalla fondazione, e questo mi fa sentire ancor più carica di responsabilità.

L’attività dell’Accademia è racchiusa nel simbolo, pare ideato da Michelangelo ma nemmeno il grande genio fu scevro da critiche e controversie.

Sì, dopo confronti e dibattiti (specialmente animati dal focoso Benvenuto Cellini), i fondatori dell’Accademia Giorgio Vasari e don Vincenzio Borghini misero a punto il simbolo semplice ed efficace che ad oggi ancora è il “logo” della nostra istituzione: tre ghirlande intrecciate, la versione naturalistica e vegetale dei tre cerchi con cui Michelangelo contrassegnava i blocchi di marmo scelti da lui. I tre cerchi di Michelangelo ricordavano la Trinità divina e i tre anelli della famiglia Medici, le tre ghirlande di Vasari raffiguravano le tre arti maggiori interconnesse – Pittura, Scultura, Architettura – e alludevano alla gloria dei letterati toscani, le “tre corone” (d’alloro) Dante, Petrarca, Boccaccio. Non sappiamo se Michelangelo fosse lusingato da quest’omaggio: di sentimenti antimedicei ed esule volontario a Roma, mantenne una cortese distanza dal duca Cosimo e dalle iniziative dell’Accademia, portando come giustificazione l’età avanzata. In effetti, alla fondazione dell’Accademia aveva 88 anni… È dunque di particolare soddisfazione anticipare che un’opera autografa del nostro nume tutelare Michelangelo, il modello a grandezza naturale di un Dio Fluviale per la Sagrestia Nuova in San Lorenzo, è ritornata all’Accademia, e che attorno ad essa si è allestita (grazie a progetti di Accademici volontari) una sala museale con tre capolavori del Rinascimento fiorentino. Si attende solo la fine dell’emergenza da Covid-19 per inaugurarla e aprirla al pubblico. 

C’è e se c’è com’è il rapporto con la Committenza oggi?  

Il rapporto fra l’artista e la committenza, che ovviamente non può ricalcare i modelli del passato, va riconosciuto e interpretato nei termini della contemporaneità. Il committente del XXI secolo è spesso un soggetto pubblico, che per la scelta del progetto e del creativo si affida a bandi di gara e concorsi, aperti o per invito: la fiducia e l’apprezzamento personale che caratterizzavano in antico i rapporti – pensiamo anche soltanto a Michelangelo e a Bernini al servizio dei papi – non sono più criteri validi. E dall’Ottocento in poi, il mercato ha sostituito la committenza e il cliente il mecenate. Ci sono però spazi per nuove e attuali forme di committenza, anche nel settore privato, che merita individuare e coltivare.

Perché gli Italiani hanno rinunciato ad essere testimoni, Erasmo da Rotterdam diceva addirittura “superbi”, dell’eredità della nostra storia che ha segnato i secoli con l’arte, la musica, la letteratura?

Mi piace pensare che non abbiano rinunciato. Ma c’è molto da recuperare, a livello di una sensibilità basilare e condivisa, e lo si può fare solo agendo fin dall’infanzia. La famiglia e la scuola sono fondamentali per svegliare quella sensibilità alle varie espressioni della cultura, classica e contemporanea.

Come esperta di restauro che consigli darebbe ad una giovane equipe? tra i numerosi cantieri quale ha amato di più? 

