Yoan Capote
Yoan Capote, Isla (Lasitud), 2022. Olio, chiodi e ami su lino montato su pannello di legno, 165 x 240 cm

Yoan Capote – Elegy

Dall’Atlantico al Mediterraneo, a Roma il mare secondo Yoan Capote: scrigno di lasciti e memorie negli inediti in mostra alla Galleria Continua di Roma

Hanno l’aura di sacralità delle pale d’altare medievali e il pathos del contenuto a carattere socio-politico gli inediti realizzati da Yoan Capote per Elegy, la prima personale allestita nella sede romana della Galleria Continua. Tre diverse serie di lavori, tutti accomunati dal metodo di lavorazione e rielaborazione degli elementi utilizzati, dagli ami da pesca al filo spinato, di cui l’artista cubano si serve per restituirci la sua drammatica interpretazione sulla condizione dei migranti e del loro destino in mare. Fenomeno vissuto in prima persona da Capote negli anni Novanta, quelli del regime castrista, dell’embargo e della crisi economica che ha messo Cuba in ginocchio, tuttavia scegliendo di non abbandonare la terra d’origine.

Yoan Capote, Requiem (ex voto), 2022. Foglia oro, olio e ami su pannello di compensato e tela, 81 x 160 cm

Il mare apriva un’agognata, seppur incerta, possibile via di fuga, ma sempre restando scenario di catastrofi, dove la linea d’orizzonte tracciava il confine tra la vita e la morte. Capote quel mare lo ha percorso e interiorizzato attraverso il procedimento d’esecuzione impiegato per “Isla”, serie fra le più rappresentative della sua produzione. Se a prima vista queste maestose opere si presentano nelle sembianze di paesaggi marini dalle correnti tetre, a cui fanno da contrappunto le tinte madreperlate del cielo, man mano che ci si avvicina l’occhio dell’osservatore viene come trafitto dalla moltitudine di ami che compongono le onde di quel flusso. 

L’artista ne seziona le acque, le sviscera in lacerti metallici, per poi ricomporle in un’inquieta trama di radici frammentate, sottoposte a uno sforzo che provoca una distorsione del materiale. Testimoniato da un video che documenta questo processo alchemico di trasformazione e deformazione degli ami da pesca, con fare ossessivo tanto da rasentare il maniacale, nell’ossidarli, plasmarli e appiattirli uno ad uno, Capote spinge quel metallo oltre il limite delle proprie possibilità “fisiche”, modificandone le proprietà e il carattere identitario. Una pratica che si interseca con un’azione performativa e di cambiamento formale di ogni singolo elemento: l’artista rimanda a “la cortina di ferro”, percepita dai cubani durante la Guerra Fredda in maniera del tutto opposta ad altri paesi; cinta dalle acque dell’Atlantico, l’isola era fortificata da un elemento naturale che per paradosso fungeva da barriera. 

Evoluzione di “Isla” è “Requiem”, la serie dove Capote elabora e allarga la sua riflessione sui balseros cubanos fino a estenderla alle tragiche vicende del Mediterraneo, giungendo a un esito colmo di spiritualità e valore salvifico. Sempre partendo dal significato iconografico e antropologico dell’elemento-oggetto e del materiale di cui si compone, in questo caso la foglia oro, l’artista si serve di quei bagliori per celebrare la tradizione italiana dei polittici devozionali, e quindi ricordare il dramma dei migranti che proprio nel Mare Nostrum hanno trovato la morte. Strutture simili a trittici e tabernacoli con ante laterali fungono da ex voto contemporanei, carichi di tensione emozionale e simbolica.

L’intenzione di misurarsi con la forza intrinseca di ciascun amo, piegandone le punte uncinate con il fuoco, e ripetere l’atto nell’azione perpetua di un rituale, diventa qui il tentativo di riscattare ognuna di quelle vittime. Un’operazione che trova il suo compimento in “Purificazione”, forse la serie più emblematica dell’intera esposizione, omaggio alla cultura rinascimentale e alle grafiche di Piranesi. Cielo e mare si unificano e sono parte di un’unica superficie, composta da sottili strati di pittura bianca, un fondo da cui affiorano ed emergono le linee recise del filo spinato e dei nodi, inghiottiti dal movimento di nuvole passeggere. Annullato ogni confine di demarcazione, l’orizzonte tende a disperdersi nella fitta ma libera composizione di segni metallici, sospesi nella consapevolezza che se il mare dà e il mare toglie, sa essere anche luogo di raccolta, conserva e trattiene speranza nella sua costante e inesauribile mobilità.

Yoan Capote, Requiem (Lontananza), 2022. Foglia oro, olio, ami su lino montato su pannello di legno.

Yoan Capote Elegy
Galleria Continua Roma
Fino al 3 dicembre 2022
Martedì – Sabato 11.00 – 19.00
www.galleriacontinua.com

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