Whitechapel Gallery, Collezione Maramotti e Max Mara sono liete di presentare le cinque finaliste dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women: Allison Katz, Katie Schwab, Tai Shani, Emma Talbot e Hannah Tuulikki. Le artiste si ritroveranno questo fine settimana alla Collezione Maramotti a Reggio Emilia per presenziare all’annuncio ufficiale e all’inaugurazione del progetto Che si può fare, realizzato dalla settima vincitrice del premio, Helen Cammock. Che si può fare è stato esposto per la prima volta la scorsa estate alla Whitechapel Gallery.
Le finaliste dell’edizione 2019 – 2021 del premio sono state selezionate da una giuria presieduta da Iwona Blazwick OBE, Direttrice di Whitechapel Gallery, e composta da Florence Ingleby, gallerista; Chantal Joffe, artista; Fatima Maleki, collezionista; Hettie Judah, critica d’arte.
Il Max Mara Art Prize for Women nasce nel 2005 da una collaborazione tra la Whitechapel Gallery e il Max Mara Fashion Group, con la finalità di promuovere artiste emergenti che lavorano nel Regno Unito consentendo loro di sviluppare il proprio potenziale, oltre a ispirare nuovi sguardi e prospettive sull’Italia del XXI secolo. La vincitrice – il cui nome sarà annunciato agli inizi del 2020 – potrà trascorrere un periodo di residenza di sei mesi in Italia, ideata a misura dell’artista, dopo aver presentato alla giuria una proposta per un nuovo progetto artistico. L’opera risultante verrà presentata per la prima volta alla Whitechapel Gallery di Londra per poi essere esposta alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia nel 2021.
Iwona Blazwick, OBE, Direttrice di Whitechapel Gallery e Presidente della giuria del Max Mara Art Prize for Women, ha dichiarato: ‘Questo premio unico nel suo genere offre tempo, spazio e sostegno economico per consentire alle artiste di sviluppare il proprio potenziale. Per troppo tempo le donne artiste hanno dovuto lottare per conquistare un giusto riconoscimento. Il Max Mara Art Prize offre ad artiste di diverse generazioni l’opportunità di trascorrere un periodo formativo di diversi mesi in Italia e le risorse per creare un nuovo importante progetto che le porrà al centro dell’attenzione del mondo’.
Le artiste finaliste del Max Mara Art Prize for Women 2019-2021 sono
Allison Katz ( Montréal, 1980 – vive e lavora a Londra) La sua pratica artistica comprende pittura, ceramica, grafica e scrittura. Nel suo lavoro mescola immagini familiari di animali, figure umane e still-life con narrazioni astratte e surreali. Con variazioni di scala, che passano dalla dimensione domestica a quella monumentale, Katz aggiunge una dimensione testurale ai suoi quadri, creando incrostazioni superficiali di sabbia o riso. Battute e giochi di parole abbondano nei suoi lavori, in un gioco di rimandi umoristici tra testo e immagini che crea punti di confluenza paradossali, se non assurdi. L’artista intende bilanciare la propria esperienza professionale con l’iconografia collettiva. Katz ha tenuto mostre personali a Oakville Galleries, in Canada, al MIT List Visual Arts Centre di Boston, USA (2018) e al Kunstverein Freiburg in Germania (2015). Le sue opere hanno inoltre partecipato a mostre collettive presso la Leeds Art Gallery, Bonner Kunstverein, Museo Powerlong di Shanghai, Museo di Arte Moderna di Varsavia (tutte nel 2019), Tate St. Ives (2017), Serpentine Galleries (2016) e South London Gallery (2014).
Katie Schwab (1985 -vive e lavora a Londra) Le sue opere si sviluppano facendo propri i contesti sociali, storici e formali che ne determinano la creazione. L’artista documenta il sapere e le abilità condivise tra artisti, studenti, operatori museali, tecnici e cittadini comuni, mediante un processo creativo che intende facilitare la partecipazione ad atelier, incontri, lezioni e tour, insieme a una ricerca su materiale d’archivio, storia orale e campionari. Schwab si serve di diverse tecniche, tra cui tessitura, ceramica, ricamo, ebanisteria, stampa, video e molto altro, che trovano una comunanza nella considerazione di una manifattura collettiva. Le sue opere sono state esposte in A Working Building, The Gallery at Plymouth College of Art, Plymouth (2019), per il quale ha creato carta da parati, tessuti ricamati e cardati, pannelli murari e video ispirati alla storia della manifattura tessile Cryséde a St Ives, con visite agli spazi civici di Plymouth. Altre mostre comprendono Jerwood Solo Presentations, Jerwood Space, Londra (2016); Making the Bed, Laying the Table, Glasgow Sculpture Studios, Glasgow (2016) e Together in a Room, Collective, Edimburgo (2016). Tra i progetti più recenti dell’artista, This Interesting and Wonderful Factory, Clore Sky Studio Commission, Tate St Ives, St Ives (2018); Atrium Commissions, mima, Middlesbrough (2017) e A Portable Mural, Serpentine Galleries, Londra (2017). Ha ricevuto il Nigel Greenwood Art Prize nel 2016; nel 2017 la residenza Wilhelmina Barns-Graham presso i Porthmeor Studios, St Ives; la New Contemporaries/SPACE Studio Bursary del 2018-19 e la Design Residency 2017-19 del Plymouth College of Art.
