Difficile condensare in una mostra la grammatica articolata e complessa di un’artista che in cinquant’anni di intenso lavoro ha creato un universo personale di segni e significati che formano un vocabolario intimo e inconfondibile. Eppure la terza personale dal titolo “Aqui e Agora” che la Galleria Raffaella Cortese di Milano dedica all’artista italo-brasiliana Anna Maria Maiolino – celebrandone così il decimo anno di collaborazione – rassomiglia in tutto a un felice atto di sintesi poetica oltre che estetica.
La giustapposizione dei vari linguaggi espressivi, la scultura, la fotografia, le installazioni video, offre, dopo la grande retrospettiva italiana curata da Diego Sileo al PAC – Padiglione d’arte contemporanea nell’estate 2019, una panoramica sul lavoro di un’autrice che, traendo ispirazione dall’immaginario quotidiano femminile e dall’esperienza oppressiva della dittatura in Brasile (1964-1984) e fondendo la creatività italiana con la sperimentazione delle avanguardie brasiliane, ha saputo creare opere che trasudano grande energia vitale.
Anna Maria Maiolino nasce in Calabria, a Scalea, nel 1942 da madre ecuadoriana e padre italiano; è la più giovane di dieci figli. Nel 1954 emigra con i genitori a Caracas, in Venezuela e pochi anni dopo con la famiglia si sposta a Rio de Janeiro, in Brasile. Il mondo che la circonda è il suo teatro d’azione, lo sono gli accadimenti reali: l’amore per le sue origini, i rapporti umani, le difficoltà comunicative e di espressione, gli orrori della tirannia come spinta propulsiva della sua copiosa produzione artistica. Maiolino porta infatti nel suo bagaglio la violenta atmosfera della dittatura militare insieme a un’altra oppressione, più sottile e insidiosa, ma non meno violenta: l’oppressione di genere che relegava il ruolo delle donne a quello di casalinghe e madri.
In tal senso vanno lette le fotografie della celebre serie Fotopoemaçao che alle pareti dello spazio principale della galleria instaurano tra loro un dialogo vicendevole. I quattro scatti intitolati Aos Poucos (Little by Little), 1976, nel rappresentare gli stadi successivi di una benda nera che scivola sul volto dell’artista, simboleggiano l’impedimento che caratterizzava il contesto dell’epoca e manifestano il dissenso nei confronti delle limitazioni alla libertà individuale e politica seguite al golpe militare del 1964 e alla dittatura.
Il lavoro sul corpo intrapreso dall’artista, e le conseguenti pratiche di sperimentazione messe in atto, ci conducono dentro la duplice dimensione in cui si sviluppa la sua immagine corporea: sociale ed esistenziale, politica e poetica. La più recente serie Corpo/Paisagem (Body/Landscape), 2018, trasforma i lineamenti del viso dell’artista in una sorta di paesaggio in cui ogni dettaglio assume le fattezze di un elemento geografico da esplorare.
La coppia di opere realizzate in ceramica raku, installate su tavoli di metallo nero, introduce invece il grande tema della scultura, una delle pietre angolari del pensiero di Maiolino. Forme organiche, indeterminate e in divenire, per le quali non c’è modo di prevedere la configurazione finale e che privilegiano il processo di costruzione più che l’oggetto della costruzione in sé avvicinando così il suo lavoro alle pratiche del Neoconcretismo.
Mentre il video Um Tempo (uma vez), [One Time, (once)] 2009/2012, narrato in portoghese, fa luce su un’altra modalità espressiva dell’artista che sperimentando con i nuovi media intende incorporare nella sua indagine un nuovo alfabeto di immagini e, mossa dalla volontà di comprendere la situazione circostante e il mondo, declina nel tema del viaggio la relazione con il paesaggio.
La mostra continua nell’altra sede della galleria, al civico 1 di via Stradella, dove due vetrine racchiudono un indice enciclopedico dell’opera fotografica e filmica dell’artista: le immagini compongono due collage digitali che offrono un’opportunità unica per addentrarsi nella ricerca di Maiolino. Vi ritroviamo alcuni dei suoi topoi: l’uovo per esempio, forse la forma più pura mai creata perché è evidenza della vita e della sua fragilità; non c’è immagine politicamente più incisiva del momento della fragile transizione dalla dittatura alla possibilità della democrazia nel Brasile degli anni Ottanta quando ogni cautela era ridotta al minimo e tutto rischiava di andare perduto per una piccola disattenzione.
E infine il linguaggio, la parola scritta, altro tema ricorrente del suo lavoro, evocato da due sculture realizzate in metallo e ceramica raku e installate lungo le pareti della galleria.“Mi ritrovai immigrata, senza parlare portoghese e sentendomi come sulle sabbie mobili, sentimento che mi ha sempre accompagnata per tutta la vita da quando ho abbandonato la mia terra natale, l’Italia” racconta l’artista che adatta così il suo punto di vista poetico combinando intimità e politica, materialità e concetto, arte e vita, tracciando sempre linee nel mondo.
La mostra è un intenso suggestivo viaggio dentro una storia artistica iniziata nei primi anni Sessanta eppure ancora attuale e feconda e così ricca di stimoli da influenzare molti artisti delle nuove generazioni.
Anna Maria Maiolino, Aqui e Agora
Galleria Raffaella Cortese, Milano Via Stradella 1-7
Fino all’ 8 febbraio 2020 | martedì – sabato, h. 10:00–13:00 / 15:00–19:30 e su appuntamento
Fonti: Anna Maria Maiolino, O amor se faz revolucionàrio, a cura di Diego Sileo, Silvana Editore, Milano 2019