Oltre ad aver diretto restauri, sono stata responsabile della Scuola di Alta Formazione dell’Opificio delle Pietre Dure e ho conferito il diploma, poi laurea, a generazioni di restauratori. E in verità, di restauratori donne più che uomini, quasi che questo mestiere, così intriso della cultura della cura, si venisse progressivamente femminilizzando. Ho sempre dato un consiglio: unirsi, fare squadra, ottimizzare il lavoro, condividere i costi, creare un network solidale che aiuti – bisogna dirlo, specialmente le donne – a non incontrare problemi sul lavoro a fronte di criticità nella vita personale e familiare. Una maternità, un care-giving duraturo possono fermare una lavoratrice a lungo e magari portarla all’abbandono, causando uno spreco intollerabile di risorse. Ma il mio consiglio è sempre stato disatteso perché nel settore delle arti, generalmente parlando, prevale un individualismo che ostacola le buone pratiche di questo tipo.
Forse per questo ricordo con affetto un cantiere che seguii per ben dieci anni, il restauro dell’immenso Giudizio Universale dentro la cupola del Brunelleschi nel Duomo fiorentino, dipinto da Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Su quei ponteggi altissimi, immersi nell’oscurità e prospicienti nel vuoto, lavorò per anni una compagine di restauratori, diversi per provenienza e per formazione, ma uniti a formare un’autentica squadra, sotto una guida sicura e con un metodo comune. Quando in cattedrale alzo gli occhi e vedo splendere le pitture, con la gloria del Paradiso e le fiamme dell’Inferno, è quasi difficile ricordare che erano coperte per anni dalla poderosa struttura autoportante, sulla quale ho trascorso tante ore: eppure questa storia mi appartiene, come io sento di appartenere ad essa.

La differenza tra patrimonio ed eredità

Si potrebbe parlarne per ore… se mi è concessa una battuta, direi che nel campo dell’arte il patrimonio è l’eredità viva, operosa, messa a frutto per la crescita civile della comunità.

L’Accademia ha doppiato la boa dei 450 anni e ora cosa si propone 

L’Accademia non può che proporsi di seguire i due principi guida, che reca profondamente impressi nel suo DNA: la continuità e il cambiamento. Possono sembrare in contraddizione, ma non lo sono. La continuità è séguitare a tener fede alla missione originaria, che così esprime l’articolo 1 dello Statuto in via di approvazione: ” propriamente definire con il testo del nuovo statuto, in via di approvazione, che così recita: “… in conformità con la sua secolare tradizione e con il proprio rilevante patrimonio bibliografico, archivistico e museale, nel contesto dell’universalità della cultura, senza fini di lucro, si propone di contribuire allo sviluppo delle arti, delle conoscenze e delle loro applicazioni, incoraggia e promuove quegli studi e quelle manifestazioni che favoriscano l’attività di ricerca nei campi di competenza, di promozione, elaborazione e valorizzazione di quanto sia di interesse artistico, storico e scientifico”. Il cambiamento invece investe di volta in volta l’assetto strutturale e organizzativo, la natura giuridica, le modalità di esercizio della missione. Negli oltre 4 secoli di vita l’Accademia ha avuto competenze aggiunte e tolte, ha perseguito obiettivi diversi, ha mutato varie sedi; ma, proprio accettando il cambiamento, è riuscita a continuare a esistere senza mai venir meno alla missione.

Per finire non può mancare un accenno ad ABC …Orgogliosa della sua presentazione di ABC 360 MUSiAT due parole su questo nuovo tipo di museo internazionale e in progress 

Ho seguito con interesse e piacere gli eventi riuniti sotto la sigla ABC 360, grazie alla Sua organizzazione infaticabile e competente. La formula messa in atto nel 2020, che ha letteralmente investito come un benefico tsunami di cultura Alice Bel Colle nel Monferrato, conferma la vitalità di un’esperienza qual è l’incontro fra l’arte contemporanea – con la sua varietà di accenti espressivi – e la stratificata ricchezza del territorio storico. 

Grazie Presidente e speriamo che il suo rigore morale accompagnato com’è sempre da tanto garbo, siano un esempio emblematico per tutti. 

Tiziana Leopizzi

Architetto, giornalista iscritta all’albo da circa 25 anni, è stata nominata accademico ad honorem per la sua scelta di diffondere i valori dell’arte e della cultura in modo semplice e trasversale. È membro quindi dell’AADFI l’Accademia delle Arti del Disegno, la più antica d’Europa, voluta da Cosimo I e Giorgio Vasari nel 1563, che vanta come primo Accademico Michelangelo. Recentemente nel 2018 è stata nominata Ambasciatore della Città di Genova nel Mondo. Il suo mentore è Leonardo da Vinci il cui CV che non manca occasione di pubblicare, è fonte di saperi inestimabili per tutti noi. Usa l’arte come strumento di comunicazione realizzando progetti in Italia e all'estero.

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