Tai Shani (Londra, 1976 – vive e lavora a Londra) La sua pratica multidisciplinare comprende performance, film, fotografia e installazioni. Shani crea sculture dai colori brillanti poste all’interno di elaborate installazioni che talvolta riportano testi sperimentali scritti dall’artista. Shani intende reimmaginare l’alterità femminile in quanto totalità perfetta, inserita in un mondo che comprende cosmologie, miti e storie che negano il patriarcato. Shani ha presentato le sue opere nel Regno Unito e in altri paesi; mostre e commissioni recenti comprendono: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (2019); Athens Biennial (2018); Still I Rise: Feminisms, Gender, Resistance, Nottingham Contemporary (2018); Glasgow International (2018); Wysing Arts Centre (2017); Tensta Konsthall, Stoccolma (2016); commissione RADAR, Loughborough University (2016), Serpentine Galleries (2016); Tate Britain (2016); Schirn Kunsthalle, Francoforte (2015); Southbank Centre, Londra (2014-15); Arnolfini, Bristol (2013); Matt’s Gallery, Londra (2012) e FRAC Nord-Pas de Calais e Loop Festival, Barcelona (2011); The Barbican, Londra (2011); ICA, Londra (2011). Shani è stata selezionata per il Turner Prize 2019 per la sua partecipazione a Glasgow International 2018, la personale DC: Semiramis a The Tetley, Leeds e la partecipazione alla mostra collettiva Still I Rise: Feminisms, Gender, Resistance. Nel 2019, il suo libro Our Fatal Magic è stato pubblicato da Strange Attractor Press e distribuito da MIT press.
Emma Talbot (1969 – vive e lavora a Londra) La sua opera esplora temi autobiografici. L’artista elabora e articola memorie e stati psicologici in poesie visuali o ruminazioni associative, attraverso il disegno, la pittura, installazioni e scultura. Le immagini nelle sue opere sono dirette e tracciate a mano, risultanti in rappresentazioni immediate, aperte e inventive di ciò che è visto nella mente. Incorporando la propria scrittura e riferimenti e citazioni da altre fonti, Talbot combina testi, immagini e modelli per evocare il simbolico, il metaforico e il quotidiano. Il suo lavoro esplora il sé, la politica e la società, il genere, il “mondo naturale”, la nostra intimità con la tecnologia e il linguaggio. Talbot ha studiato al Birmingham Institute of Art & Design e al Royal College of Art. Le prossime mostre personali dell’artista comprendono Sounders of The Depths, Gemeentemuseum, L’Aia, Olanda (2019); Eastside Projects (2020) e Dundee Contemporary Arts (2020). Altre recenti personali includono: Your Own Authority, Commissione ArtNight 2019 e William Morris Gallery, 2019; Do You See Yourself Projected?, Mirth Marvel and Maud, Londra; 21st Century Sleepwalk, Caustic Coastal and Salford Lad’s Club, Salford (2018); Woman-Snake-Bird, Galerie Onrust, Amsterdam (2018); Emma Talbot, Nicolas Krupp Gallery (2018); Open Thoughts, Neuer Aachener Kunstverein (2017); The World Blown Apart, Galerie Onrust, Amsterdam (2017); Stained With Marks Of Love, Arcadia Missa, New York (2017). Le opere dell’artista sono presenti nelle collezioni di: Guerlain, City of Birmingham Museum & Art Gallery, David Roberts Collection, Saatchi Collection, University of the Arts London, Art Gallery of Western Australia, Fries Museum, Arnhem Museum, KRC Collection.
Hanna Tuulikki (Brighton, 1982 – lavora a Glasgow) La sua pratica artistica abbraccia performance, film e installazioni audiovisive multicanale, fondendo insieme voce, danza, costume e disegno. I suoi progetti multidisciplinari indagano “i modi in cui il corpo comunica oltre le parole, gravitando verso gli spazi ‘nel mezzo’, sia esso umano-e-più-che-umano, maschio o femmina, antico o contemporaneo”. Con un interesse particolare per la “mimesi” – l’imitazione o l’incarnazione del “mondo naturale” – all’interno delle tradizioni interculturali di musica e danza, il suo lavoro esplora i luoghi delle narrazioni popolari, della memoria, del rituale e della tecnologia in ambienti ed ecologie specifici. I suoi progetti recenti includono Deer Dancer (2019), un’installazione audiovisiva che considera in che modo l’imitazione del comportamento dei cervi nella danza costruisca rituali maschili; cloud-cuckoo-island (2016), un film che vede una improvvisazione vocale solista, nell’anfiteatro naturale dell’isola di Eigg, in Scozia, e che esplora i temi di follia, mitologia e genere (finalista del British Composer Award 2017); SOURCEMOUTH: LIQUIDBODY (2016), un’installazione audiovisiva ispirata ai paesaggi indiani e al rapporto tra sistemi fluviali, il corpo e il teatro Kutiyattam (vincitore del New Music Scotland Award 2017)