L’arte mi interessa molto, ma la verità m’interessa infinitamente di più.
Alberto Giacometti
Quella di Alberto Giacometti (Borgonovo, 1901 – Coira, 1966) è una costante e spasmodica ricerca mirata a cogliere l’essenza più pura ed assoluta della vita. Le oltre quattrocento opere di grafica esposte nelle sale del m.a.x. museo di Chiasso evidenziano da un lato come il disegno costituisse uno strumento di cui l’artista svizzero si serviva per cercare di conoscere la realtà e dall’altro la consapevolezza delle difficoltà insite nel tentativo di coglierne l’intima sostanza.
Nel suo approccio fenomenologico Giacometti riteneva che per cogliere l’essenza di un’immagine fosse necessario astrarsi dai preconcetti mentali insiti in ciascuno, attuando una vera e propria critica dello sguardo, affinché la superficie delle cose potesse diventare visione del “nocciolo” del reale.
Il percorso espositivo – organizzato secondo un criterio tematico e cronologico – si sviluppa in quattro sezioni, ciascuna delle quali offre al visitatore la possibilità di confrontare il lavoro di indagine che l’artista compie attraverso differenti tecniche grafiche – dalla xilografia all’incisione a bulino, dall’acquaforte alla litografia – a cui vengono affiancate opere di natura pittorica e scultorea, così da costruire un sistema radiale che permetta di applicare una lettura a tutto tondo del modus operandi di Alberto Giacometti.
Così sia la rappresentazione grafica di oggetti ritratti nel suo atelier – quali bottiglie, sculture, quadri, stufe, mobili, uomini e donne – che le visioni di vie, caffè, e paesaggi generano campi di forze la cui lettura approfondita rivela come la ricerca dell’essenza dell’immagine coincida per l’artista svizzero con lo stupore per il mondo e l’impossibilità di rinchiuderlo in un sistema significante unico.
La comprensione della natura dell’essere raggiunge l’apice della tensione emozionale nell’ultima sala espositiva dove alle singole presenze umane, rappresentate attraverso tratti inquieti imprigionati nelle opere su carta, si affianca la scultura in bronzo di un corpo appena accennato e molto assottigliato Figurine (1956): è qui che emerge in tutta la sua forza travolgente il senso di solitudine e l’infinita e mai conclusa ricerca di Alberto Giacometti.










