Un artista in grado di percepire e restituire bellezza ed eleganza lì dove faticosamente appare, capace di rievocare una classicità rinascimentale tramite un “semplice” scatto; fotografie che celebrano la meraviglia, la maestosità della natura, la grandiosità nascosta da veli che oscurano e proteggono un pianeta esausto, finito, un pianeta che, lentamente, sgretola la propria essenza sotto gli occhi dell’uomo, consapevole ma inerte, un pianeta che tenta di sopravvivere all’azione distruttiva di colui che lo abita, ma non lo protegge.
Paesaggi che mutano di anno in anno, ricordi di luoghi che svaniscono, irriconoscibili porzioni di spazio senza identità. Ultimate Landscapes – serie fotografica esposta in mostra – ritrae le vette del Presena e dello Stelvio in Italia, dello Zugspitze in Germania, dello Stubai in Austria e del Diavolezza e Rhonegletscher in Svizzera: ghiacciai destinati a scomparire da cui Orlandi estrapola – tramite preziose fotografie – effetti marmorei dati da una ricerca chiaroscurale dai toni caravaggeschi, intensi ed emozionanti.
Pieghe di roccia scolpite tramite un “click” come denuncia di una situazione di estrema drammaticità da cui emerge la gravità delle scelte compiute e, nel contempo, la sfiorente magnificenza dei ghiacciai, catturati e restituiti sotto forma di tridimensionali sculture e astratte ed immersive restituzioni visive. L’azione distruttiva dell’uomo, controbilanciata da un tentativo di salvaguardia ambientale, è racchiusa in enormi teli di polipropilene, manti bianchi che ricoprono porzioni di ghiacciai a rischio scioglimento. Distese di materialetermoplastico che azionano una temporanea modifica sul territorio, sul nostro sguardo, sulla percezione della magnificenza della natura.
La pratica di Orlandi, un monito o uno sforzo di sensibilizzazione, non esaurisce la propria funzionalità nella mera denuncia fotografica: i suoi scatti plagiano la materia che abbraccia il paesaggio, attuano una reinterpretazione della forma e della sostanza, stupiscono per la resa estetica finale.
Come vittime dello sguardo di una Gorgone, così le sue opere pietrificano il corpo modulabile e filamentoso delle coperture color neve, rendendole marmoree, pietre ancorate alla pietra, roccia che subisce un alterazione strutturale e visiva giustificata da una necessità preservativa in prospettiva futura.
Orlandi, tramite la sua pratica artistica, prende dunque in esame il problema dell’arretramento dei ghiacciai alpini evidenziando il tentativo ultimo di salvaguardia operato dall’uomo, complice – o artefice – di una progressiva e lenta distruzione, ormai irreversibile.
Le coperture termiche assumono, nella serie Ultimate Landscapes, sembianze inaspettate: dalla scultura ad una rappresentazione più astratta, Claudio Orlandi altera la struttura dei teli tramite differenti modalità di osservazione e cambi di prospettiva; la capacità metamorfica del paesaggio emerge così da ogni sua fotografia e da ogni indagine microscopica da cui si evince il delicato rapporto tra etica ed estetica.
Così, residui di polipropilene assorbiti da naturali stratificazioni di massa nevosa diventano dettagli surreali e astratti, lasciando che la stampa fotografica diventi tela, i filamenti tocchi di colore e la composizione finale una denuncia o restituzione di quella bellezza insita nei luoghi raffigurati.
Panneggi marmorei con drammatici dettagli chiaroscurali e dripping monocromatici illudono lo spettatore e ne alimentano la curiosità; le fragilità naturali irrompono nello spazio e sprigionano una triste poesia, un gesto estremo che apre lo sguardo e rende consapevoli di ciò che consegue ed implica ogni più piccola scelta.