All’interno delle sale del Musée National Marc Chagall di Nizza, nell’ambito dell’iniziativa L’Odissea del Cinema- manifestazione nata in occasione delle celebrazioni per il centenario degli studi cinematografici de La Victorine- e sulla scia di quella riflessione sull’immagine in movimento già iniziata l’anno scorso con la partecipazione da parte del museo al Festival Movimenta (con il coinvolgimento del duo artistico Jaona Hadjithomas e Khalil Joreige), è ospitata la mostra dell’artista e cineasta francese Clément Cogitore. Nato a Colmar, classe’83, Cogitore è stato insignito nel corso degli anni di numerosi riconoscimenti: dal Gran Prix del Salon de Montrouge nel 2011 al Premio Marcel Duchamp nel 2018. I suoi film sono stati premiati in vari festival (Cannes, Los Angeles, Locarno), le sue opere esposte in prestigiosi musei e centri d’arte quali il Palais de Tokyo e Centre Georges-Pompidou a Parigi, il MoMA di New York, l’ICA a Londra, il Museum of Fine Arts a Boston; a settembre l’Opèra National di Parigi l’ha coinvolto nella regia dell’opéra –ballet Les Indes Galantes di Jean-Philippe Rameau, in una inedita messa in scena dove il barocco si mescola al contemporaneo. Da maggio dunque, sulle eleganti colline di Cimiez, negli spazi luminosi e carichi di un’ aurea particolare difficilmente descrivibile a parole, insieme alla collezione storica fortemente voluta dal Maestro russo per custodire la sua grande selezione di opere sul messaggio biblico, inaugurata il 7 luglio del 1973 (giorno del suo compleanno) dall’amico ed allora Ministro della cultura André Malraux, sono esposte le opere di Clément Cogitore. Si tratta di 12 lavori tra foto e video, con narrazioni che – come osserva la curatrice dell’allestimento Anne Dopffer “in comune con Chagall portano avanti i temi del conflitto, del rituale -profano o sacro- dell’utopia e della memoria profonda delle immagini condividendone la stessa poesia del sensibile”. La sottotraccia presente nell’intero lavoro di Cogitore è l’aspetto del sacro ed il rito affrontati attraverso il quotidiano (che a volte viene quasi santificato), il contemporaneo, gli orrori della guerra, il mondo digitale, la fiction, i mass media (e cosa è YouTube se non un una forma di rituale con i suoi codici e gesti?). Si tratta di rappresentazioni del mondo che prendono ispirazione dai grandi miti ed archetipi, in un racconto per immagini che diventano universali ed esemplificative. Queste possono rivelarsi in tutta la loro potenza in una danza underground dove il Krump, (ballo politico di protesta nato nei ghetti), assume un valore trasfigurato e spiazzante se la musica è sostituita da una melodia barocca (Les Indes Galantes), in un fermo – immagine ripreso da una emittente televisiva durante la rivoluzione egiziana del 2011 di Piazza Tahrir dal quale emerge un elemento imprevisto: da un alone rosso nel cielo prende corpo una sagoma che sembra quella di un uomo a cavallo e che infatti è stato interpretato dal pubblico come un Cavaliere dell’Apocalisse (stiamo parlando di: Ghost Horseman of the Apocalypse in Cairo, uno scatto diventato virale perché testimone del soprannaturale che irrompe nella vita terrena). E questo senso del sacro non urlato ma comunque percepibile lo si ritrova nella foto della robusta schiena tatuata con una costellazione liberamente ispirata al primo pannello dell’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg in cui l’intero cosmo è racchiuso dietro le spalle umane ed in cui il gigantesco e morbido corpo si appresta ad accogliere un paesaggio mitico indelebile in un atto che si perde nella notte dei tempi quando i Fenici si tatuavano le mappe sulla pelle (lo scatto è accostato all’opera di Chagall Il profeta Elia posta al di là della vetrata e fatta eseguire dal famoso mosaicista ravennate Lino Melano, in cui il profeta sul carro di fuoco è attorniato dai dodici segni zodiacali). Riti riattualizzati sono presenti in Elégies dove, in uno slittamento dal sacro tradizionale ad una forma “postsecolare ”, Cogitore riprende in un video quello che può definirsi una liturgia contemporanea in cui centinaia di corpi alienati impugnano telefonini dagli schermi luminosi per filmare la scena di un concerto che non viene inquadrato ma solo suggerito perché rimane fuoricampo mentre scorrono i sottotitoli estrapolati dalle Elegie Udinesi di Rainer Maria Rilke; o ancora in We are legion: in un clima tra romanticismo e naturalismo un gruppo di uomini coperti dalla maschera di V per Vendetta preso ad emblema dagli attivisti Anonymous sono ripresi attorno al fuoco, luogo privilegiato di scambi di storie, di condivisione di cibo ma anche di comparsa di ombre e fantasmi, in un omaggio pop al Déjeuner sur l’herbe di Manet ed in una beffarda santificazione di una comune scena ordinaria. Come i quadri a tema biblico per Chagall al di là di ogni credo religioso avevano carattere universale in quanto portatori di un messaggio assoluto così da 15 anni il Museo Chagall promuove mostre di artisti contemporanei in risonanza con la sua opera rispettosi di uno spazio dove l’arte si fonde con la spiritualità ed il fantastico, per un museo “vivente”come egli concepiva l’essenza del messaggio biblico.