Se il commento di apertura della fiera era più che altro di carattere generale, con uno sguardo ai linguaggi espressivi proposti dalle varie gallerie, oggi è doveroso intervenire sugli aspetti più tecnici. Pulita, elegante e garbata. Così ho definito ieri ARTEFIERA 2020 riconoscendo al Direttore Artistico Simone Menegoi la giusta impronta verso il rilancio della piazza bolognese. Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica! Parlando con diversi galleristi emerge un po’ di insoddisfazione soprattutto dal comparto del contemporaneo. In prima battuta, è il percorso obbligato dal padiglione 18 al 15, che costringe il pubblico a passare dal settore moderno a creare disturbo. Non è immediato, infatti, capire che la fiera continua al successivo padiglione, anche se, probabilmente, non è questa la problematica più urgente. Quella ad annoiare di più è la concretezza di un pubblico di collezionisti più maturo, culturalmente ma anche anagraficamente, evidentemente più orientato all’arte moderna che tradisce, con evidenza, il più tradizionale atteggiamento nei confronti dell’arte=investimento. Non che ciò sia un male, ma in tanti sentono il gap delle presenze straniere che, a detta di molti, sarebbe l’unica soluzione per attirare nuovamente, in questo mercato, anche nuovi collezionisti italiani, anche giovani e più temerari. Altri ancora, a seguito di questa riflessione lamentano un investimento poco importante nella comunicazione, necessario a rilanciare Bologna come evento internazionale al grido del MUST TO BE. Come fare? Dopo avere riportato alla giusta estetica ARTEFIERA sarà questa la prossima sfida per Simone Menegoi.

ARTEFIERA 2020 – seconde riflessioni (problemi e opportunità)
Problemi ma anche opportunità per il futuro di ARTEFIERA.