Tempo fa, oggi direi quasi in un’altra vita, scrissi un libro intitolato Il futuro della memoria. Si trattava di una raccolta di scritti su Ungaretti: poeta, se mai ve ne fu uno, fiducioso nella possibilità che il passato riviva nel presente. Perché ciò avvenga – questa la paradossale conclusione del lavoro – era necessario che esso scomparisse, sino a venir completamente riassorbito nella parola, sino alle radici biologiche del suono. La memoria, quella vera, non è mai esplicita: si percepisce in un tratto, in un gesto, in una semplice inflessione. Altrimenti, come scriveva un altro grande poeta italiano, Eugenio Montale, essa diventa “letargo di talpe, abiezione”. Per tale ragione ho colto molto positivamente l’ultima installazione presso l’Oratorio di San Lorenzo di Palermo “Se la memoria ha un futuro” di Stefania Gesualdo: l’artista, che è anzitutto una performer, non ha provato, come si dice in dialetto, a coprire il sole con la rete; non si è cioè limitata a realizzare una copia, legittima, del dipinto di Caravaggio sottratto dai ladri, da collocare, come è ormai consuetudine da diversi anni, nella cornice vuota; ha piuttosto deposto, tra i legni, una sorta di sudario, con su cucita l’immagine delle figure originali.






Stefania Gesualdo, Se la memoria ha un futuro, 2024. Oratorio di San Lorenzo, Palermo
La performance è consistita appunto nello scucire il filo, sino a lasciare visibile la parete apparentemente nuda. Dico apparentemente perché, se davvero la memoria ha un futuro, Caravaggio è più presente ora di quanto non lo sia mai stato. O non è forse vero che, per comprendere quanto qualcuno ci manchi, è necessario perderlo, smarrirlo? La memoria è una luce che interrompe il buio, la dimenticanza, il lasciare che le cose accadano senza comprendere cosa davvero stia accadendo. Il che, a pensarci bene, è toccato in sorte allo stesso Caravaggio: se non fosse stato costretto a lasciare Roma, sarebbe rimasto il pittore che dipinge prostitute in forma di Madonne. A Napoli, dove le prostitute romane non godevano di alcuna fama, diventa il pittore che dipinge il popolo. La memoria perduta si fa rivelazione. Oggi, alla luce diafana della memoria, è il pittore della roccia, della povertà, del nulla che aggredisce chi ignora che il futuro si inoltra dal passato, che senza passato il domani non esiste. In tempi di tregenda, da Boccia a Boccioni, è una rivelazione.