La poesia è un’anima che inaugura una forma.
Pierre-Jean Jouve, En miroir, Paris, 1954
La Nube di Oort, galleria con sede a Roma nel quartiere Esquilino e diretta da Cristian Stanescu, accoglie nel suo spazio le opere di Alessia Armeni e i versi di Andrea Raos. Un delicato ensemble che nasce sulla via di un sottile desiderio, un anelito alla congiunzione dell’arte poetica e pittorica, che nell’atto di elevarsi insieme si fanno materia unica. Non mi avevi mai immaginato prima, questo il titolo della mostra, in corso fino al 16 ottobre 2023, accompagnata da un quaderno edito dalla stessa galleria, all’interno del quale una breve introduzione del direttore e un testo critico di Gaia Bobò integrano, con leggera profondità, i versi del poeta e le opere dell’artista.
Entriamo nello spazio e lasciamoci trasportare dal ritmo delle parole, dalla sonorità del verso che, nella sua forza essenziale, offre l’orientamento a quei moti interni che nell’immagine poetica ritrovano una dimensione esperienziale del sensibile e visibile; lo spettro della luce permea il colore, tono a tono, la sostanza poetica della parola in armonia si espande ex terra ad sidera.
Il progetto, come si legge nel testo critico, incarna una volontà di contaminazione…
Il desiderio dell’artista è invischiare di poesia la pittura e, con la consapevolezza introiettata della parola e del gesto, amplificare lo spazio nella profondità dello sguardo interno aprendo, attraverso il dispiegamento della luce sulla tela, nuovi varchi prospettici tra variazioni e vibrazioni infinite. Si intuisce l’intenzione di lasciare altresì libertà al senso di chi accoglie l’opera, così che nel riflesso di ogni segno e sfumatura, scritta o dipinta, ciascuno possa ritrovare una propria lirica direzione. La poesia mette il linguaggio emotivo in uno stato di emersione. Le piccole ‘forme poetiche’ di Raos generano la visionarietà del tempo perpetuo e l’opera di Armeni, centrata e presente, trascende nell’attraversamento dello spazio percettibile. In quell’intima geometria è l’immagine poetica sospesa e fissata dal colore, in essa l’essenza risuona, tra punti, linee e superfici è l’ascolto degli occhi… il disegno di un’architettura minimale e sensibile illumina la metrica dello spazio sconfinato.
Nell’immagine poetica si travalicano i piani della logica e ci si può davvero muovere in ogni luogo, in quel sottile, ritrovato sulla via di mezzo. Il bagliore è suono, la vibrazione della luce che prende corpo e coscienza, tra meditazione e tonalità disciplinate in un processo graduale in cui il dentro comprende tutto, sfumature, tratti e parole. Armeni, nella sua attenta e sacra ‘costruzione’, ha cura di investire l’opera di uno spazio interiore, quello spazio che ha il suo essere nell’artista e, nel quale, si instaura un movimento che porta a percepire una duplice vastità, nell’opera e in sé. Questo moto circolare diviene un inabissamento e, tra noi e l’immagine poetica, si stabilisce una affinità. In questa rêverie la parola si libera dispiegando uno spazio unico, l’accordo dialettico del dentro e fuori ci connette all’universale. Nell’immagine poetica l’anima dichiara così la sua presenza.
Sulla tela sentiamo la concentrazione e lucidità di un lavoro silente che disegna la voluttà espressiva di trasmettere la cura emotiva e la ricerca meticolosa di un equilibrio etereo tra solidi pesi, strutture leggere e forze raffinate. Sei delle opere in mostra, allestite a parete, seguono visivamente il perimetro spaziale in un andamento ritmico, un’alternanza musicale come note scritte su uno spartito. Ghiacciopianto, non mi avevi mai immaginato prima, luccica tutto anche adesso, adesso parla tu, senza parole…
Titoli che appaiono come un singolo componimento lirico all’interno del quale risuonano le architetture sensibili dell’artista, che, in questo viaggio impalpabile e metafisico, sembra, ad un tratto, farci esperire, nell’opera raffigurante un enorme puffo, un salto destabilizzante, l’intento alla rottura di un rassicurante e perfetto equilibrio. Dinanzi questa memoria infantile non resta che arrendersi alla meraviglia ludica. Perché, per uscire fuori da schemi e confini, spesso costrittivi, bisogna lasciarsi andare al gioco, allo spazio dell’alterità nel quale la prossemica assume una valenza determinante, alla luce di quel ‘dove’ che per Armeni è essenziale indicatore di relazione e collocamento dell’io nel mondo. Nella dimensione ricreativa le distanze si accorciano, siamo su un piano in cui la parola e il corpo possono sconfinare seguendo altre regole, l’autenticità di essere come si è e di essere, al contempo, anche altro. Nell’opera che raffigura quel puffo è la diversità insita nell’atto di giocare, il cartone animato può divenire come lo immaginiamo, al nostro pari e rivestito di una nuova, rosea e smisurata identità. Forse è proprio in quel puffo che puffa in un modo differente, che l’artista delega l’estasiante edificazione dell’opera. Così nei versi di Raos questo giocoso e fantastico personaggio si erge ad angelo della morte, un gigante sospeso a guardia della soglia dello spazio che diviene, nella sua forza dissacrante, il punto focale di una intenzione originaria nata proprio dal desiderio di messa in gioco e sconfinamento. Nello srotolamento si apre il sipario simbolico del puffo, le ragionate squadrature sentono di voler cedere per accogliere il tratto nella sua libertà espressiva che disegna rotondità e morbidezza, il piacere infantile e il caos dirompono, oltrepassando la metrica siamo nella dimensione immaginabile dove poter essere e fare ciò che ci pare…o anche solo pensarlo. E forse, bisogna davvero, nella sottigliezza di questo percorso, svelare l’estraneità per esplorare a fondo l’immagine poetica in quella luce interiore; vivere intensamente questo unicum tra parola e pittura, ritornando, ogni tanto, a vedere le cose, non con occhi nuovi, ma con la consapevolezza di aver pulito lo sguardo da ciò che lo costringe e limita. D’altronde, l’arte e la poesia sono impegni dell’anima e, come gioco, ci permettono di andare oltre. E allora, perché non immaginare in quel puffo l’artista di questa architettura sensibile, l’angelo ‘costruttore’ che, nell’ascendere ad ali spiegate ci solleva, fissa un punto lontano, e indica lo spazio… sconfinato.
Alessia Armeni | Non mi avevi mai immaginato prima
opere di Alessia Armeni e versi di Andrea Raos
testo critico di Gaia Bobò
visitabile fino al 16 ottobre 2023
Galleria La Nube di Oort, Via Principe Eugenio 60, Roma
email: stanescu@alice.it Tel. 3383387824