Hanno appena inaugurato al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato le mostre che accompagneranno il pubblico fino alla primavera 2020 incentrandosi sia su personaggi chiave dell’arte contemporanea (Mario Rizzi e Luca Vitone) sia mirando ad approfondire temi, periodi e linguaggi della collezione del Centro Pecci con la collettiva The Missing Planet.
Con The Missing Planet si apre una nuova serie di mostre con cadenza semestrale, ideata dalla direttrice Cristiana Perrella e dedicata ad approfondire temi, periodi e linguaggi della collezione del Centro Pecci, affidandone la cura ad un esperto invitato come guest curator e affiancato dal responsabile delle collezioni e archivi Stefano Pezzato. Marco Scotini è partito dalle decine di opere raccolte in collezione al Centro Pecci integrandole con opere di importanti collezioni e istituzioni italiane e internazionali, per comporre una ‘galassia’ delle principali ricerche artistiche sviluppate nelle ex repubbliche sovietiche, dalla Russia alle province baltiche, caucasiche e centro-asiatiche, tra gli anni Settanta e oggi. The Missing Planet, prende spunto dal vasto corpus di opere acquisite nella collezione del Centro Pecci in occasione delle mostre Artisti Russi Contemporanei (1990) Progressive Nostalgia (2017) e La Fine del Mondo (2006). Si propone quale ultimo capitolo di questa ideale rassegna post-sovietica confrontarsi con un duplice passato: quello dell’utopia da un lato, e quello della memoria dall’altro. Se Artisti Russi Contemporanei sanciva la svolta mancata con l’apertura a Est, e Progressive Nostalgia evocava la storia perduta mettendo in scena una sorta di lutto o commiato, The Missing Planet propone un approccio archeologico dove fantasmi e realtà cercano di fare i conti con le “rovine del futuro”. L’allestimento, ideato appositamente dall’artista Can Altay (Ankara, 1975), segue la modalità di ‘appropriazione’ e riconfigurazione di lavori altrui attraverso l’uso di dispositivi architettonici che ne indirizzino la visione, tipico della sua pratica artistica. Inglobando la raccolta stessa con le opere in mostra, l’allestimento compone un ecosistema, una rete fra cose, storie, posizioni artistiche e il pubblico.
Erik Bulatov, Perestroika, 1989. Progetto originale sulla facciata del Centro Pecci, Foto © Carlo Gianni
Romanistan è invece il racconto del viaggio compiuto da Luca Vitone (Genova, 1964) per ripercorrere a ritroso, da Bologna a Chandigarh, il cammino di Rom e Sinti dall’India nord occidentale fino all’Italia.
Sulle tracce di una migrazione avvenuta tra l’VIII e il XIV secolo, l’artista approfondisce un interesse, quello per la cultura romaní, che è stato presente nel suo lavoro fin dagli anni Novanta. Il racconto dell’itinerario migratorio Rom e del nomadismo, dell’emarginazione e segregazione subita nei secoli, diviene strumento per una riflessione più ampia sull’idea di luogo e viaggio, di comunità, di tradizione, del perpetuarsi di cliché e stigma sociali. Il titolo Romanistan deriva dalle parole di Manush Romanov, rappresentante Rom proveniente dalla Bulgaria, il quale immaginò la possibilità di dar vita ad un paese Rom. Per Vitone invece il popolo Rom, grazie al suo vivere senza patria, senza esercito e senza confini, rappresenta un ideale moderno e transnazionale di popolo, che assume quasi una possibilità precorritrice, anche alla luce anche delle attuali migrazioni di massa che stanno sconvolgendo gli equilibri socio-politici del pianeta. Romanistan è un progetto multiforme composto da un film, una serie fotografica e un libro d’artista, originatosi a partire da un canovaccio di viaggio aperto alla casualità delle esperienze e degli incontri. Il percorso in mostra ne restituisce il carattere stratificato e nutrito di rimandi, attraverso la connessione di lavori specificatamente pensati per l’occasione assieme a lavori storici nella produzione dell’artista. Romanistan è un progetto realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività contemporanea e Rigenerazione urbana del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, nell’ambito del progetto Italian Council (IV edizione, 2018).
Luca Vitone, Romanistan, 2019. Fotografia digitale. Courtesy l’artista, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Italian Council 2018
Infine, بیت Bayt è la prima mostra retrospettiva sul lavoro del filmmaker Mario Rizzi in un museo pubblico in Italia. Pende il nome dalla omonima trilogia Bayt, (“casa” in arabo), iniziata con Al Intithar (L’Attesa, 2013), proseguita con Kauther (2014) e conclusa con The Little Lantern. Il progetto è realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività contemporanea e Rigenerazione urbana del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, nell’ambito del progetto Italian Council (IV edizione, 2018). L’intera trilogia contribuisce a dare una visione sensibile, profonda e complessa di temi quali l’identità femminile nel mondo arabo, il concetto di casa e di sradicamento, le spinte tra innovazione e conservazione che hanno percorso e percorrono il Mediterraneo. Ultimo film della trilogia che ha per protagoniste tre donne da Siria, Tunisia e Libano, The Little Lantern racconta la storia di Anni Kanafani, una testimonianza dell’energia e dell’utopia di una donna danese, oggi 84enne. La storia di Kanafani inizia negli anni sessanta quando, per amore di un importante scrittore, poeta e attivista palestinese, Ghassan Kanafani, decide di trasferirsi nei campi profughi del Libano. Dopo la morte del marito, ucciso in un attentato insieme alla nipote Lamis, Anni Kanafani ne ha proseguito il sogno di giustizia e integrazione. Oltre alla trilogia, in mostra sono presenti altre produzioni fotografiche e filmiche di Mario Rizzi che tracciano un percorso all’interno della sua ventennale carriera. Il progetto si inserisce nell’attenzione del Centro Pecci per temi e pratiche artistiche in grado di cogliere l’attuale momento storico nella sua complessità, offrendo una voce critica che possa aiutare a interpretare le dinamiche socio-culturali globali di oggi, a partire da quelle che attraversano la stessa città di Prato.
Mario Rizzi, The Little Lantern, 2019. Still da video. Courtesy l’artista e Italian Council 2018, collezione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana
Viale della Repubblica 277 – Prato
Orario: tutti i giorni 10-20, venerdì e sabato 10-23, lunedì chiuso
www.centropecci.it